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scopelliti antonino toga c ammazzatecitutti itVentisette anni dopo la morte del giudice si indaga sull'asse Cosa nostra-'Ndrangheta
di Aaron Pettinari
Il 9 agosto 1991 il giudice Antonino Scopelliti venne ucciso in un agguato a Campo Calabro mentre rientrava in paese, a bordo della sua automobile, dopo aver trascorso la giornata al mare. I killer (almeno due) lo affiancarono a bordo di una moto e spararono con fucili calibro 12, caricati a pallettoni, e i due colpi che raggiunsero la testa non diedero scampo al giudice mentre l'automobile, priva di controllo, finì in un terrapieno.
Ventisette anni sono passati da quel delitto e ancora oggi non vi è una verità completa su quanto avvenuto e su chi è stato autore dell'omicidio.
Certo è che Scopelliti non era un giudice qualunque. Nel corso della sua carriera ha rappresentato la pubblica accusa nel caso Moro, durante il primo processo, nel sequestro dell'Achille Lauro, nella Strage di Piazza Fontana e nella Strage del Rapido 904. Per quest'ultimo processo, che si concluse in Cassazione nel marzo del 1991, il procuratore Scopelliti aveva chiesto la conferma degli ergastoli inferti al boss della mafia Pippo Calò e a Guido Cercola, oltre che l'annullamento delle assoluzioni di secondo grado per altri mafiosi. Tuttavia il collegio giudicante della Prima sezione penale della Cassazione, quello presieduto da Corrado Carnevale, rigettò la richiesta della pubblica accusa, assolvendo Calò e rinviando tutto a nuovo giudizio.
In quell'estate del 1991, poi, Scopelliti era impegnato in Cassazione per il famoso maxiprocesso di Palermo. Quello stesso procedimento che, dopo la sentenza definitiva, avrebbe portato alle bombe di Capaci e via d'Amelio in cui furono uccisi Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Proprio Falcone, pochi giorni dopo il delitto, in un articolo su "La Stampa" scriveva quelle che erano le sue intuizioni. All'epoca, non era più il capo della procura di Palermo ma lavorava già alla direzione degli affari penali del ministero di Grazia e Giustizia. E decise di mettere nero su bianco, sul giornale, quelli che a suo ben vedere erano i termini della partita: "L'eliminazione di Scopelliti è avvenuta quando ormai la suprema corte di Cassazione era stata investita dalla trattazione del maxiprocesso alla mafia palermitana e ciò non può essere senza significato". "Anche se, infatti, l'uccisione del magistrato non fosse stata direttamente collegata alla celebrazione del maxiprocesso davanti alla suprema corte - scriveva sempre in quell'articolo - non ne avrebbe comunque potuto prescindere nel senso che non poteva non essere evidente che l'uccisione avrebbe pesantemente influenzato il clima dello svolgimento in quella sede".
Sull'omicidio Scopelliti furono istruiti e celebrati ben due processi, (uno contro Salvatore Riina e sette boss della "Commissione" di Cosa Nostra, ed un secondo procedimento contro Bernardo Provenzano ed altri sei boss, tra i quali Filippo Graviano e Nitto Santapaola) ma tutti furono assolti perché le accuse dei diciassette collaboratori di giustizia che riferirono sui fatti vennero giudicate discordanti.
Ad ventisette anni di distanza, però, indagini e processi permettono di guardare al delitto sotto un'altra ottica. A Palermo si è concluso il processo trattativa Stato-mafia e a Reggio Calabria è in corso il processo contro Giuseppe Graviano e Rocco Santo Filippone, ritenuto all'epoca capo mandamento della 'Ndrangheta reggina, entrambi sotto accusa per gli attentati ai Carabinieri (tra cui gli omicidi degli appuntati Antonino Fava e Vincenzo Garofalo) inseriti nel contesto stragista proprio per imporre i progetti della cupola calabrese-siciliana e ricattare lo Stato. E nell'ambito del processo, denominato 'Ndrangheta stragista, si è parlato anche dell'omicidio Scopelliti.
Gli investigatori vogliono capire se davvero quel delitto è stato il primo tassello di quell'attacco allo Stato messo in atto dalle organizzazioni criminali in quella terribile stagione che va dal 1991 al 1994.
Segnali in tal senso non mancano. Si pensi, ad esempio, che dopo l’agguato arrivò una telefonata all’Ansa con la rivendicazione della famigerata "Falange Armata". Una sigla che è comparsa in quei delitti eccellenti e nelle stragi firmate dai Corleonesi.
Il pentito Nino Fiume, ex killer agli ordini della cosca De Stefano e uomo di fiducia del boss Giuseppe De Stefano, avrebbe riferito ai magistrati ulteriori dettagli, addirittura su chi ha compiuto l'omicidio.
Diversi collaboratori di giustizia, inoltre, sono d'accordo su chi ha commissionato l'uccisione. "È stata una cortesia a persone di Cosa nostra, perché il dottore aveva in mano il processo di Palermo" ha detto lo stesso Fiume.
Ugualmente, lo scorso 13 luglio, il collaboratore di giustizia siciliano, Francesco Onorato, al processo in corso davanti alla Corte d'assise di Reggio Calabria aveva ribadito: "L’omicidio del giudice Scopelliti è stato un favore che la‘ndrangheta ha fatto a Cosa Nostra. Non so chi sia stato l’esecutore materiale, ma so che è un favore fatto per volere di Salvatore Riina e della commissione".
E il collaboratore di giustizia, Consolato Villani lo inserisce anche all'interno di un disegno ancora più grande, così come raccontato lo scorso dicembre, in aula: “Dopo l'omicidio del giudice Scopelliti vennero presi degli accordi tra una strettissima parte della 'ndrahgeta e Cosa nostra per fare delle azioni contro le istituzioni e a queste partecipavano elementi dei servizi segreti deviati che erano artefici in queste azioni”. Ecco, dunque, l’impulso alla nuova campagna stragista che continuerà fino al 1994.
Ed è da questi elementi che oggi si riparte in questo giorno di memoria. Un nuovo impulso per offrire ai familiari, e non solo, quella giustizia che fino ad oggi è mancata.

Foto tratta da ammazzatecitutti.it

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