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di Francesca Scoleri

Ministro Bonafede, lavori per svelarli al Paese
Era il 12 febbraio del 2004 quando nel suo appartamento di Viterbo, Attilio Manca, brillante urologo definito “luminare” a soli 34 anni, veniva ritrovato cadavere con due buchi nel braccio sinistro. Un’autopsia carente e falsata da esami non eseguiti, certificava alla cronaca un suicidio per overdose ma la ricostruzione dei fatti intorno al giovane ed alla sua famiglia, racconta un omicidio ed un clamoroso depistaggio.

Ministro Bonafede, a Lei ci rivolgiamo con grande fiducia chiedendo che una famiglia siciliana possa essere degnata dell’attenzione che i Suoi predecessori hanno sistematicamente negato.

Proprio nei giorni in cui ricorreva il 13°anniversario dalla morte di Attilio, Lei rappresentava le istituzioni in un evento da noi organizzato a Milano in qualità di Vice Presidente della Commissione Giustizia e in quell’occasione, ci siamo lasciati con una serie di buoni propositi.

Non immaginavamo di ritrovarLa a capo del Ministero per noi più importante considerando i temi di cui ci occupiamo principalmente – mafia e corruzione – ma ci complimentiamo non solo per i propositi perseguiti da sempre dal Suo movimento politico, ma anche per la recente legge anticorruzione che andrà a scalfire aree di impunità sin qui legittimate da precedenti leggi che di anticorruzione, avevano solo il nome.

A Lei ci rivolgiamo nel desiderio di fare un augurio edificante per il 2019 al nostro Paese ostaggio di segreti custoditi da infedeli uomini di Stato che, negli ambienti mafiosi, rappresentano un punto di riferimento per buoni affari e solide relazioni legate alle istituzioni.

Conoscerà sicuramente la vicenda di Attilio Manca, il giovane urologo di cui si è parlato in diversi processi. Testimoni e collaboratori di giustizia danno versioni concordanti sulla “partecipazione della mafia e dei servizi segreti nella sua uccisione”, perché? Attilio, a causa di legami familiari vicini a quel ramo di Cosa nostra che a Barcellona Pozzo di Gotto ha favorito la latitanza di Bernardo Provenzano, è stato messo in relazione col boss corleonese per via del tumore alla prostata che lo aveva colpito.

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Il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede © Imagoeconomica


La parola “latitanza” suona davvero male in un contesto storico che ha riguardato ben 43 anni di libertà nemmeno condizionata. Basti pensare alla facilità con cui Provenzano, sotto mentite spoglie, ha potuto raggiungere la Francia per sottoporsi, nella Clinique de La Ciotat, all’intervento che gli ha permesso di sopravvivere al tumore. E chi lo avrebbe operato?

Durante la trasmissione Chi l’ha visto, dedicata al caso Manca, i giornalisti della redazione, scoprono che l’ex capo della Squadra Mobile di Viterbo, Salvatore Gava, ha falsificato il documento che attestava la presenza di Attilio nell’ospedale Belcolle, presso il quale lavorava, proprio nel periodo in cui Provenzano stava a Marsiglia. Attilio Manca in quei giorni non era a Viterbo e in una telefonata che fece alla famiglia, disse di essere nel sud della Francia.

Nei mesi successivi all’intervento fu accertata, da inchieste della magistratura, la presenza di Provenzano proprio nell’alto Lazio; stando alle ricostruzioni, per farsi visitare da Attilio Manca durante la degenza. Salvatore Gava è stato successivamente nominato o premiato – al buon senso del lettore il termine appropriato – alla dirigenza di Unicredit. Com’è accaduto a molti uomini che hanno custodito con le unghie e coi denti la trattativa Stato-mafia, sviscerata dalla recente sentenza di Palermo, più sono gli “errori”, maggiore è la possibilità di fare carriera.

Colpisce anche l’interessamento alla vicenda da parte dell’ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Il primo a parlarne è stato l’allora Procuratore di Viterbo Alberto Pazienti che, durante una conferenza stampa che offende il decoro della magistratura, dichiara “di essere stato sollecitato dal capo dello Stato a dei chiarimenti sul caso”, riguardanti un giovane liquidato come “drogato suicida”? Ministro, Lei non avrà una risposta a questi curiosi particolari ma, nel sacro principio Ad impossibilia nemo tenetur , noi La invitiamo però a considerare la via del possibile che nella veste di Guardasigilli, potrà liberamente percorrere.

Tante sono le domande senza risposta e nonostante i numerosi indizi che dovrebbero portare senza esitazioni alla pista mafiosa, il muro di negazione persiste. Pietro Grasso, da Procuratore nazionale antimafia, rifiutando di incontrare la famiglia Manca, chiese indirettamente di farla finita con quelle che lui definiva supposizioni prive di fondamento invitando la famiglia ad indagare per proprio conto. Vergognoso.

Il Procuratore di Roma Pignatone, nonostante le dichiarazioni dei pentiti di mafia Giuseppe Campo, Stefano Lo Verso, Michele Setola e Carmelo D’Amico sul caso Manca, non ha ritenuto di avviare indagini serie e concrete eppure, quei testimoni, sono ritenuti attendibili nei processi a Cosa nostra in diversi tribunali del Paese.

Ancora non ne capiamo la ragione, cosi come non comprendiamo le assurdità uscite dalla Commissione Parlamentare Antimafia sotto la presidenza di Rosy Bindi che ha di fatto inscenato interesse alla vicenda per poi concludere col mantra della negazione. Proprio l’ex Presidente Bindi aveva dichiarato di ritenere inverosimile la versione del suicidio diffusa dalla procura di Viterbo; cosa sia successo in seguito a queste dichiarazioni non ci è dato saperlo. Almeno per ora.

C’è poi da evidenziare l’attendibilità che ogni soggetto interpellato per fare giustizia, ha riconosciuto a losche figure del messinese; parenti e amici di infanzia di Attilio Manca processati e condannati per mafia o traffico di armi che sostengono la teoria della tossicodipendenza di Attilio, versione completamente negata dagli amici di Viterbo e dai colleghi dell’ospedale Belcolle che riconoscono ad Attilio capacità fuori dal comune e un’ incredibile voglia di vivere nonché, la totale estraneità a qualunque forma di dipendenza da droghe.

Le parole di onesti lavoratori ignorate, quelle di mafiosi, prese per oro colato.

Ministro, la famiglia Manca può continuare ad assistere a tutto questo? Con un figlio ritrovato in queste condizioni, può accettare che si parli di suicidio per inoculazione volontaria di sostanze stupefacenti? “Volontaria”...


Chiunque abbia deciso questa morte, ha agito inconsapevolmente sulla via del delitto imperfetto praticando due buchi sul braccio sinistro di un mancino puro che con il braccio destro non faceva mai nulla. Non ne era in grado e chiunque abbia condiviso la quotidianità con Attilio, lo ha testimoniato ma nemmeno questo è servito a stimolare indagini più approfondite. Anche Lei la pensa cosi Ministro? Vedendo queste immagini il Suo primo pensiero corre ad un suicidio?

Noi sosteniamo che l’unica colpa di questo giovane, è l’essere stato il miglior medico rispondente alle necessità di un mafioso che una parte dello Stato considerava con rispettosa condiscendenza al punto da garantirne la libertà nonostante Capaci e Via D’Amelio, nonostante abbia deciso e in parte operato un massacro di 1000 persone in 3 anni fra magistrati, funzionari e agenti di polizia, ufficiali dei carabinieri, politici e mafiosi.

Non ci siamo innamorati di questa teoria; ci siamo semplicemente interessati alla vicenda approfondendo fatti e circostanze e invitiamo Lei a fare lo stesso perchè vede Ministro, la parola “Giustizia” è una parola bellissima ma può diventare simbolo di beffa crudele quando persone come Angela, Gino e Gianluca Manca, sono costrette ad assistere impotenti alla colossale diffamazione del proprio congiunto sapendo il valore che egli aveva per l’intera collettività.

Chi scrive, nell’anno appena trascorso ha raccolto non poche delusioni nel tentativo di raccontare, attraverso una sceneggiatura, questa storia di segreti e depistaggi che tutto il Paese dovrebbe conoscere per avere la misura della corruzione che ci circonda. Ben due registi si sono inizialmente interessati uno dei quali, mettendo nero su bianco la volontà di portare la storia di Attilio nelle case degli italiani con un film di cui ha detto “ha tutte le carte in regola per entrare nella migliore filmografia italiana dei film di denuncia” salvo poi abbandonare il progetto farfugliando di consultazioni non ben definite con “giornalisti” che “hanno smontato la vostra versione punto per punto”. Ovviamente non c’è stato alcun confronto in merito e questo “smontamento” non si capisce bene dove inizi e dove finisca.

Nella vita conta l’onore e la parola; alcuni attori, registi, giornalisti, politici, magistrati, medici e pubblici ufficiali in questa vicenda, hanno dimostrato di non avere né l’uno né l’altra. Ma poco importa, la nostra determinazione non si arresterà per questo.

Ministro Bonafede, auguriamo dunque un felice anno nuovo a Lei, alla famiglia Manca e alla “Giustizia” perchè siano demolite le parole di un losco figuro incontrato dalla Signora Manca al cimitero di Barcellona Pozzo Di Gotto che, rivolgendosi alla donna, dinanzi alla tomba del figlio, disse: “La verità è quella che dite voi, ma non verrà mai fuori, perché a questa storia, hanno messo le catene”.

Tratto da: themisemetis.com

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