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dia c dlv 610di Miriam Cuccu
La relazione della Dia sulle ramificazioni delle cosche calabresi: un business che avanza

Unitaria, verticistica e con una direttiva segreta dell’organizzazione. E’ così che la relazione della Dia, riferita al secondo semestre del 2016, descrive la ‘Ndrangheta, delineata dalle sentenze “Crimine” e “Mammasantissima”. La prima, infatti, ne sottolinea l’unitarietà sia sotto il profilo organizzativo che sul piano propriamente decisionale, mentre la seconda getta luce sui suoi livelli più occulti. Ed ecco che viene tracciata la fisionomia di un’organizzazione di tipo mafioso, segreta, fortemente strutturata su base territoriale, articolata su più livelli, provvista di organismi di vertice e allo stesso tempo ramificata nella società calabrese e non solo.
“Ciò che emerge, in particolare, - si legge nella sentenza “Crimine” - è che l’organismo sovraordinato ha come compito primario quello della prevenzione e risoluzione di conflitti (fatto assai frequente nei contesti associativi come quello investigato, per pacifica acquisizione storica e giudiziaria) sorti all’interno delle realtà territoriali”.
Dal canto suo, “Mammasantissima” ha posto l’accento sui rapporti “istituzionali” dell’organizzazione, perseguendo una unitarietà ed un verticismo funzionale anche, e soprattutto, a perseguire strategie affaristiche complesse, di lungo periodo, che non possono prescindere dalle “relazioni istituzionali”, e per questo tali da richiedere la costituzione di una “…componente apicale segreta o riservata …chiamata a svolgere funzioni di direzione strategica … caratterizzata da regole speciali … dotata di poteri deliberativi, nell’ambito di una strutturazione di moderna concezione in grado di garantire l’impermeabilità informativa, l’agilità operativa, il proficuo perseguimento degli scopi programmati e la continua interrelazione con gli ulteriori soggetti inseriti nel medesimo contesto criminale, a questo collegati o contigui…”. La componente apicale segreta ha permesso, infatti, alla ‘Ndrangheta, attraverso la condivisione di comuni obiettivi con la cosiddetta “area grigia”, di poter manovrare ingenti capitali e di praticare una sistematica opera corruttiva, tale da influenzare le scelte amministrative e acquisire consistenti risorse pubbliche.
Con particolare rilevanza emerge il capitolo della corruzione, che in Calabria, secondo un recente studio, “si compone di diversi aspetti, come la concussione, il favoritismo, etc., a cui si aggiungono le minacce e le intimidazioni a politici, amministratori ed al personale della Pubblica Amministrazione che possono costituire un reato-spia della diffusione delle pratiche di alterazione e distorsione della spesa pubblica”.
Si tratta, dunque, di un’organizzazione mafiosa versatile, opportunista, affarista, oggi proiettata all’accumulazione rapida della ricchezza con operatività diversificate, che, conscia di poter manovrare ingenti capitali ed influenzare le scelte amministrative ha molto attenuato, soprattutto fuori dai territori d’elezione, le tradizionali manifestazioni violente di potere per acquisire il predominio militare del territorio. Si assiste, così, ad una strategia di azione basata, specie fuori regione e all’estero, essenzialmente sul “coinvolgimento”. Non sono mancate, infatti, conferme sulle forme di collaborazione affaristico-criminale tra le cosche, i clan camorristici e le famiglie di Cosa nostra. Un “coinvolgimento” che vede partecipi, ancora una volta, le donne con ruoli di spessore.

Presenza radicata lungo tutto lo stivale
Anche in questo semestre la forza operativa delle cosche sul territorio è risultata direttamente proporzionale alla capacità di radicare, nel tempo, la propria presenza. Tra i segnali più importanti raccolti, evidenzia la Dia, c’è l’esistenza di una nuova locale in Piemonte: quella di Santhià (CV), diretta emanazione della cosca Raso-Gullace-Albanese.
In Liguria, così come in Lombardia, le locali si sarebbero dotate di strutture intermedie di coordinamento con la casa madre reggina (il “Crimine di Polsi”), la cosiddetta “Camera di controllo”, e con l’omologa struttura ultra nazionale attiva in Costa Azzurra, denominata “Camera di passaggio”. Di grande importanza resta per la ‘Ndrangheta lo scalo portuale di Genova, che, a livello nazionale e dopo il porto calabrese di Gioia Tauro, continua ad essere tra i principali crocevia del traffico internazionale di stupefacenti.
In Veneto sono state rilevate qualificate presenze di soggetti ‘ndranghetisti su Padova, nell’ovest veronese e nel basso vicentino, riconducibili ad aggregati criminali di Delianuova, Filadelfia, Africo Nuovo e Cutro (soggetti referenti della ‘ndrina Grande Aracri); mentre in Friuli gli interessi delle cosche spaziano dal settore edile, estrattivo e del trasporto in conto terzi, fino all’industria meccanica.
La creazione di un “tessuto connettivo” è la capacità maggiormente messa in campo dalla ‘Ndrangheta in Emilia Romagna, secondo l’inchiesta “Aemilia” già al centro delle precedenti relazioni. Particolare attenzione la Dia la pone sulla presenza mafiosa in Abruzzo e Molise, in quanto i segnali già raccolti nelle precedenti relazioni - si legge - sono diventati importanti tessere del mosaico espansionistico della ‘Ndrangheta verso regioni solo all’apparenza meno “appetibili”. Il Lazio si conferma un territorio sempre strategico per le cosche, che sul territorio nel mantenere comunque i contatti con le famiglie d’origine rappresentano una “testa di ponte” per il conseguimento di affari illeciti.
Scendendo lungo lo stivale, in Campania si registrano attività condotte dai clan reggini Molè, Piromalli, Alvaro e Crea per l’importazione di cocaina, mentre in Sicilia emerge come la ‘Ndrangheta operi, specie per la realizzazione di obiettivi affaristico-criminali, in un sistema integrato con Cosa nostra e Camorra, pur mantenendo, ciascuna, caratteristiche proprie.

Il traffico di droga sulla “rotta atlantica”
Anche all’estero la ‘Ndrangheta si conferma come l’organizzazione che più di altre riproduce strutture criminali simili a quelle delle zone di origine, interpretando i territori oltre confine come aree da colonizzare prima di tutto sotto il profilo economico, o come basi logistiche per i grandi traffici di stupefacenti. Quanto al settore delle droghe, afferma la Dia, la “rotta atlantica” si conferma il principale canale utilizzato dalla ‘Ndrangheta per l’importazione di cocaina, che dai Paesi del Sud America viene fatta triangolare nei porti dell’America centrale o del nord Africa, per poi arrivare in Europa mimetizzata tra la merce stipata nei container.
Il porto di Gioia Tauro, si legge nella relazione, si conferma la principale struttura di riferimento delle cosche sul territorio nazionale. Quanto, invece, al riciclaggio di denaro – in larga parte alimentato proprio con le risorse derivanti dal traffico di stupefacenti – le indagini del semestre evidenziano un rinnovato interesse per i Paesi dell’Est Europa, con particolare riferimento alla Romania, utilizzata sia per investire capitali in progetti immobiliari, sia per drenare risorse dal territorio nazionale verso società del posto, costituite in modo da ostacolare l’azione repressiva della magistratura.
In Canada è stata inoltre evidenziata l’esistenza di un organismo di vertice dell’organizzazione nella città di Toronto (area di Woodbridge) oltre all’operatività di diverse locali, tra cui quella di Thunder Bay nell’Ontario, e importanti insediamenti vengono segnalati anche a Montreal. Da diversi anni, evidenzia la relazione, è in corso un sovvertimento degli equilibri di forza a favore della ‘Ndrangheta, che si starebbe sostituendo ai rivali siciliani proprio nel controllo del traffico e dello spaccio di stupefacenti.
A proposito del traffico di droga, anche nel secondo semestre del 2016 non sono mancati riscontri sugli stretti legami instaurati con i narcotrafficanti del centro e del sud America. In Colombia, Costa Rica, Repubblica Dominicana, Brasile, Venezuela e Guyana le cosche avrebbero realizzato basi logistiche e strutture operative per consentire un rapido e continuo approvvigionamento di cocaina, con il porto di Gioia Tauro che continua ad affermarsi tra gli hub di riferimento per lo smistamento della droga sul Vecchio Continente. Da non trascurare, conclude la relazione, le possibili ripercussioni sul mercato della cocaina che potrebbero derivare dall’accordo di pace siglato, a novembre 2016, tra il governo colombiano e le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia.

Foto © DLV

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