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enel cerano 610di Miriam Cuccu
31 indagati, sigilli anche a Cementir Taranto e siti Ilva

Per produrre cemento la Cementir di Taranto acquistava ceneri – contenenti rifiuti pericolosi come olio combustibile e gasolio – dalla centrale Enel di Cerano (Brindisi) e loppa d'altoforno – non a norma, mista a scaglie di ghisa e pietrisco – dall'Ilva, immettendo nel ciclo produttivo materiale non conforme alle leggi in materia ambientale. È quanto emerge dall’inchiesta “Araba Fenice”, coordinata dalla Procura di Lecce, secondo la quale le aziende avrebbero risparmiato per anni sullo smaltimento dei rifiuti, in particolare l'Enel, che secondo l’accusa pur avendo a disposizione gli impianti per separare i rifiuti non li avrebbe mai utilizzati. Nella giornata di ieri i finanzieri del Nucleo di polizia tributaria di Taranto hanno eseguito un decreto di sequestro preventivo, firmato dal gip del tribunale di Lecce Antonia Martalò su richiesta del pm della Dda di Lecce Alessio Coccioli, e del pm di Taranto Lanfranco Marazia.
I sigilli sono stati posti alla centrale Enel 'Federico II' di Cerano, alla Cementir di Taranto e ad alcuni siti dell’Ilva. Concessa la facoltà d'uso provvisoria degli impianti a patto di mettersi in regola entro 60 giorni.
Gli indagati, in tutto 31, sono accusati a vario titolo di traffico illecito di rifiuti e di attività di gestione di rifiuti non autorizzata. Tra questi anche i tre commissari straordinari dell’Ilva Pietro Gnudi, Enrico Laghi e Corrado Carruba, l’ex commissario Enrico Bondi, Nicola Riva, l’ex prefetto di Milano Bruno Ferrante, i dirigenti dell’impianto di Cerano e dello stabilimento della Cementir a Taranto che, recentemente, il Gruppo Caltagirone ha ceduto al gruppo Heidelbergcement.
Sono indagate anche le tre società per presunti illeciti amministrativi. Per Enel Produzione spa è stato eseguito un sequestro, ai fini della confisca, per equivalente dell'ingiusto profitto che avrebbe ricavato: l’importo è pari a 523 milioni e 326 mila euro e si riferisce al periodo intercorso tra settembre 2011 e settembre 2016.
Le indagini hanno preso l’avvio dal sequestro penale, eseguito cinque anni fa dalla Guardia di finanza di Taranto, di due aree dello stabilimento Cementir del capoluogo ionico, adibite in maniera illecita a discarica di rifiuti industriali, gran parte dei quali provenienti dallo stabilimento Ilva. Stando agli accertamenti le materie prime usate da Cementir per produrre cemento non erano conformi alle leggi.

araba fenice pp

"Secondo la nostra ricostruzione accusatoria e quello che emerge dalle intercettazioni – ha detto il procuratore della Repubblica di Lecce, Leonardo Leone De Castrii dirigenti Enel sapevano della circostanza” che le ceneri inviate alla Cementir per la produzione di cemento non erano in regola.
"Lo sapevano documentalmente - ha aggiunto - anche perché l'impianto preposto allo stoccaggio delle ceneri pericolose c'era, e la cosa secondo noi più grave è che non venisse utilizzato. Per Enel la convenienza stava proprio nell’'eliminare' la procedura di eliminazione del rifiuto".  
Secondo la Procura il fatto che alcuni dirigenti Enel sapessero che si trattava di ceneri pericolose sarebbe emerso da intercettazioni telefoniche in cui gli stessi "fanno riferimento alla necessità di confondere gli inquirenti presentando loro dati alterati e non veritieri e di evitare di comunicare con l'Arpa”, l’Agenzia regionale per la prevenzione e la protezione dell'ambiente. Una condotta "illecita", sostengono i magistrati, che ha di fatto "trasformato una voce di costo aziendale legata allo smaltimento di rifiuti in una fonte di introiti per Enel rappresentato dal prezzo corrisposto da Cementir per la somministrazione delle ceneri". La procura ha inoltre aggiunto che "a nulla rileva l'irrisorietà di tale prezzo di vendita, posto che l'intera condotta, nella prospettiva di Enel Produzione, assume una connotazione economica di primaria importanza se parametrata al costo che l'azienda avrebbe dovuto sostenere per smaltire correttamente le ceneri-rifiuto pericoloso e inquinante".
Enel Produzione ha invece difeso il proprio operato, sostenendo di confidare che "nel corso delle indagini potrà dimostrare la correttezza dei propri processi produttivi e presterà ogni utile collaborazione alle autorità inquirenti". Anche Ilva si è detta "fiduciosa che al termine del procedimento potrà dimostrare che opera nel rispetto delle normative comunitarie in materia di gestione e trattamento dei rifiuti". Cementir Italia, proprietaria dello stabilimento di Taranto, ha affermato "di avere acquistato regolarmente ceneri da carbone per lo stabilimento di Taranto, il cui impiego, peraltro del tutto marginale, è cessato del tutto all'inizio del 2016. Per quanto riguarda la loppa, il suo utilizzo nella produzione del cemento è ammesso e disciplinato da un'Autorizzazione Integrata Ambientale, cui Cementir Italia si è sempre attenuta".
Intanto Legambiente Taranto ha annunciato che “ove gli atti di indagine dovessero confermare l'esistenza di indizi di reati contro l'ambiente e la salute, ci costituiremo parte civile nel processo penale per supportare l'attività della pubblica accusa, a tutela dell'interesse della martoriata collettività tarantina".

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