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caccia bruno sg 850di Aaron Pettinari
Martedì il gip di Milano dovrà decidere su procedimento contro Cattafi e Latella

"Non archiviate la pista su mafia e riciclaggio". E' questa la richiesta che i familiari del procuratore di Torino Bruno Caccia, ucciso nel 1983, esprimono con forza a pochi giorni dall'udienza che martedì prossimo vedrà il Gip di Milano, Stefania Pepe, decidere sull'opposizione alla richiesta di archiviazione delle indagini nei confronti di Rosario Pio Cattafi, soggetto ritenuto vicino all'estrema destra e alla mafia siciliana, e Demetrio Latella (entrambi iscritti nel registro degli indagati per il delitto dal 2 luglio 2015), avanzata dalla Procura di Milano. Un'indagine che di fatto inquadra l'omicidio dell'ex Procuratore capo di Torino all'interno delle indagini che stava svolgendo sul riciclaggio di denaro della mafia al Casinò di Saint Vincent.
Da sempre la famiglia Caccia, difesa dall'avvocato Fabio Repici, è rimasta convinta che dietro al delitto non vi fosse solo la 'Ndrangheta.
Qualche anno fa, in occasione del trentennale dell'omicidio, un appello dei figli del procuratore ucciso sollecitava gli inquirenti a riaprire il fascicolo “congelato” nei cassetti della procura milanese, competente per legge sui reati riguardanti i magistrati torinesi.
Le indagini, coordinate dal procuratore aggiunto Ilda Boccassini e dal sostituto procuratore Marcello Tatangelo, ripartirono proprio dall'esposto presentato dall'avvocato Repici, in cui si proponeva di guardare oltre le 'ndrine, evidenziando gli interessi di Cosa Nostra per i casinò del nord Italia e i rapporti con i servizi segreti ed anche denunciando i depistaggi che si sono susseguiti, oltre alle inerzie nelle indagini da parte di alcuni magistrati torinesi e milanesi.
Un'indagine che portò, nel dicembre 2015, all'arresto di Rocco Schirripa, panettiere di Torrazza Piemonte, come esecutore materiale dell'omicidio.
Tuttavia questi elementi solo in parte sono entrati nel processo che si è concluso nel luglio 2017 con la condanna all'ergastolo. E in precedenza era stato condannato in via definitiva, come mandante, il boss Domenico Belfiore.
Martedì il giudice dovrà decidere se archiviare, disporre nuove indagini o l'imputazione coatta.
Lo scorso giugno la famiglia Caccia si era anche opposta all'archiviazione di un altro filone d'indagine riguardante Francesco D'Onofrio, ex militante di Prima Linea, accusato di essere tra gli esecutori del delitto sulla base delle dichiarazioni di un pentito. Per questo filone, però, si è in attesa la fissazione di un'altra udienza davanti al gip.

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