Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

di Aaron Pettinari e Miriam Cuccu - Audio
Dichiarazioni spontanee dell’ex ministro Dc

Così come previsto, in applicazione delle nuove “modifiche al codice di procedura penale” la corte d'appello di Palermo, che celebra in secondo grado in abbreviato il processo all'ex ministro Dc Calogero Mannino accusato, in uno stralcio dell'inchiesta sulla trattativa Stato-mafia, di minaccia a Corpo politico dello Stato ed assolto in primo grado per “non aver commesso il fatto”, ha dato il via all'istruttoria dibattimentale.
Così giovedì scorso sono stati ascoltati come testi la giornalista Sandra Amurri e Nicola Cristella, ex capo scorta del vice capo del Dap degli anni delle stragi, Francesco Di Maggio.
Proprio la giornalista de Il Fatto Quotidiano è stata la prima a salire sul banco dei testimoni. Ancora una volta la Amurri ha riferito i contenuti della conversazione che ascoltò casualmente al bar Giolitti a Roma tra l’ex ministro Calogero Mannino e l’onorevole Giuseppe Gargani (in foto). Il 21 dicembre 2011, ha ricostruito davanti alla Corte presieduta da Adriana Piras e con Massimo Corleo consigliere relatore, la cronista era al bar in attesa dell’onorevole Aldo Di Biagio, con il quale aveva concordato un’intervista. “Vedo arrivare due signori: uno lo riconosco (Mannino, ndr) l’altro, capelli bianchi e loden verde, era un viso noto che non riuscivo a mettere a fuoco”. Solo una volta tornata in redazione avrebbe scoperto, insieme a Travaglio, che si trattava di Gargani. “Ho dato per scontato che parlassero di politica, fino a che non ascolto il nome di Ciancimino. Questo ha richiamato la mia attenzione, anche perché era una conversazione impossibile da non ascoltare” trattandosi, ha spiegato, di “neanche un metro” di distanza tra la teste e i due politici. Quindi la Amurri ha ripetuto le frasi captate in quell’occasione, che saranno poi messe a verbale davanti alla Procura di Palermo a febbraio 2012: “L’onorevole Mannino ripeteva con insistenza e una certa apprensione all’altro ‘tu glielo devi dire, adesso che vai giù glielo devi dire a De Mita’” e ancora “dobbiamo dire tutti la stessa versione” perché “sennò ci fottono, perché a Palermo hanno capito tutto” e “Ciancimino, quel cretino, ha detto un sacco di cazzate ma su di noi ha detto la verità”. Un ulteriore tassello arrivò solo a gennaio, quando l’Ansa ribatte la notizia che De Mita sarà ascoltato a Roma dai magistrati che indagano sulla trattativa Stato-mafia. Successivamente, il 23 febbraio, si verifica la circostanza che spinse definitivamente la Amurri a riferire quanto appreso ai magistrati Nino Di Matteo e Antonio Ingroia: quella che Mannino risultava essere tra gli indagati sul patto tra Cosa nostra, esponenti delle istituzioni e ufficiali dei Carabinieri.
Successivamente è stata la volta di Cristella. Una testimonianza piuttosto confusa quella dell’ex sostituto commissario di polizia penitenziaria non tanto per quanto riferito ma per l’esposizione tanto da essere richiamato dalla stessa Presidente.
“Quello che dico mi si ripercuote” - ha detto con preoccupazione mentre, tra “credo” e “valutazioni”, rispondeva alle domande dei sostituti procuratori generali Giuseppe Fici e Sergio Barbiera. “Lei non deve avere preoccupazione di avere delle ritorsioni - ha subito risposto la Presidente Piras - Lei deve raccontare quello che sa oltre le deduzioni. Non deve essere reticente”.
Dunque Cristella ha riferito di tre episodi, a cominciare dagli incontri che Di Maggio avrebbe avuto con Mori, Bonaventura ed un altro soggetto che veniva in motorino il quale, così come aveva fatto nella deposizione al processo ordinario sulla trattativa Stato-mafia, ha individuato come il generale Morini. Ancora ha raccontato di alcune telefonate sentite mentre era in servizio. “Il periodo era quello problematico delle stragi. Quella del dottor Costanzo, dei Georgofili a Firenze. In quei mesi giravamo molto. Una sera accompagno Di Maggio a casa e dopo la bonifica esco. Ricordo le sue urla, credo fosse al telefono con qualcuno e c’era la finestra aperta. Lo sentii gridare ‘non possono chiedere al figlio di un carabiniere di scendere a patti’”. “Disse a patti con chi?” ha chiesto Barbiera. E la risposta di Cristella è stata netta. “Con la mafia”.
Altro episodio “telefonico” è quello collocato sempre in quel periodo. “Eravamo in macchina, il dottore Di Maggio ricevette la telefonata di un politico siciliano - ha ribadito il teste - In quel discorso disse proprio Mannino. Si parlava di questa pressione che aveva che gli chiedevano di aspettare per la riapplicazione del regime 41 bis. Di maggio mi disse: ‘Nicola, io applico il 41 bis a tutti i mafiosi e questi non possono chiedere di aspettare. Io adesso glielo applico. Qui la gente muore e vogliono che non si applica il 41 bis ai mafiosi?”. Prima che l’udienza fosse rinviata al prossimo 18 aprile (quando sarà sentito il teste Pino Lipari) ha voluto rilasciare alcune dichiarazioni spontanee anche l’ex ministro Mannino il quale ha rigettato ogni accusa nei suoi confronti  rispetto le ricostruzioni di entrambi i teste ascoltati, escludendo di aver mai avuto rapporti con Di Maggio e di non aver mai avuto una conversazione con Gargani su Ciancimino (“Massimo dice un sacco di bugie, ma su di noi ha detto la verità” e il figlio di don Vito “non ha mai parlato di me nei suoi verbali”). Tuttavia ha ammesso che vi sia stato un colloquio, a suo dire commentando una notizia apparsa sui giornali, ovvero la convocazione di De Mita alla Procura di Palermo. “Con Gargani ci scambiammo le informazioni che quella mattina erano sui giornali, che De Mita sarebbe stato sentito dai pm di Palermo, e gli dissi: ricorda a De Mita il congresso di Agrigento, quello in cui isolai Ciancimino”. E' la prima volta che il politico, di fatto, ammette l'incontro, anche se non nei termini detti dalla Amurri. Certo è che quel ricordo detto giovedì in aula da Mannino è errato perché quella notizia della convocazione di De Mita, che asserisce di avere appreso dai giornali di quella mattina, in realtà non era ancora stata pubblicata. Il decreto di citazione a comparire a De Mita, infatti, era stato notificato il 18 dicembre, così come ricordato dal pm Di Matteo durante la requisitoria del processo che si celebra in ordinario.