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droga isis tramadoldi Miriam Cuccu - Video
‘Ndrangheta sembra impegnata in traffici con organizzazione Medio Oriente

Il tramandolo, l’oppiaceo sintetico conosciuto come la “droga del combattente”, passa anche per il porto di Gioia Tauro. È di ieri il sequestro di oltre 24 milioni di compresse - confezionate in blister - eseguito dalla Guardia di Finanza e dall’ufficio antifrode della dogana. A coordinare l’operazione la sezione antiterrorismo della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, con la quale ha collaborato la Dea (Drug Enforcement Administration) e la struttura del Viminale.
Il traffico della sostanza stupefacente, proveniente dall’India e diretta in Libia, sarebbe nelle mani dell’Isis, così da finanziare le proprie attività terroristiche. Ogni compressa si vende a 2 euro, ma la vendita in Nord Africa e Medio Oriente avrebbe fatto incassare all’organizzazione almeno 50 milioni di dollari. Secondo la Guardia di Finanza l’Isis impiegava i proventi della vendita per finanziare gruppi estremisti in Libia, Siria e Iraq.
L’input investigativo è arrivato dal II Gruppo della Guardia di finanza di Genova a seguito di un blitz che a maggio aveva portato a un sequestro simile nel porto del capoluogo ligure. In quell’occasione la Guardia di Finanza aveva sequestrato 37 tonnellate di pasticche nascoste in tre container di stoffe sintetiche e shampoo, ugualmente dirette in Libia. Un carico che avrebbe fruttato 75 milioni di euro.
Il tramandolo, composto derivato dal legame tra amfetamina e teofillina, è un eccitante capace di aumentare la resistenza allo sforzo fisico. Solo una parte della sostanza sarebbe però destinata al campo di battaglia, poiché le compresse vengono spacciate anche per le strade del Medio Oriente, accessibili, grazie ai costi bassi, a chiunque non voglia sentire la fame o la stanchezza.



Secondo gli inquirenti italiani e statunitensi entrati in azione nel blitz di Genova i carichi partono da India e Sri Lanka, dove grazie ai vuoti normativi è possibile produrre medicinali contraffatti a costi più bassi, per poi arrivare in Nord Africa. Nel mezzo, due gli aeroporti che imbarcano merci per la Libia: Genova e Castellon de la Plana in Spagna. E ora, stando all’operazione di ieri, anche il Porto di Gioia Tauro, in “piena” terra di ‘Ndrangheta. Il procuratore aggiunto Gaetano Paci ha dichiarato che “abbiamo individuato diversi vettori e famiglie riconducibili alla 'Ndrangheta che sembrano impegnati in traffici di vario genere con l’organizzazione dell'area mediorientale”. Al momento, ha però puntualizzato, si tratta di “tasselli che si sta cercando di mettere insieme”, ma non è la prima volta che si parla di legami tra Isis e cosche calabresi.
Secondo l'ex procuratore nazionale antimafia Vicenzo Macrì, intervistato di recente al Corriere della Sera, i terroristi appartenenti all’Isis “non colpiscono l'Italia perché hanno bisogno che il Paese rimanga tranquillo per tutta una serie di traffici”, tra cui quello dei migranti. “C’è una sorta di divisione dei proventi di questo traffico” ha spiegato, poichè fino alle coste libiche del Mediterraneo sarebbe di dominio delle organizzazioni controllate da Daesh. “Nel momento in cui arrivano nel territorio nazionale i proventi - ha detto ancora - vengono acquisiti dalle mafie”. Anche il procuratore di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho, nel 2015 aveva lanciato l’allarme sul rischio di saldature di interessi fra la `Ndrangheta e il terrorismo targato Isis: “La 'Ndrangheta ha bisogno di armi e droga e i terroristi, per operare sul territorio, hanno bisogno di basi logistiche sicure e segrete, quindi necessitano di persone e luoghi in grado di fornire coperture e ospitalità. E questa caratteristica - ha precisato de Raho - di certo non fa difetto alla `Ndrangheta, che ha un controllo capillare del territorio ed è un’organizzazione che travalica i confini nazionali, ha rapporti con soggetti in estremo e medio oriente, come dimostra la sua leadership nel mercato dell’eroina, tanto da diventare fornitrice di Cosa Nostra a New York”.

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