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20181006 operazione armi paceco poliziadi AMDuemila - Video
Il questore: "La mafia trapanese è la più pericolosa"

Gli uomini della Squadra mobile di Trapani, insieme al Servizio centrale operativo e ai colleghi della Squadra mobile di Palermo, ieri hanno rinvenuto, nascoste sotto il pavimento di un casolare, armi e munizioni perfettamente conservate ed efficienti. Le armi ritrovate lo scorso mercoledì sera erano ben oliate e pronte all’uso. “I quattro kalashnikov erano in perfetto stato - ha spiegato il questore di Trapani Claudio Sanfilippo a “La Repubblica” - pronti all’uso, con tanto di caricatori e munizionamento a disposizione”. L’arsenale era composto anche da un fucile a canne mozze, due revolver calibro 38, un fucile a pompa, un fucile mitragliatore mab 38 e un altro fucile mp 40.
Si ipotizza che le armi ritrovate facciano parte della famiglia mafiosa di Paceco di cui aveva parlato il pentito Francesco Milazzo, membro storico del clan. La famiglia alla fine degli anni Settanta si è fatta largo nel mondo imprenditoriale, seguendo la politica di Totò Riina. Da quel momento la mafia che governa fra Paceco e Salemi è tra le più fedeli all’attuale capo dei capi, Matteo Messina Denaro, che dal 1993 ha fatto perdere le sue tracce. Nella stessa città trapanese aveva scelto di nascondersi il latitante Vito Marino, ricercato per la strage di Brescia, che non c’entra nulla con la mafia, ma che aveva il padre mafioso - Girolamo detto Mommo u nanu. Un legame che secondo gli investigatori potrebbe aver garantito la latitanza nel territorio.
Le vecchie dichiarazioni del collaboratore di giustizia Milazzo raccontano che uno dei fucili ritrovati potrebbe essere stato utilizzato per l’omicidio dell’imprenditore agricolo Vincenzo Rindinella nel 1974. Segreti del passato che ha custodito gelosamente il vecchio boss di Paceco, Gaspare Sugamiele, figlio di Vito detto Nasca, storico padrino della zona, e cognato di Girolamo MarinoMommou nanu. Sugamiele è morto a giugno.
Non sono solo le armi ritrovate che dimostrano la pericolosità della famiglia di Paceco, i mafiosi avevano anche un istituto di credito: la Banca di credito cooperativo "Senatore Pietro Grammatico". Due anni fa, è stata la prima banca in amministrazione giudiziaria, per la presenza fra i soci di persone con precedenti per mafia.



Le indagini del nucleo di polizia economico-finanziara della Guardia di finanza di Palermo hanno portato alla luce una serie di conti cifrati nella banca di Paceco. Agli innumerevoli interrogativi su chi gestisse questi conti, stanno cercando di dare risposta le indagini della Dda di Palermo guidate dal procuratore capo Francesco Lo Voi e dall’aggiunto Paolo Guido.
“Questa battaglia - ha spiegato Sanfilippo - la vinciamo solo se la società civile, in tutte le sue articolazioni, si stringe attorno alle istituzioni. Dobbiamo esserne consapevoli, in questo momento la mafia trapanese è la più pericolosa, perché ben organizzata. È una mafia che definirei sofisticata, per le sue relazioni nel tessuto sociale ed economico. Una mafia "3.0" che al momento sembra aver messo da parte l’opzione della violenza, ma quei kalashnikov pronti all’uso ci dicono che potrebbe sempre esserci una necessità da risolvere in modo sbrigativo. La violenza continua ad essere nel Dna di Cosa nostra”.
Secondo il questore nel trapanese e “soprattutto a Castelvetrano c’è come una cappa sulla città”. E poi ha concluso: “Vedo tante potenzialità nella società civile, che vuole scrollarsi di dosso il marchio di terra di mafia”.

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