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10di Jean Georges Almendras - Video e Foto all'interno!
“Stare là dentro all’ESMA era come vivere in una strana dimensione tra la vita e la non esistenza. Avere un cappuccio in testa, essere ridotto ad un numero, ti faceva sentire paralizzato, privato di una qualsiasi interazione, praticamente un nulla. Far parte, quindi, di un processo assolutamente disumano, dove   non avevamo alcuna capacità di decisione (...) Ciò che ci rimaneva era il nostro mondo interiore che loro puntavano a distruggere completamente, era difficile non impazzire stando incappucciato, incatenato e sequestrato. Credo che la nostra condizione non era chiaramente definita, perché per la società eravamo desaparecidos, ma là dentro, cosa eravamo?”.
(Testimonianza di Fernando Kron, sopravvissuto. Sequestrato dal 14 giugno 1977 all’11 febbraio 1978, al processo ESMA. Causa 1270, 27/8/2010)
Per i giovani del Movimento Culturale Our Voice essere lì, nel vecchio edificio dell’ESMA, in questo mese di aprile 2018, ha significato rivivere (tra virgolette) ciò che altri esseri umani hanno vissuto. Per loro, essere lì, è stato come il sentire nel profondo le indescrivibili sofferenze patite non solo dalle 5.000 persone che sono passate dalle viscere  di questo edificio divoratore di esseri umani, ma anche dalle milioni di persone che oggi vivono in diversi luoghi del mondo: ingiustizie, persecuzioni, soprusi, carenze educative, culturali ed economiche.
La storia, prevalentemente scritta dai giovani Sonia Tabita Bongiovanni e Matías Guffanti, del Movimento Our Voice, si chiama “Victoria”. Una storia che racchiude in sé varie storie.
Storie portate in scena sul palco della sala adibita a teatro dell’edificio del Centro Cultural de la Memoria Haroldo Conti, ex ESMA, nell’Av. Libertador, nell’ambito del Primo Festival Internazionale di Stop Motion, nel cuore della capitale argentina.
Si chiama “Victoria” la bambina protagonista della storia. Una proposta di teatro amatoriale con la forza della gioventù che cerca di raggiungere l’apice della comunicazione e dell’impegno, come forma di denuncia. Una proposta che ha conquistato lo spettatore per il valore scenico, interpretativo, e per la sensibilità dimostrata in ogni momento, in tutti i 60 minuti della durata dello spettacolo.
È stato compito di Matías Guffanti aprire lo spettacolo, con quella forza indispensabile per far sì che i minuti a seguire avessero la cornice giusta ed i messaggi di ogni storia facessero vibrare la parte più intima dell’essere di ognuno degli spettatori.
Un grande esordio che ha dato il via alle storie, una dietro l’altra, portate in scena con una forza indescrivibile.
“Victoria”, una bambina di meno di dieci anni - interpretata con magistrale innocenza e passione da Jasmín, una delle beniamine di Our Voice - è stata il filo conduttore per un viaggio attraverso i confini più strazianti della condizione umana, un’interpretazione in una scenografia consona, adeguata, conforme al messaggio.
Lo spettatore veniva toccato nel profondo da ognuna di queste storie, apparentemente distanti tra loro. Ma in realtà intrecciate e cariche di saggezza, di messaggio, di linguaggio più che idonei. I testi toccavano visibilmente la sensibilità dello spettatore, perché i testi non erano per niente banali, ma di una profondità ammirevole. Senza censure. Testi combattivi. Testi che non sono passati inavvertiti.
Victoria ha parlato del suo papà desaparecido, per la sola colpa di voler lottare per cambiare la società.
E suo padre genialmente interpretato da Diego Grachot, ha espresso il senso e il fine di quella lotta, la lotta dei 30.000 desaparecidos e di ognuno degli argentini e sudamericani che affrontarono i repressori, i dittatori, soffrendo le letali conseguenze del terrorismo di Stato e del Piano Condor.
Dopo il drammatico e disperato appello di questo padre desolato dalla sofferenza e dalla repressione, è seguito il momento di una sequenza di canto e musica in un crescendo di professionalità scenica.
Juan Manuel è stato l’artefice di questo momento. Affiancato da Christian e Agustín rispettivamente con percussioni e chitarra. Il trio ha interpretato un brano di alto livello creativo: “Dove sono?”. Un’eccellente creazione di un Juan Manuel che è riuscito a scrivere il testo ideale capace di trasmettere un messaggio diretto alla società e al potere.
Il supplemento musicale è stato il ponte per introdurre altre storie.
Storie che hanno raccontato i drammi del nostro mondo. Del nostro mondo intollerante e crudele. Del nostro mondo schizofrenico e demenziale. Del mondo dove ci troviamo immersi tutti.
Leandro e Romina sono stati scelti per trasmettere alla platea la tragedia ed il dolore dei popoli originari. Con un risultato eccellente. Ogni istante dell’eccellente interpretazione ha rimarcato ampiamente la pagina nera della storia argentina nell’ora di sopraffare le comunità, trasformando i repressori in bestie ed i mapuche in vittime, come lo sono stati Santiago Maldonado e Rafael Nahuel. Vittime di un odio e di un razzismo ancestrale, in complicità con il potere subordinato agli interessi economici degli argentini e cileni, e degli statunitensi ed europei. Ieri come oggi.
Anche il giornalismo argentino pacato e servile verso quegli interessi è stato interpretato da Patrizio ed Emilia. Un geniale sketch comico e umoristico. Insieme sono riusciti ad arricchire la scena mettendo in evidenza la perversità mediatica che ha seguito il corso della storia e che oggi in Argentina è riemersa macabra e letale. Come nel resto dell'America Latina.  
Ramiro, nonostante la sua giovane età, ha lasciato sullo scenario il suo prezioso apporto, interpretando un presidente dei nostri giorni. L'emblema dell’ipocrisia e della demagogia, degli adeguamenti economici per danneggiare i settori più vulnerabili e reprimere i rivoltosi.
Leandro è uscito nuovamente in scena per esibirsi in una delle sue specialità: il rap. Facendolo con successo, citando “Victoria”, la bambina della nostra storia.  
Giorgio, un bambino del Movimento Our Voice di soli dodici anni, ha lasciato sul palcoscenico un’interpretazione impeccabile e toccante da tutte le angolazioni. La sua magistrale interpretazione ha trasmesso allo spettatore ogni istante di sofferenza e dolore che vivono i bambini del mondo, per il consumo di droghe e per la fame. Il bambino ha saputo mettere in evidenza il dramma in tutta la sua portata. Una scena alla quale ha partecipato anche Renzo.  

E così lo spettacolo ha lasciato spazio ad un momento di danza, per mano di Victoria, Alina ed Anubis. Una scena di danza e denuncia preparata accuratamente che ha preceduto l’entrata in scena di Victoria, non più bambina, ma una giovane che ha parlato della sua vita, delle sue molte vite, in un mondo alienante e crudele. Una Victoria interpretata da Guillermina Lembo, assessore teatrale e pilastro dello spettacolo, insieme a Sonia Bongiovanni, di soli 16 anni, nel suo ruolo di anima mater e fondatrice del Movimento.   
Precisamente Sonia Bongiovanni, insieme a Matias Guffanti e Diego Grachot, sono stati i protagonisti dell’ultima parte dello spettacolo di denuncia. Tre giovani che sono diventati uno solo. Tre giovani a rappresentare i 47 giovani che hanno rabbrividito visitando i luoghi di tortura e di morte nell'ex ESMA.  
Tre giovani emblema di un Movimento che ha saputo dividersi i ruoli ed organizzarsi sullo scenario. Alcuni nella recitazione, altri dietro le quinte come supporto, impegnati nella buona riuscita di un lavoro di alto livello. Un lavoro che ha richiesto ore ed ore di prove. Ore ed ore di grandi sforzi per riuscire in un solo obiettivo: portare in scena un'idea ed un messaggio diretto ai giovani ed al mondo. Un'idea che è quella dei giovani di oggi. Un'idea che cerca, ad alta voce, un cambiamento nel mondo non solo per i giovani ma per tutte le generazioni. Un cambiamento urgente.  
Sonia Bongiovanni ha detto che ognuno dei giovani si era espresso con parole e sentimenti veri, perché bisogna cambiare il mondo, e perché le ingiustizie ci sono sempre state e ci sono sempre di più in questo mondo. E perché tanto lei quanto tutti i giovani del Movimento, credono nel mondo, nella speranza, nella giustizia e in quello che hanno portato in scena.  
Matias Guffanti, a nome dei giovani del Sud-America, ha ringraziato gli organizzatori del Festival Internazionale Stop Motion, per avere dato loro la possibilità di presentarsi nell'ex edificio dell'ESMA. Perché poterlo fare in questo posto ha segnato profondamente le loro vite, una specie di lascito per continuare la lotta di chi ha sofferto tormenti e trovato la morte dentro le pareti di un edificio sinistro del terrorismo di Stato.  
Con lo stesso impeto, la stessa sensibilità e lo stesso impegno dei giovani del Movimento, le parole di Giorgio Bongiovanni, direttore di Antimafia Duemila, hanno chiuso l'evento. Non a caso, perché il Movimento ed in definitiva l'arte, la musica e la poesia, sono un'espressione genuina di un compito di denuncia, propria dell'Antimafia.  
Sono molto emozionato, non so cosa dire. È stato uno spettacolo straordinario - ha detto - Oggi ho visitato il luogo dove migliaia di persone sono state torturate e private della libertà. Posso solo dire nunca más. Nunca más alla violenza, nunca más alla tortura, nunca más alla dittatura, nunca más al fascismo, al nazismo, nunca más. Nunca más ai corrotti, nunca más alla persecuzione dei giusti.
Ora noi abbiamo l'opportunità di annientarli, ma non con la violenza come hanno fatto loro. Queste persone inferme mentali come Videla, Massera. Loro servivano un potere al di sopra di loro. Adesso noi li annienteremo, con l’arte, la musica, la solidarietà, la fratellanza. Questo è il tempo che noi possiamo cambiare il mondo. Questi ragazzi ci hanno fatto vedere cosa si è fatto in questo luogo, come è stata fatta e si fa in altri luoghi del mondo. Quindi mai più”.
Una standing ovation ha avvalorato le parole di Bongiovanni. Applausi che hanno significato un’immensa boccata di ossigeno per i giovani del Movimento Our Voice. Affinché continuino su questo cammino. Con il loro percorso di teatro, musica e danza. Il loro percorso di denuncia. Il loro percorso di sacrifici e impegno, superando gli ostacoli dei tempi moderni. Superando le invidie e le malvagità degli uomini che non vogliono comprendere e tollerare i giovani. Giovani disgustati di questo mondo incoerente e perverso, schiavo di sistemi economici che strangolano vite e speranze.  
Un percorso di impegno che sposiamo anche noi, pur non essendo più giovani.
(11 aprile 2018)



Foto © ACFB