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10di Maria Marzullo - Video e Foto

Si è concluso domenica 22 aprile il progetto LE.GI.IN. (LEgalità, GIustizia, INformazione) promosso dalle associazioni culturali “Terra Mater”, “Mandi dal Cil” e “Il Sicomoro” di Pordenone. Il percorso di educazione alla legalità avviato nel Liceo “M.Grigoletti” di Pordenone, nel Liceo artistico “G. Sello” di Udine, nell’Istituto Statale di Istruzione Superiore “Magrini Marchetti” di Gemona del Friuli e nella “La Scuoletta” di Pagnacco (UD) ha coinvolto studenti ed insegnanti in un nuovo percorso di riflessione ed azione. L’iniziativa è stata promossa in collaborazione con la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia e con l’Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare.
Parlare di legalità, di giustizia e di informazione è fondamentale anche in una calda giornata di primavera che già prelude ad un pieno clima estivo. Nel contempo, se da un lato è evidente la varietà di proposte locali pseudo-culturali all’aria aperta, maratone, fiere, mercatini agroalimentari, spensieratezza e bollenti campagne elettorali, dall’altro organizzatori, giornalisti, docenti e giovani fiduciosi che un cambiamento possa essere attivato, si sono ritrovati a Brugnera (PN) per riflettere, proporre e raccontare l’informazione proprio all’indomani di un dispositivo di sentenza che nel silenzio più assordante durato cinque anni, pronuncia i nomi, i fatti e le condanne dei protagonisti di una vicenda che va sotto il nome di Trattativa Stato-mafia. E già il titolo enuncia una relazione inaccettabile per gli stessi soggetti. Eppure, nella tacita accettazione di buona parte del Paese ignaro e molto più disinteressato alla questione, la Trattativa ci fu e le vittime, anche nel sangue, pure.
Gli organizzatori della manifestazione LE.GI.IN. si sono chiesti se anche la musica potesse raccontare la legalità... E così coinvolgendo il Complesso Musicale Bandistico “Amici della Musicadi Tamai di Brugnera, la narrazione si è fatta concreta ed armonica sulle note di brani come il Il padrino, Caruso, Morricone, Mediterraneo. I suoni degli strumenti sono seguiti ai passi estrapolati dai ricordi riportati nelle Lettere di Paolo Borsellino, dalle parole di Salvatore Borsellino affiorate dalla notizia della morte del fratello, dalla lettera scritta dalla moglie Agnese in occasione dell’anniversario ventennale della morte del magistrato e dalle parole dei giovani di un Movimento Culturale Internazionale che oggi manifestano la loro voce sotto il nome di OurVoice.
La mattinata è proseguita con l’intervento della giornalista Stefania Limiti che presentando il suo ultimo libro “La strategia dell’inganno. 1992-’93 le bombe, i tentati golpe e la guerra psicologica in Italia” ha dialogato con Giorgio Bongiovanni, direttore della rivista AntimafiaDuemila che ha aperto l’intervista ringraziando i magistrati del pool di Palermo e tutti coloro che hanno sostenuto il processo sulla Trattativa Stato-mafia all’indomani della sentenza.



La giornalista Limiti ha affermato che parlare e discutere di questi argomenti è necessario perché ci sono i giovani e perché è per loro che ne vale la pena in quanto saranno le nuove classi dirigenti. “Parlare di quello che è successo 20 anni fa potrebbe sembrare inutile, eppure quei fatti entrano nella cronaca del nostro paese, basti solo pensare che la sentenza dell’altro giorno è piombata sulla questione delle trattative per la formazione del nuovo governo” ha concluso.
Alla domanda di Bongiovanni su come sia nata la seconda Repubblica, la Limiti ha risposto:
“La prima Repubblica è stata la vittima e il nodo è nelle modalità con cui sono state concordate le condizioni per la nascita del nuovo. Dopo la caduta del muro di Berlino, un’intera classe politica che aveva dominato la scena per sessantanni anni stava crollando e non poteva più assolvere alle necessità di un mondo che stava cambiando. Le stragi sono servite per accelerare quei processi. La sentenza sulla Trattativa Sato-mafia è estremamente importante non solo perché afferma che pezzi dello Stato hanno assunto atteggiamenti non accettabili in generale all’interno di uno Stato di diritto, ma anche per la riapertura di una partita che chiede di capire chi e perché, insieme a Cosa nostra, realizzò le stragi. Le stragi del Continente che hanno colpito Roma, Firenze e Milano sono molto particolari. Quelle del ‘92 colpiscono i due giudici dell’antimafia per eccellenza già nel mirino di Cosa nostra (anche se c’è dell’altro), ma nelle stragi del ‘93 si vede un’impronta di un contro potere che sta dicendo “Noi contiamo e vi facciamo vedere come”.
La Limiti ha proseguito sostenendo che non sappiamo tutto, ma che c’era anche una donna nel commando stragisti di Roma, Firenze e Milano. La procura di Roma fece al tempo addirittura un comunicato (di cui si è persa traccia) per affermare che nel commando c’era una donna. Tuttavia, poiché viene intrapresa la pista mafiosa, la presenza di una donna viene esclusa perché spezza quel principio di linearità dell’identità stragista; pertanto si è lasciato da parte un consistente patrimonio investigativo che non è stato tenuto in considerazione. Si apre quindi una partita per contribuire a chiarire chi ha voluto le stragi e chi ha deviato un percorso dialettico e democratico di un Paese che stava vivendo un passaggio. Ma quello stesso passaggio, con la costituzione di Forza Italia, è stato deciso con le bombe e non con un percorso democratico. Questa è la seconda Repubblica.
Gaspare Spatuzza collaboratore di giustizia ed esecutore delle stragi, in tutte le corti ha dichiarato, che quei morti non appartenevano a Cosa Nostra. Si parla di stragi mafiose terroristiche. E quando Spatuzza chiede conto di ciò al suo capo Giuseppe Graviano, nel bar Doney a Palermo, questi lo interroga così: “Tu ne capisci di politica? Abbiamo il Paese nelle mani…” e ha fatto i nomi di Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri.
Gli obiettivi stragisti sono stati definiti e decisi in una sede nella quale Gaspare Spatuzza non c’era. “Cosa ne sapeva Riina dell’Accademia dei Gergofili, del Museo di Arte Moderna di Milano? Questa pagina deve trovare delle risposte e se non le trova vuol dire che non abbiamo capito” - ha continuato la Limiti - Perché Toto Riina chiama il commando che doveva agire a Roma per ammazzare Falcone con una tipica azione di mafia, e lo fa tornare a Palermo per fare un’altra cosa? E così da un’azione di mafia di 4 picciotti da svolgere in una via di Roma per ammazzare Falcone, si è passati ad un’azione militare di alto livello. E così, come nel caso Moro quando le BR dovevano rapirlo alla chiesa di Santa Chiara ed immobilizzare la scorta, accadde un cambio e partì un’azione militare perfetta. E così si intravedono segni di interferenze e potenti che cambiano la natura dell’atto criminale.
 “Nel ’94 accade qualcosa che nessuno ci ha ancora raccontato…Negli interna corporis dello Stato si verifica uno scontro interno che doveva ridefinirsi in vista di un mondo che non era più quello della guerra fredda. Nei servizi segreti succede qualcosa di incredibilmente feroce: uno scontro che doveva servire a liquidare tutta l’Intelligence che aveva partecipato e che era a conoscenza dei segreti della guerra fredda. Quando Andreotti dice che è esistita Gladio negli anni ‘90, lui sta dicendo che si scende e che cambiano i codici. Da’ il mandato all’ambasciatore Fulci di liquidare l’Intelligence così com’era stata in quel momento in quanto non ci si poteva più fidare di gente che aveva il potere del ricatto in mano".
Interviene Bongiovanni riferendosi alla testimonianza inquietante a Palermo di Francesco Paolo Fulci nel processo Trattativa Stato-mafia. Fulci testimonia il ricordo di due cartine geografiche mostrategli da un suo fidato analista: una con i luoghi da dove partivano le telefonate targate “Falange Armata” e l’altra con le ubicazioni delle sedi periferiche del Sismi. Le due cartine erano incredibilmente “sovrapponibili”.

"Mafia è"
Spot vincitore Concorso LE.GI.IN. Protagonisti per la legalità
Realizzato dalla 4^C Scientifico del Liceo Scientifico “M. Grigoletti” - Pordenone




“C’era uno scontro frontale di potere e quando la strage non ha obiettivo e firma, è una strage politica. È un atto che porta i segni di un contropotere - ha proseguito la Limiti - A proposito della strage di Roma del 27 luglio 1993 in quei giorni era in corso un colpo di Stato. All’interno delle istituzioni stava accadendo qualcosa di forte e lacerante che ha portato ad una lacerazione fra mondi che si stavano scontrando. In questa massa di tensioni, progetti e crimine accade all’improvviso che nasce Forza Italia e vince”
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Alla domanda di Bongiovanni sul perché questi poteri forti abbiano stretto un patto d’acciaio con la criminalità organizzata, la Limiti ha risposto che negli anni ’70 erano attivi i gruppi di stampo neofascisti, erano armati e si organizzavano in un’agenzia delle stragi, ricevevano soldi dalla P2. Diventano loro i soggetti criminali organizzati che si prestano ad essere usati e inviati per mettere le bombe.
“La strategia della tensione è utile per la destabilizzazione di un paese - ha continuato la Limiti - gli avvenimenti dovevano produrre delle forti scosse per evitare che cambiamenti legittimi potessero sovvertire lo stato delle cose e mettere in discussione l’ appartenenza all’alleanza atlantica e la nostra fedeltà. Quali sono i gruppi disponibili ed armati che si prestano a sedere ad un ideale tavolo della trattativa dove si attua il doppio livello? Quest’ultimo si verifica quando soggetti diversi partecipano alla realizzazione di uno stesso obiettivo. Falcone ce lo aveva insegnato che Cosa nostra non prendeva ordini superiori; Cosa nostra era il gruppo più vicino ed interno al potere.  Noi non possiamo non dare un volto di potere agli autori di queste stragi, ma sappiamo chi ne ha beneficiato di questo biennio di sangue e cioè un partito che nasce dal nulla e che segnerà la Seconda Repubblica. Una Repubblica che è nata male e che è caratterizzata dalle grosse infiltrazioni all’interno delle Istituzioni”.
E sul perché la Limiti inserisca nel sottotitolo del suo libro la definizione di guerra psicologica, la stessa ha risposto: “Guerra psicologica non è un termine giornalistico. È ciò che viene pensato, strutturato e attuato dai laboratori dell’alleanza atlantica quando all’inizio della nostra Repubblica devono pianificare la vita del nostro e di altri paesi. Si fa ricorso a strumenti che non sono quelli della guerra diretta, ma strumenti che influenzano l’opinione pubblica, in grado di dettare le condizioni e i presupposti a questa o quella svolta. La guerra psicologica si fa attraverso il terrore. L’Italia è stata purtroppo uno dei laboratori più importanti della guerra psicologica. Roma 1965. Hotel Parco dei Principi. È qui che le alte Istituzioni militari e i gruppi che saranno protagonisti del neofascismo italiano stabiliscono i criteri della guerra psicologia e sul come fare per evitare che l’Italia, dal loro punto vista, cadesse nel caos e che le forze comuniste e progressiste potessero avere una loro affermazione. In quella sede nasce la la guerra psicologica in Italia. Esistono sedi riservate nelle quali i poteri trovano delle loro sistemazioni; queste sedi sono estranee anche agli stessi ‘ndranghetisti dei livelli più bassi. In queste sedi si discute di destabilizzazione. Personaggi criminali e appartenenti ai poteri massonici hanno una capacità forte di interferire con la nostra vita pubblica. Per questo non dobbiamo assolutamente mollare".
Nel pomeriggio lo spettacolo “A dream of love” dei giovani del Movimento Culturale Internazionale OurVoice porta in scena il racconto di fatti e misfatti del nostro Paese. Uno spettacolo che tra teatro, musica e danza è memoria di vicende che seppur non vissute pienamente da questi ragazzi, rispolvera i ricordi comodamente sepolti e risvegliati, qua e là, in occasione di facili commemorazioni annuali.
É uno spettacolo determinato e saldo nella sceneggiatura, aulico nell’interpretazione, emozionante nella passione e negli intenti. Negli occhi di questi giovani musicisti, ballerini  ed attori è comune il desiderio di giustizia, legalità e lotta ad ogni sistema integrato criminale. E se un cambiamento potrà essserci questo potrà essere avviato solo da giovani nutriti da ritrovati valori e nuovi modelli di società che contrastino e abbattino la corruzione e la sete di potere.

"L’altra faccia"
Cortometraggio vincitore Concorso LE.GI.IN. Protagonisti per la legalità
Realizzato dalla 4^A Scientifico del Liceo Scientifico “M. Grigoletti” - Pordenone



“A dream of love” è uno spettacolo che lascia un segno già in apertura dell’intervento del prof. Marcello Fracanzani già docente di diritto e giudice della Corte di Cassazione che, intervenendo anche in rappresentanza del Comitato Scientifico dell’Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare, ha dichiarato di dover ringraziare i giovani protagonisti dello spettacolo. “Ho imparato tantissimo, chiedendomi chi poteva pensare di stare in una giornata di sole in un hotel… Ora dovremmo alzarci e fare un altro applauso a tutti questi ragazzi. “LEgalità GIustizia, INformazione. Sistemi integrati perché la mafia è integrazione in tutti i sensi possibili. Integrazione con la collettività, con una porzione dello Stato di cui dobbiamo prenderne atto. La corruzione della Repubblica avviene sin dai tempi degli antichi greci. L’integrazione è data dal denaro e dal potere del denaro. Cosa hanno 27, 29, 31 paesi diversi per dimensioni? Malta con Germania, Spagna con Germania, Francia con Lettonia, cos’hanno nel comune se non il denaro e la concorrenza? Non c’è nessun potere più pervasivo del denaro, perché con il denaro paghi il tuo ego. Dove c’ è denaro e possibilità di controllo del potere, lì c’è mafia. Ma allora cosa distingue questa dalla criminalità organizzata o dal semplice bandito che anche lui viene per una violenza, per una ricchezza? La mafia nasce dall’agricoltura; è una forma di integrazione proprio perché nasce da quella forma di ricchezza che era l’agricoltura. La mafia lo ha capito per prima, lo Stato sta controllando questi beni essenziali. La Terza Guerra Moandalie sarà per l’acqua. La mafia non è una questione di province meridionali, di regioni come la Sicilia, le Calabrie, la Campania e per il resto un fenomeno folcklrostico circoscritto. Ogni volta che c’è una forma di violenza basata sull’omertà e sulla vigliaccheria, non sulla paura, allora c’è mafia. La mafia è la forma di violenza che si regge su una rassegnazione, insipienza, cecità, silenzio e vigliaccheria del contorno. Fuori da questo non c’è mafia. Ci sarà violenza, criminalità, ma non il fenomeno mafioso.
Ciò che è legale perché lo distinguiamo da ciò che è giusto? Non dovrebbe essere la stessa cosa?
E qui il viaggio delle “Galline in crociera”… In autostrada vedete dei camion con gabbie al cui interno ci sono galline che perdono le penne. Sono meno infrequenti di quello che potreste pensare. Sani imprenditori che hanno chiuso volatili in scatole con due lampadine una rossa e una blu che stanno accese l’una per 9 ore e l’altra pure. Avevamo pensato che il ciclo fosse di 12 ore e ci siamo condizionati, ma abbiamo modificato il giorno con la voglia di superare anche il Padre eterno. La gallina fa così un uovo ogni 18 ore, in 36 ore ne ha già fatti 4, in 72 ne ha già fatti 8, quando una gallina normale ne ha ha fatti 2… e poi le diamo il residuo della lavorazione dei marmi per aiutarla a fare il guscio e poi, per non farla ammalare, la imbottiamo di medicine. Non l’ammazziamo e la carichiamo sul camion. La mandiamo a Napoli; se qualcuna muore la lasciamo; la mandiamo in crociera in Tunisia. Con 50 centesimi un’azienda fa lavorare i dipendenti. Le galline vengono sezionate, una parte di carne viene lasciata come compenso della lavorazione, una parte viene emulsionta e mandata in Italia e un’altra parte viene mandata in Italia come bocconcini. La parte delle viscere e delle penne va a finire nel mangime delle galline e l’altra parte va nei supermercati. Nellla pubblicità possiamo scrivere che è carne italiana, allevata in Italia e commercializzata in Italia. La ditta ha solo pagato il camion, ma le galline e la nave sono della ditta. È legale. La ditta non produce rifiuti e le deiezioni sono essiccate e mandate in floricoltura per concime. Pensate che è conveniente in tutto ciò pagare i camion e noleggiare la nave? È legale? Si, non c’è una sola falla in questo. È giusto? No, non è giusto.


La legalità allora è ingiusta? La legalità è la norma e rende tutti uguali davanti alla legge.
La giustizia è una donna triste avvolta in un velo che piange disperata. È la prima immagine che Esiodo ci da, è la prima immagine della Metamorfosi. E questa donna piange davati a Zeus per i torti che le fanno gli uomini. La giustizia non deve guardare in faccia al potere, ma non può essere cieca. Non può esserci giustizia, se non c’è verità e la giustizia, per ribilanciare, deve accertare le cose. Ogni processo ha un vinto e un vincitore. Alla domanda di giustizia noi rispondiamo aumentando nuove corti e così ogni grado di giudizio ha i suoi occhiali e così chi ha ragione rischia di perdere un pezzo man mano a differenza di chi ha torto il quale non ha più niente da perdere e continua ad andare avanti.
Alla verità ci si avvicina piano piano, con umiltà e confronto. Noi scappiamo dalla giustizia, ogni volta impugniamo fino ad arrivare al salotto di qualche ben pensante televisivo che quasi sempre sta dalla parte opposta alla giustizia ufficiale. Non c’è libertà senza verità, ma la verità richiede il coraggio di essere liberi. Il coraggio è la misura del valore. Chi ti dice “Ho la verità” va guardato con sospetto. In noi abita la verità e la Verità è Dio e sta in noi. Vi ho detto di un caso legale e voi avete capito che non era giusto perché dentro di voi sta la verità e la giustzia. Chi vi insegna non fa altro che cavar fuor da voi stessi la consapevolezza della giustizia e della verità e il coraggio della stessa. I testimoni in greco si chiamano “mártyres” coloro che per la verità sono pronti a morire. Qui c’erano le foto di alcuni, le foto di tanti e mi turba sempre il racconto di chi sopravvisse alla scorta e vide Falcone senza gambe, ma con lo sguardo cosciente.
L’indagine sulla Trattativa Stato-mafia richiedeva una ricerca della verità.
Noi non possiamo essere vigliacchi e nel momento in cui lo saremo meno e cesseremo di esserlo, senza essere necessariamente dei martiri, faremo uscire la Verità cioè la Giustizia che è in noi e a questo punto si diraderanno i fantasmi dello Stato, della mafia e di coloro che soffiano nella nebbia per far crescere l’incertezza. Se sarò meno vigliacco lo devo a voi, se potrò narrare un'altra storia ai miei figli sarà grazie a voi, se non avrò paura di dedicare una giornata sottraendola alla famiglia sarà per voi, se tornerò da Giancarlo Caselli dicendogli che era giusto venire qui, sarà per voi”. Così conclude il suo intervento il prof. Marcello Fracanzani. Bongiovanni, coordinatore dell’incontro, applaudendo con il pubblicoha sottolineato la Lectio magistralis del giurista.
A conclusione della giornata la premiazione del Concorso “LE.GI.IN. Protagonisti per la legalità” ha premiato i giovani studenti che con spot e cortometraggi hanno avviato, nell’ambito del percorso progettuale, piccole azioni di sensibilizzazione. Una società nuova è possibile, è speranza, è fiducia che il cambiamento può esserci. Serve impegno e resilienza. 

Foto © ACFB

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