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contrada bruno 850Disposta dalla Procura generale di Palermo
di Aaron Pettinari
Si è svolta questa mattina, su disposizione della Procura Generale di Palermo, una perquisizione della Dia a casa dell'ex numero due del Sisde Bruno Contrada nell'ambito dell'inchiesta sull'omicidio dell'agente Nino Agostino ucciso assieme alla moglie, incinta, a Villagrazia di Carini nel 1989. L'inchiesta, avocata dopo la richiesta di archiviazione presentata dalla Procura, è coordinata dal Procuratore generale Roberto Scarpinato e dai sostituti Domenico Gozzo e Umberto De Giglio e vede come indagati i boss Antonino Madonia e Gaetano Scotto.
Contrada in una conversazione dello scorso marzo con il figlio, intercettata dagli inquirenti, parlava di alcuni documenti in suo possesso: "Non mettere in disordine. I fascicoli, le carte e i libri me li sistemo io poco alla volta". Quel dialogo ha insospettito la Procura generale che ha disposto la perquisizione della sua casa e di due immobili nella sua disponibilità. "Esiste fondato motivo di ritenere - scrivono i magistrati della Procura generale di Palermo nel decreto di perquisizione - che Contrada abbia ancora la disponibilità di documenti (appunti, fotografie, atti ufficiali, files) riguardanti i suoi rapporti con Paolilli (poliziotto in passato indagato per il depistaggio delle indagini sul delitto Agostino ndr), Agostino stesso, Aiello (ex agente dei Servizi morto un anno fa ndr), nonchè del coinvolgimento di Agostino in attività di ricerca di latitanti ed altre attività extraistituzionali". Gli agenti della Dia hanno sequestrato due album di foto del periodo in cui il poliziotto era capo della Mobile di Palermo, alcune carte processuali relative al processo dell’ex 007, un suo memorandum con alcuni appunti sul delitto Agostino. Vi sarebbe anche un inizio di lettera, mai spedita, indirizzata al pm Nino Di Matteo in cui tentava di chiarire alcuni aspetti della sua deposizione sul delitto Agostino.
Gli scorsi mesi erano stati disposti degli accertamenti sulla revolver Smith & Wesson 357 magnum, rinvenuta a San Giuseppe Jato nel 1996 in quello che fu battezzato come l'arsenale mafioso di Contrada Giambascio. All'interno di quel covo vi erano fucili, mitragliatori, munizioni, mine anticarro e congegni elettrici del boss Giovanni Brusca e venne sequestrata anche la pistola, che i boss hanno cercato di alterare e che è stata danneggiata. Nei giorni scorsi i periti nominati dal Gip, Marco Gaeta, hanno chiesto ed ottenuto una proroga del termine per depositare la relazione conclusiva sugli accertamenti compiuti. Il prossimo 18 luglio, dunque, avrà luogo l'incidente probatorio in cui si dovrà chiarire se c'è compatibilità tra l'arma ritrovata e quella usata dai killer.
L'abitazione di Contrada era già stata oggetto di perquisizione lo scorso luglio quando era stata disposta dalla Procura di Reggio Calabria, nell'ambito dell'inchiesta 'Ndrangheta stragista, sugli attentati ad alcuni carabinieri avvenuti nel '94 in Calabria. Allora l'attenzione degli investigatori sull'ex numero due del Sisde prendeva il via dai suoi presunti legami con Giovanni Aiello, ex agente di polizia ritenuto vicino ai Servizi, conosciuto anche come "faccia da mostro" per una cicatrice sul volto. Aiello, morto nei mesi scorsi, era anche tra gli indagati del caso Agostino.  Anche per lui i pm avevano chiesto l'archiviazione evidenziando come lo stesso fosse un "soggetto certamente in contatto qualificato con l'organizzazione mafiosa Cosa nostra (se non addirittura intraneo)". Aiello, secondo la ricostruzione dell'accusa, avrebbe aiutato i killer, Madonia e Scotto, a fuggire dopo il delitto.
Intanto l'avvocato di Contrada parla già dell'ennesima "persecuzione giudiziaria" parlando di una revoca della sentenza di condanna per concorso in associazione mafiosa. In realtà, però, nel dispositivo della Cassazione non vi è alcun riferimento alla revoca della sentenza divenuta definitiva nel 2007 ma si dichiara la stessa “ineseguibile e improduttiva di effetti penali la sentenza di condanna”.

Ultimo aggiornato: ore 17