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grasso valeria web7di Aaron Pettinari
La testimone di giustizia agli imprenditori: “Denunciate o sarete complici”
Con le sue denunce negli anni passati aveva contribuito all’arresto di diversi appartenenti al clan Madonia, fra cui Maria Angela Di Trapani, la donna boss moglie di Salvo Madonia. Ieri Valeria Grasso, testimone di giustizia ed imprenditrice palermitana che si è ribellata al pizzo, vedendo la capomafia nuovamente in manette, grazie all’operazione Talea che ieri ha portato all’arresto di 25 persone tra Resuttana e San Lorenzo, ha avuto un sussulto di gioia. “Quando ho appreso la notizia di prima mattina ho avuto un’emozione fortissima e sentivo il cuore pieno di gioia - ha detto raggiunta telefonicamente da ANTIMAFIADuemila - Questi per me sono stati anni duri specie da quando avevo appreso che questa donna era uscita dal carcere. Provavo tristezza, rabbia, apprensione nel vedere che questa gente continuava a proliferare, aprendo bar, aziende proprio vicino alla mia palestra. Ma sapevo che prima o poi la giustizia avrebbe dato la risposta che mi aspettavo. E ieri le forze dell’ordine e la Procura di Palermo, che mi è sempre stata vicina, hanno dato una risposta forte, dimostrando che lo Stato c’è”.

Che significato ha l’arresto della donna-boss?
“Io non potrò mai dimenticare il suo sguardo il giorno in cui fui chiamata a confermare le mie denunce in Procura. Lei abitava proprio nello stabile davanti la palestra e dal balcone mi chiamò dicendomi: ‘mi raccomando a quello che dici’. Aveva gli occhi di ghiaccio. Io gli risposi con forza che avrei detto tutto quello che c’era da dire. Per questo non ho provato nessuna pietà. Mi aveva addolorato poi leggere le sue dichiarazioni in aula quando chiese al tribunale comprensione perché quello che aveva fatto era per i propri figli. Lei non sa cosa significa essere madre. Lei ha portato alla disperazione tanta gente, ha ucciso, distrutto famiglie. La sua famiglia mi ha puntato una pistola addosso pretendendo che io pagassi il pizzo. Io ho vissuto assieme ai miei figli in località segreta. E quando l’ho vista uscire con le manette mi son detta: ‘finalmente giustizia è stata fatta’”. 
 
Ieri il Procuratore capo di Palermo ha lanciato l’allarme sulle mancate denunce degli imprenditori rispetto alle intimidazioni subite. Lei che ha denunciato cosa si sente di dire a queste persone?
“Questa operazione deve essere vista come una grande opportunità per chi è ancora schiavo e non denuncia piegandosi a questa gente. Loro possono toccare con mano che la magistratura esiste e non possono più nascondersi dietro all’alibi che lo Stato ti abbandona. Non è così. Chi non ha denunciato deve ravvedersi immediatamente altrimenti si diventa colpevoli di tutte le vite uccise da questa gente. E’ essere complici dei loro delitti, o anche peggio, essere vigliacchi. Bisogna scegliere se essere complici delle morti di Libero Grassi, di tanti magistrati, carabinieri, bambini, o alleati di uno Stato. Denunciare significa libertà e questo è il momento di schierarsi anche per evitare che ci siano nuove morti”. 
 
Nei mesi scorsi lei ha subito nuove minacce. Come si trova la forza di andare avanti?
“Io non mi pentirò mai della scelta fatta. So che non è semplice ma pagare il pizzo per me è come tenere in mano una pistola. La forza di andare avanti la ritrovo nei miei figli e dopo fatti come quelli di ieri sono ancora più convinta. Vorrei avere un microfono per parlare all’Italia intera. La forza si trova nella presenza delle Istituzioni e in questi anni magistrati come la dottoressa Luise mi sono state vicini in questo percorso di denunce senza prendere sottogamba quanto avveniva. Così il prossimo 19 dicembre tornerò in aula, ancora una volta, per fare il mio dovere ed indicare quel soggetto che nel 2015 mi fermò per strada minacciandomi”.

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