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di Salvo Vitale
Come ogni anno si ripropone l’eterna questione di non ridurre Peppino a un santino, a una icona da inserire nel pantheon degli eroi antimafia. Come ogni anno si ripropone il problema di una identità di Peppino negata dall’immagine che ne hanno dato i mass media o i film su di lui e su Felicia. Qualcuno ha visto nel Peppino de “I cento passi” “un ragazzetto che fa scenate o che compie la famosa camminata”, senza soffermarsi sugli altri profondi significati che il film suggerisce, qualche altro presenta Peppino come un esempio di educazione alla legalità, senza tenere conto che Peppino non aveva niente da spartire, anzi era nemico di quella legalità che significa rispetto e ossequio alle istituzioni, qualche altro lo presenta come un folle, un utopista, un “illuso”, uno che si è fatto ammazzare perché non si era reso conto che il potere mafioso è intoccabile e che reagisce con la pena di morte a chi cerca di metterlo in discussione. Le migliaia di persone che ogni 9 maggio gridano “Peppino è vivo e lotta insieme a noi, le nostre idee non moriranno mai” troppo spesso dimenticano che l’idea fondamentale cui Peppino ha dedicato la vita è il comunismo, da lui definito come “un’esigenza biologica”, quindi non solo un’idea, ma un modo di essere, una concezione di un mondo in cui ci sia uguaglianza totale e gioia di vivere. L’altra idea è quella della rivoluzione, come passaggio obbligatorio per costruire questo mondo, ovvero l’azzeramento delle regole che sinora hanno governato il mondo. La terza idea è quella dello stare insieme, di essere “compagni”, ovvero amici con cui si divide il pane. Di tutto questo spesso rimane una maschera, quella che la società mette su se stessa per coprire le proprie lordure e quella che si tenta di mettere a Peppino per occultare la forte carica rivoluzionaria delle sue idee. E’ per questo che oggi in un anniversario reso sempre più lontano dai ritocchi d’immagine che se ne fanno, voglio ricordare Peppino con alcuni suoi versi:

Oggi si butta giù
la maschera, mascherandosi.
Il carnevale
è una festa davvero strana:
si vince l'ipocrisia
erigendole un monumento mascherato.
Stasera voglio tagliuzzare
ogni mio sentimento
in mille coriandoli colorati.
Poi li getterò
nella calca dei convenuti
per allietare le loro danze.

Foto © Imagoeconomica

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