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manca moulin rougedi Lorenzo Baldo - Fotogallery
La ricerca di una verità (negata) sul misterioso decesso del giovane urologo siciliano

Coerenza. Il procuratore capo di Torino Armando Spataro la cita nell’incipit del suo botta e risposta ad Antonio Ingroia pubblicato oggi sul Fatto Quotidiano. Peccato che si faccia fatica a ritrovarla nell’analisi del Procuratore. Che definisce Attilio Mancaassuntore non occasionale di eroina, unica responsabile del fatale evento”. Spataro cita quindi quegli atti secondo cui sarebbe accertato che il giovane urologo siciliano ritrovato morto il 12 febbraio 2004 “non subì alcuna violenza”. E i due buchi sul braccio sinistro, lui che era mancino? Per il procuratore di Torino è assodato che “Manca era chirurgo ambidestro e usava entrambi gli arti superiori per operare” tanto che alcuni suoi amici avevano dichiarato che il medico barcellonese “si iniettasse stupefacente anche con la mano destra”. Infine la prova regina: la consulenza tricologica che “ha consentito di affermare che l’urologo era assuntore non occasionale di eroina”. Eccoli qui i punti fermi della tesi di Spataro, quindi: “basta con il consueto repertorio di tesi complottistiche”, e soprattutto “basta con l’autoproclamarsi unici difensori del bene e della verità contro il male e gli inconfessabili interessi dei poteri forti o dei mandanti esterni di turno”. L’ombra di Cosa Nostra, massoneria e Servizi “deviati” dietro questa morte? “Ipotesi fantasiose”, aveva ribadito in aula il procuratore di Viterbo Paolo Auriemma. Dal canto suo Spataro - in questa sorta di difesa di ufficio - pare sia in perfetta sintonia con il collega viterbese.

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Il professor Massimiliano De Vecchis


I pezzi mancanti
Alle affermazioni del procuratore di Torino basta contrapporre una serie di dati oggettivi. Partiamo dal professor Massimiliano De Vecchis, prestigioso urologo romano, che nella giornata dell’11 febbraio 2004 aveva atteso invano l’arrivo di Attilio per procedere con un intervento in laparoscopia presso la clinica romana “Villa Mafalda”. “Non mi ero preoccupato più di tanto - ha spiegato De Vecchis -, sapendo che non veniva a lavorare qui come prima (alla clinica “Villa Mafalda”, ndr), ho pensato che fosse stato impegnato a Viterbo. Mi era sembrato strano, però, che non mi avesse avvisato telefonicamente”. In merito al mancinismo del giovane urologo il professor De Vecchis non ha mai avuto dubbi: “Posso confermare con assoluta certezza che era mancino e - essendo io destro - era l’aiuto ideale in sala operatoria”. Alla domanda sulla presunta tossicodipendenza di Attilio, era stato ulteriormente esplicito: “Attilio era pieno di vita, pieno di interessi, ogni tanto partiva per andare a insegnare la tecnica laparoscopica o per corsi di perfezionamento su quella pratica. Non ha mai dato adito a pensare che fosse un tossicodipendente, era sempre lucido, un amante della sua professione, tranquillo e puntuale, lo dissi subito quando fui sentito dai Carabinieri. Mi è sembrato molto strano quello che è stato detto sul fatto che lui si drogasse. Non l’ho mai condiviso. Ho sempre pensato che non fosse stato un suicidio, ma non ho idea chi possono essere i mandanti. Attilio non aveva nessun motivo per suicidarsi, aveva una carriera davanti che sicuramente sarebbe stata brillante, tutti volevano averlo nella propria equipe”. Dello stesso tenore il collega del giovane urologo all’ospedale “Belcolle”, Fabio Riccardi, secondo il quale il dottor Mancasi comportava da mancino puro”.

FOTOGALLERY (visione sconsigliata ad un pubblico sensibile)


Un’autopsia “infame”
Armando Spataro basa la sua teoria che Attilio “non subì alcuna violenza” sulle consulenze medico-legali che circoscrivono la morte di Attilio Manca all’interno di un mero decesso per droga. A rispondergli - seppur indirettamente - è il vicepresidente della Commissione antimafia, Luigi Gaetti di professione anatomopatologo. “Io ho fatto 2.500 autopsie nella mia vita - aveva esordito il senatore 5 Stelle Gaetti alla seduta del 9 aprile 2015 -, ragion per cui di queste cose me ne intendo. Io, nella mia vita, ho collaborato con il procuratore di Mantova e perizie o richieste suppletive non ne ho mai avute, perché era sufficiente scrivere una perizia fatta bene, nel qual caso non c'era bisogno di tornare sui propri passi. In merito posso dire che la perizia che ha fatto la collega - dovrei chiamarla collega, ma mi fa un po’ specie chiamarla così - Ranalletta (Dalila Ranalletta, ndr) è veramente infame. Non saprei come definirla in maniera diversa. (…) Io mi domando perché una perita di questo tipo non sia stata indagata da voi. Io la indagherei, perché questa è imperizia. Questa non è neanche negligenza. È imperizia allo stato puro”.

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Quell’esame tricologico (a dir poco anomalo)
Per rafforzare il proprio teorema Spataro cita l’esame tricologico effettuato sul capello di Attilio Manca secondo il quale il giovane urologo sarebbe stato un “assuntore non occasionale di eroina”. Nell’interrogazione parlamentare presentata nel 2014 da un gruppo di parlamentari 5 Stelle veniva rimarcata la gravità della “comparsa, a un anno e mezzo dalla morte di Attilio Manca, di un esame tricologico (si tratta dell’analisi effettuata su un campione di capello della vittima, per stabilire pregresse assunzioni di stupefacenti)”. “Appare quantomeno singolare – scrivevano i parlamentari – che un ‘esame irripetibile’ come questo emerga un anno e mezzo dopo, senza che al legale dei familiari della vittima, né agli stessi familiari, nel frattempo, venga notificato (a loro dire) un atto di importanza fondamentale come questo”. Sul punto specifico era stato Fabio Repici, legale della famiglia Manca assieme ad Antonio Ingroia, ad illustrare minuziosamente le gravissime anomalie relative a questo esame. “Quando venne rinvenuto il cadavere di Attilio Manca – aveva spiegato Repici –, il Pm dr. Petroselli conferì incarico di consulenza tecnica alla dr.ssa Ranalletta per l’espletamento dell’autopsia e al dr. Centini per l’analisi chimico-tossicologica in relazione all’assunzione di eroina, di tranquillante e di sostanze alcoliche. Sia l’autopsia sia l’analisi chimico-tossicologica vennero concluse con separate relazioni a firma della dr.ssa Ranalletta e del dr. Centini. Quando il dr. Petroselli avanzò la prima richiesta di archiviazione del procedimento, ancora iscritto contro ignoti, con l’atto di opposizione lamentammo l’imbarazzante lacuna dell’autopsia in relazione alla data e all’ora della morte di Attilio Manca e chiedemmo che il Gip ordinasse al Pm di disporre un’integrazione della relazione autoptica per stabilire: la data e dell’ora della morte di Attilio Manca; l’incidenza del Tranquirit nel decesso, con l’indicazione anche delle modalità di assunzione dello stesso, se per via orale o per endovena; la distanza di tempo fra l’assunzione delle sostanze letali e la morte di Attilio Manca e le cause dell’emorragia patita da Attilio Manca in punto di morte. Il Gip accolse le nostre richieste, che evidentemente non erano per nulla balzane. Il dr. Petroselli a quel punto chiese alla dr.ssa Ranalletta di integrare la sua relazione autoptica. In relazione all’incidenza del Tranquirit (il tranquillante del quale furono trovati in casa di Attilio un flacone completamente vuoto e uno vuoto per metà) il dr. Petroselli girò il quesito al tossicologo, il dr. Centini. Come ognuno può leggere non c’era alcunché che evocasse esami tricologici o affini. Del supplemento di indagini ordinato dal dr. Petroselli noi avemmo contezza solo quando il Pm propose la seconda richiesta di archiviazione. In quel momento leggemmo che la relazione integrativa del dr. Centini, che doveva trattare esclusivamente dell’incidenza del Tranquirit quale concausa della morte di Attilio Manca, si concludeva oscuramente e sorprendentemente, fuori dai quesiti rivoltigli, con la comunicazione che egli aveva svolto (non si sa quando, non si sa come, nulla sul punto era indicato) l’esame pilifero su reperti biologici di Attilio Manca ancora evidentemente in suo possesso (pur se il primo incarico l’aveva concluso da abbondante tempo). Ora, solitamente i consulenti tecnici rispondono ai quesiti che vengono loro posti dai magistrati. Qui il quesito era: qual è l’incidenza del Tranquirit? La risposta fu: dall’esame pilifero risulta un pregresso uso di sostanze stupefacenti da parte di Attilio Manca. Sennonché, l’esame tricologico è un accertamento tecnico irripetibile, cosicché perché venisse fatto sarebbe stato necessario darne preventiva comunicazione alle parti e consentire alle stesse di nominare un proprio consulente e seguire le operazioni. Nulla di ciò venne fatto. Anzi, peggio: non esiste alcuna documentazione che attesti che il dr. Centini quell’esame lo svolse davvero. Anche ove il Pm avesse pensato di fargli svolgere una consulenza tecnica fuori dai casi di irreperibilità (e qui il Pm nulla gli aveva chiesto al riguardo) o anche se il dr. Centini si fosse autonominato consulente tecnico per svolgere (in aggiunta a ciò che gli era stato chiesto) anche l’esame tricologico, dovrebbero esistere i verbali delle operazioni, perché si possa sapere quando e con quali tecniche esse sarebbero state svolte. Agli atti non esiste nulla di tutto questo. Esiste solo quella stravagante conclusione della relazione integrativa del dr. Centini”.

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Angela e Gianluca Manca con i loro avvocati Antonio Ingroia e Fabio Repici © tusciaweb


Le testimonianze degli indagati
Per avallare l’ipotesi di Attilio Manca tossicodipendente, Spataro cita quindi i tre amici del giovane urologo che “con lui da anni assuntori di droga, lo hanno confermato”. Seguendo il suo ragionamento sembra di rileggere alcuni stralci della richiesta di archiviazione della Procura di Viterbo nei confronti di Ugo Manca (cugino di Attilio, condannato in primo grado per droga e poi assolto in via definitiva, le cui impronte sono state ritrovate nel bagno dell’appartamento di Attilio Manca, ndr), Lorenzo Mondello, Andrea Pirri, Angelo Porcino e Salvatore Fugazzotto all’epoca indagati per la morte di Attilio Manca. Per i cinque barcellonesi era poi sopraggiunta l’archiviazione il 26 luglio 2013. E’ lo stesso Repici a ricordarci che in quell’anno la Procura di Viterbo – proprio per chiedere l’archiviazione della posizione dei cinque indagati – aveva utilizzato “le dichiarazioni, raccolte aliunde, di soggetti barcellonesi”. Quegli stessi che a distanza di anni giurano sulla tossicodipendenza “abituale” dell’urologo barcellonese. “Non solo – aveva specificato Repici –. Fra i soggetti le cui dichiarazioni sono state utilizzate per la richiesta di archiviazione c’è perfino Salvatore Fugazzotto, persona sottoposta a indagini nel presente procedimento le cui dichiarazioni, rese quale persona informata sui fatti, sono state ritenute utili per l’archiviazione. Un caso unico di indagato che fa pure da testimone a propria discolpa”. “Ecco che viene testimoniato che Attilio Manca in passato era stato assuntore di eroina e che aveva spesso provveduto a iniettarsela giusto con la mano destra – aveva scritto Repici nell’opposizione alla richiesta di archiviazione –. A casa di Attilio Manca non era stata rinvenuta traccia alcuna degli strumenti usati per la preparazione della droga da iniettarsi? Ecco che viene testimoniato (da parte di Salvatore Fugazzotto, ndr) che Attilio Manca ‘dopo aver sciolto l’eroina ripuliva il tutto non lasciando traccia. A volte, quando riempiva più siringhe, le utilizzava per ulteriori somministrazioni, anche nell’arco della stessa serata’. Laddove, anche ammesso che Attilio Manca avesse questo strano riflesso pavloviano, nell’occasione della sua morte non si capisce dove sarebbero andati a finire gli strumenti utilizzati per lo scioglimento dell’eroina, visto che non ne è rimasta traccia nemmeno nel secchio della spazzatura. Forse Attilio Manca, per ragioni prudenziali, prima di iniettarsi la droga e uccidersi, aveva ben pensato di andare a gettare fuori di casa quegli strumenti?”. Per Repici la valutazione che la Procura di Viterbo avrebbe dovuto fare degli atti ricevuti sarebbe dovuta essere quella di “dichiarazioni mendaci finalizzate a far ottenere l’archiviazione del procedimento agli indagati barcellonesi del presente procedimento. Sostanzialmente, attività di favoreggiamento a beneficio degli indagati barcellonesi. Invece, ne ha tratto le conclusioni inverse, esaltandone la rilevanza e la fondatezza”. Il legale dei Manca aveva parlato di “una gaffe madornale”, e questo “non solo perché a beneficio dell’indagato Salvatore Fugazzotto ha utilizzato le dichiarazioni testimoniali dello stesso Salvatore Fugazzotto, non solo perché a beneficio degli indagati barcellonesi ha utilizzato le dichiarazioni del loro amico Guido Ginebri (amico soprattutto di Ugo Manca, come già risultava dei frenetici contatti telefonici intervenuti tra i due il giorno del rinvenimento del cadavere di Attilio Manca)”. “Le dichiarazioni rese da Lelio Coppolino (secondo il quale Attilio Manca era un tossico abituale, ndr) – aveva sottolineato Repici –, ritenute così rilevanti, sono le dichiarazioni di un soggetto che è tanto attendibile da essere stato rinviato a giudizio, su richiesta della Dda di Messina, per il delitto di falsa testimonianza in relazione al delitto più eclatante della storia barcellonese, l’assassinio dell’eroico giornalista Beppe Alfano.

provenzano arresto 610

Palermo 2006. L'arresto del superlatitante Bernardo Provenzano


Ipotesi Provenzano? Macché.
Spataro sottolinea l’assenza di un “benché minimo riscontro alla presenza del Manca a Marsiglia, del tutto negata dai medici francesi sentiti come testi”. Ma dell’ipotesi che Attilio Manca abbia potuto visitare Bernardo Provenzano prima o dopo il suo intervento in Francia ne vogliamo parlare? Il primo che avrebbe citato l’allora capo di Cosa Nostra coinvolto nella morte di Attilio Manca è Vittorio Coppolino padre di quel Lelio Coppolino indagato per falsa testimonianza nell’inchiesta sull’omicidio di Beppe Alfano. Secondo la testimonianza della madre del giovane urologo, Angela Manca, una settimana dopo la morte del medico siciliano (quando ancora nessuno, compresi i magistrati, era a conoscenza dell'operazione di Provenzano a Marsiglia) Vittorio Coppolino avrebbe detto ai genitori del dottor Manca: “Siete sicuri che Attilio non sia stato ucciso perché ha operato Provenzano?." Dal canto suo lo stesso Coppolino ha sempre negato di essersi rivolto ai coniugi Manca con quelle precise parole. E’ così irrazionale l’ipotesi che Attilio Manca abbia potuto confidare qualcosa al suo vecchio amico Lelio e che quest’ultimo lo abbia riferito al proprio padre? Coppolino jr, così come ricorda l’interrogazione parlamentare dei 5 Stelle, “prima smentisce ‘categoricamente’ la tossicodipendenza di Attilio Manca e diversi anni dopo la afferma con decisione, senza che gli inquirenti si pongano il perché di tali ritrattazioni”. Dettagli evidentemente del tutto irrilevanti per il dott. Spataro. Per il quale ugualmente non valgono nulla le intercettazioni ambientali di Vincenza Bisognano (sorella dell’ex boss Carmelo Bisognano) dalle quali emergeva che Attilio Manca sarebbe stato ucciso perché avrebbe riconosciuto Provenzano. Probabilmente a Spataro non interessa nemmeno quella nota della Squadra Mobile di Viterbo che attestava il falso e cioé che nei giorni in cui Provenzano si trovava in Francia Attilio Manca era il servizio al “Belcolle”. Al procuratore di Torino tanto meno interessano quelle telefonate del dott. Manca scomparse dai tabulati. Per non parlare delle dichiarazioni di quattro collaboratori di giustizia. La prima vittima di questo caso – così come in troppi misteri italiani – è sempre la stessa: la verità. Ed è ancora più grave ed intollerabile se tra i responsabili vi siano dei magistrati.

Fonte: Suicidate Attilio Manca

Info:www.attiliomanca.it

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