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di Aaron Pettinari
Da Ciancimino a Violante la Corte ammette l’audizione dei teste

In applicazione delle nuove “modifiche al codice di procedura penale” la corte d'appello di Palermo, che celebra in secondo grado il processo all'ex ministro Dc Calogero Mannino accusato, in uno stralcio dell'inchiesta sulla trattativa Stato-mafia, di minaccia a Corpo politico dello Stato, ha deciso di rinnovare parzialmente l'istruttoria disponendo la citazione a deporre di Massimo Ciancimino, figlio dell'ex sindaco mafioso Vito, imputato e testimone nel medesimo processo che si celebra con il rito ordinario in Corte d’assise, riguardo i presunti accordi tra Stato e mafia negli anni delle stragi. Oltre a lui dovranno essere ascoltati la giornalista Sandra Amurri, l'ex presidente della Camera Luciano Violante, il collaboratore di giustizia Giovanni Brusca (anch’egli imputato per il medesimo reato), uno dei fedelissimi del boss Totò Riina, Pino Lipari che, pur non avendo lo status di collaboratore di giustizia, ha reso alcune dichiarazioni agli inquirenti, e Nicola Cristella, ex capo scorta del vice capo del Dap degli anni delle stragi Francesco Di Maggio.
In questo dibattimento, ovviamente, i testi vengono sentiti per la prima volta in quanto Mannino, che fu assolto in primo grado per non “aver commesso il fatto”, scelse di essere processato in abbreviato, rito che esclude l'istruttoria in giudizio.
Tuttavia, lo scorso settembre i sostituti procuratori generali Giuseppe Fici e Sergio Barbiera avevano evidenziato il problema della nuova normativa che prevede testualmente: “Nel caso di appello del pubblico ministero contro una sentenza di proscioglimento per motivi attinenti alla valutazione della prova dichiarativa, il giudice dispone la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale”.
Alla luce di ciò i Pg avevano chiesto “di escludere che l'articolo in questione si applichi anche ai processi celebrati in primo grado nella forma del rito abbreviato”. La presidente della Corte d’appello, Adriana Piras, ha accolto la richiesta solo parzialmente ammettendo la citazione di sei soli teste su una cinquantina di quelli indicati in precedenza. Il processo d'appello si celebra proprio mentre al bunker dell'Ucciardone c'è la discussione del troncone principale.
Secondo l’accusa Mannino consapevole di essere finito nella black list di politici e magistrati condannati a morte da Riina, si sarebbe attivato per aver salva la vita dando il via al dialogo dello Stato con Cosa nostra. Dopo aver letto le motivazioni della sentenza del gup Marina Petruzzella i pm avevano evidenziato il contrasto tra motivazioni e formula del dispositivo d’assoluzione (art. 530 cpv. c.p.p., per non aver commesso il fatto come ascrittogli), presentando il ricorso in appello.
Il processo, dunque, è stato rinviato al 22 marzo.

Foto © Imagoeconomica