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ingroia c federico bittiL’anticipazione del legale dei familiari del giovane urologo siciliano ucciso nel 2004
di Lorenzo Baldo

Palermo. “La procura di Roma si appresta – non lo ha ancora formalizzato – a richiedere l’archiviazione in merito alle indagini sull’omicidio di Attilio Manca. Lo dico fin d’ora: noi faremo opposizione contro questa richiesta di archiviazione. Non si può mettere una pietra tombale sull’indagine di Attilio Manca. Sono convinto - ci sono anche le prove - che Manca è stato ucciso dall’apparato mafioso istituzionale che ha coperto la latitanza di Bernardo Provenzano prima del suo arresto! Per anni c’era chi aveva interesse a coprirne la latitanza perché Provenzano era il garante mafioso della trattativa Stato mafia. Questa è la verità! E’ possibile che non si sia trovato un ufficio giudiziario che si sia appassionato alla ricerca della verità? Neppure la procura nazionale antimafia a cui avevamo depositato un esposto... la speranza ora è rivolta a Nino Di Matteo”. L’anticipazione arriva come un acquazzone estivo. Le parole amplificate nell’atrio di Giurisprudenza durante l’incontro “In che Stato è la mafia?” sono quelle di Antonio Ingroia, che, assieme a Fabio Repici, difende la famiglia Manca. Nessuna sorpresa. Solamente l’amarezza, il dolore e la rabbia nei confronti di quella che appare come una non volontà ad andare fino in fondo in questo mistero.

30.000 firme ignorate
Che ne sarà delle oltre 30.000 firme confluite nella petizione popolare che conteneva un appello ben preciso: non archiviate l’inchiesta sulla morte di Attilio Manca? Era questa la richiesta accorata della famiglia Manca al Procuratore di Roma Giuseppe Pignatone, al Procuratore aggiunto Michele Prestipino e al sostituto procuratore Maria Cristina Palaia. Dal 14 aprile scorso sulla piattaforma change.org e sul sito antimafiaduemila.com erano rimbalzate forti le parole di Angelina, Gino e Luca Manca. Nell’arco di poche settimane la petizione è stata sottoscritta da oltre 30.000 persone. Importanti personalità del mondo dell’antimafia, della politica, della cultura e dell’arte hanno firmato con convinzione: da don Ciotti a Salvatore Borsellino, da Klaus Davi a Fiorella Mannoia, da Luigi Di Maio a Claudio Fava, da Marco Travaglio a Gianni Minà, da Vincenzo Agostino a Giulietto Chiesa e tantissimi altri. Tutti uniti per chiedere alla Procura di Roma di portare avanti le indagini per “omicidio volontario” a danno di Attilio Manca. Un fascicolo – contro ignoti – aperto più di un anno fa sul quale era calato un pericoloso silenzio. Che, a distanza di alcuni mesi, si trasforma quindi in una richiesta di archiviazione.

Sentenze vergognose e indagini che si chiudono
Per la procura di Viterbo Attilio Manca sarebbe morto per essersi iniettato volontariamente due dosi fatali di eroina nel braccio sbagliato. Lo scorso 29 marzo il Tribunale di Viterbo ha emesso la sentenza di condanna a 5 anni e 4 mesi nei confronti della cinquantenne romana Monica Mileti accusata di avere ceduto la droga al giovane urologo siciliano. Per gli uffici giudiziari di Viterbo il caso Manca è quindi chiuso. Ma il fascicolo di Roma diceva tutt’altra cosa. All’interno del faldone vi erano, tra l’altro, le testimonianze di quattro collaboratori di giustizia che, a vario titolo, circoscrivono la morte di Attilio Manca all’interno di un disegno criminoso dove si muovono: mafia, Servizi segreti “deviati” e massoneria. Partiamo dall’ultimo pentito. Giuseppe Campo, un ex picciotto della provincia di Messina, ha raccontato recentemente agli investigatori ed ai legali della famiglia Manca di essere stato incaricato lui stesso, a dicembre del 2003, di uccidere Attilio Manca, da un boss del messinese (Umberto Beneduce, indicato da alcuni rapporti di polizia come contiguo ad ambienti mafiosi barcellonesi, condannato in primo grado per droga nel maxi processo “Mare Nostrum” assieme al cugino di Attilio Manca, Ugo, entrambi assolti in via definitiva, ndr). Dopo un paio di mesi da quel primo incontro, all’ex picciotto sarebbe stato stato confidato che il giovane urologo siciliano era già stato ucciso a Viterbo e che tra i tre killer ci sarebbe stato anche Ugo Manca. Le dichiarazioni di Campo si aggiungono a quelle dell’ex boss dei Casalesi Giuseppe Setola (che per paura di ritorsioni poi ha ritrattato), a quelle dell’ex sodale di Provenzano, Stefano Lo Verso e infine alle affermazioni del collaboratore di giustizia Carmelo D’Amico. Quest’ultimo nel 2015 ha rivelato agli inquirenti di essere stato messo a conoscenza del progetto omicidiario nei confronti di Attilio Manca a cui avrebbero preso parte esponenti di Cosa Nostra, apparati dei Servizi di sicurezza “deviati” in contatto con esponenti della massoneria. L’inchiesta romana è basata sull’esposto dei legali della famiglia Manca in cui, al di là delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, vengono evidenziati determinati dati oggettivi che portano ad escludere definitivamente la tesi del suicidio a base di droga. Veri e propri buchi neri che sovrastano la morte di questo brillante medico siciliano: il mancinismo puro di Attilio Manca e l’inesistenza di una sua eventuale tossicodipendenza; l’assenza delle impronte digitali di Attilio Manca sulle due siringhe ritrovate nel suo appartamento; le eloquenti immagini del cadavere di Attilio Manca poco conforme ad una morte per overdose; la mancanza di prove della cessione di eroina da parte di Monica Mileti; la nota della Squadra mobile Viterbo che attesta un dato non veritiero e cioé che Attilio Manca era in servizio all’ospedale Belcolle di Viterbo nei giorni in cui Provenzano si trovava a Marsiglia. Non è così: dai registri del nosocomio risulta che nei giorni di fine ottobre 2003 in cui Provenzano veniva operato in Francia, Attilio Manca non era in servizio (l’ex capo della squadra Mobile di Viterbo, Salvatore Gava, è stato successivamente condannato in via definitiva a 3 anni per un falso verbale alla scuola Diaz durante il G8 di Genova); l’intercettazione ambientale del 2007 tra Vincenza Bisognano, sorella del boss Carmelo (poi pentito), ed altre persone in cui si parla di Attilio Manca che sarebbe stato ucciso perché aveva riconosciuto Bernardo Provenzano, la stessa Bisognano aveva aggiunto che in molti sapevano che il boss, durante la sua latitanza, si era nascosto anche nel territorio di Barcellona Pozzo di Gotto; il vuoto investigativo in merito a determinati personaggi di Barcellona Pozzo di Gotto che prima ancora che uscissero le notizie dell’operazione in Francia di Bernardo Provenzano, avevano già ipotizzato alla famiglia Manca che la morte del loro congiunto sarebbe stata collegata ad una visita medica che Attilio Manca avrebbe effettuato al capo di Cosa Nostra; la scomparsa dai tabulati telefonici di alcune telefonate di Attilio Manca ai suoi genitori negli ultimi giorni del mese di ottobre del 2003 (nel periodo in cui Provenzano veniva operato in Francia) così come l’11 febbraio 2004, il giorno prima che Attilio Manca venisse ritrovato morto e infine il vuoto investigativo sulla giornata di Attilio Manca dell’11 febbraio 2004, quel giorno il giovane urologo aveva interrotto misteriosamente i rapporti con tutti, non aveva disdetto due importanti appuntamenti e non aveva più risposto al telefono. Che altro serve per pretendere che la magistratura faccia il suo dovere?

Quel muro di gomma
Rileggendo quelle che appaiono come “prove” dell’omicidio di Attilio Manca – che andavano approfondite e sulle quali invece sta calando la spada di Damocle della richiesta di archiviazione – ci si rende conto dello stato in cui versa la giustizia nel nostro Paese. I familiari di Attilio si ostinano a implorare la verità per restituire dignità al proprio congiunto? Il loro grido sbatte contro un muro di gomma che in questi anni è stato eretto per proteggere i tanti misteri d’Italia: dalle stragi degli ultimi 50 anni, passando per gli omicidi di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. E l’elenco potrebbe continuare con i casi meno “famosi”, ma non per questo meno importanti. Al telefono Angelina è sconfortata, svuotata, disillusa; se da un lato se l’aspettava, non riesce ad arrendersi all’idea di morire senza avere verità e giustizia per suo figlio. In attesa dell’ufficializzazione della richiesta di archiviazione e della relativa opposizione dei legali dei Manca non resta che stringersi attorno a questi due anziani genitori, e al fratello di Attilio, Gianluca, per sostenerli in questa estenuante battaglia di civiltà. Che non può e non deve essere interrotta da qualsivoglia inerzia investigativa.
Oggi è il compleanno di Gino Manca, peggior regalo non gli poteva essere fatto.

Primi firmatari della petizione contro l’archiviazione del caso Manca:
Don Luigi Ciotti - presidente di “Libera”
Salvatore Borsellino - fondatore del movimento “Agende Rosse”
Redazione “ANTIMAFIADuemila”
Sabina Guzzanti - attrice e regista
Leoluca Orlando - sindaco di Palermo
Renato Accorinti - sindaco di Messina
Luigi de Magistris - sindaco di Napoli
Marco Travaglio - direttore del “Fatto Quotidiano”
Simone Maurelli - urologo presso l’ospedale “Belcolle” di Viterbo, ex collega di Attilio Manca
Domenico Luigi Paternico - dirigente medico Chirurgia Generale presso Azienda Ospedaliera di Melegnano (Mi), ex collega di Attilio Manca
Antonio Caporaso - medico chirurgo specialista in ortopedia presso Clinica Santa Rita Benevento, ex collega di Attilio Manca
Franco Di Giacinto - ex collega di Attilio Manca, attualmente in pensione
Letizia Battaglia - fotografa
Fiorella Mannoia - cantante
Sandro Ruotolo - giornalista
Giulio Cavalli - attore e regista
Anna Vinci - scrittrice, biografa di Tina Anselmi
Annalisa Insardà - attrice e autrice
Paolo Flores D’Arcais - direttore di “MicroMega”
Maurizio Marchetti - attore
Riccardo Orioles - giornalista
Antonio Grosso - attore
Ferdinando Imposimato - ex magistrato
Giuseppe Lo Bianco - giornalista
Marcello Minasi - ex magistrato
Luigi Di Maio - deputato, vicepresidente Camera dei deputati
Claudio Fava - deputato, vicepresidente Commissione parlamentare antimafia
Luigi Gaetti - senatore, vicepresidente Commissione parlamentare antimafia
Giulia Sarti - deputata, componente Commissione parlamentare antimafia
Francesco D’Uva - deputato, componente Commissione parlamentare antimafia
Paolo Bolognesi - deputato, componente Commissione parlamentare sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro, presidente associazione familiari vittime strage di Bologna
Mario Michele Giarrusso - senatore, componente Commissione parlamentare antimafia
Maurizio Santangelo - senatore, vicepresidente della commissione Difesa del Senato
Davide Mattiello - deputato, componente Commissione parlamentare antimafia
Rosanna Scopelliti - deputata, componente Commissione parlamentare antimafia  
Giuseppe Civati - deputato, componente X Commissione (Attività produttive, commercio e turismo)
Giuseppe Lumia - senatore, componente Commissione parlamentare antimafia
Alessandro Di Battista - deputato, componente del Comitato permanente sulla riforma delle strutture istituzionali della politica estera dell’Italia
Barbara Lezzi - senatrice, componente 5ª Commissione permanente (Bilancio)
Giovanni Cuperlo - Deputato, componente I Commissione (Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni)
Neri Marcorè - attore
Daniela Tornatore - giornalista
Maurizio Bologna - attore
Gaetano Porcasi - pittore
Marco Ligabue - cantante
Paolo Borrometi - giornalista
Alfio Caruso - scrittore
Loris Mazzetti - giornalista
Shobha - fotografa
Salvatore Ficarra e Valentino Picone - comici
Graziella Proto - direttrice “Casablanca”
Nando dalla Chiesa - scrittore e sociologo
Gianni Biondillo - scrittore
Don Giacomo Panizza - fondatore “Progetto Sud”
Concita De Gregorio - giornalista e scrittrice
Luciano Armeli Iapichino - scrittore
Klaus Davi - massmediologo
Petra Reski - giornalista e scrittrice
Piera Aiello - testimone di giustizia
Ignazio Cutrò - testimone di giustizia
Stefania Limiti - giornalista e scrittrice
Pietro Orsatti - giornalista e scrittore
Maurizio Torrealta - giornalista e scrittore
Vincenzo Agostino e Augusta Schiera - genitori del poliziotto ucciso dalla mafia Nino Agostino
Flora Agostino - sorella di Nino Agostino, referente regionale della Memoria-Libera
Gianni Minà - giornalista e scrittore
Asmae Dachan - giornalista
Andrea Braconi - giornalista
Giusi Traina - sorella del poliziotto Claudio Traina ucciso nella strage di via D’Amelio
Luciano Traina - fratello del poliziotto Claudio Traina ucciso nella strage di via D’Amelio
Silvia Resta - giornalista
Brizio Montinaro - fratello del poliziotto Antonio Montinaro ucciso nella strage di Capaci
Arnaldo Capezzuto - giornalista
Riccardo Castagneri - giornalista
Jacopo Fo - attore, scrittore e regista
Daniele Silvestri - cantante
David Gentili - presidente della Commissione antimafia del Comune di Milano
Giuseppe Giordano - ex ispettore di Polizia
Jole Garuti - direttrice del Centro studi Saveria Antiochia Osservatorio antimafia
Lorenzo Frigerio - Coordinatore Fondazione "Libera Informazione"
Joan Queralt Domenech - scrittore
Gianluca Tavarelli - regista
Lara Cardella - scrittrice
Andrea Cereser - sindaco di San Donà di Piave (Ve)
Walter Molino - giornalista e scrittore
Associazione "Addiopizzo" - movimento antimafia
Franco Nicastro - giornalista
Enzo Guidotto - Presidente dell'osservatorio veneto sulle mafie
Jenny Campagna - nipote di Graziella Campagna, vittima di mafia
Piero Campagna - fratello di Graziella Campagna, vittima di mafia
Lina La Mattina - poetessa
Costanza Cipollaro - storica dell'arte, Università di Vienna
Don Marcello Cozzi - Vicepresidente nazionale Libera
Pupi Avati - regista
Mara Filippi Morrione - portavoce dell'Associazione Amici di Roberto Morrione, vedova di Roberto Morrione, ex direttore di Rainews24, fondatore di "Liberainformazione"
Tindaro Bellinvia - giornalista, vicepresidente del laboratorio di ricerca socio-politica Migralab A. Sayad
Cleto Iafrate - direttore Laboratorio delle Idee Ficiesse
Cettina Merlino Parmaliana - farmacista, vedova di Adolfo Parmaliana, ricercatore e docente universitario
Mauro Faso - conduttore radiofonico per "L'altroparlante" ("Radio In" - Palermo)
Franco La Torre - storico, figlio di Pio La Torre, dirigente politico comunista ucciso dalla mafia
Domenica Isgrò - ex insegnante di Attilio Manca al Liceo classico "L. Valli" di Barcellona Pozzo di Gotto (Me)
Giulietto Chiesa - giornalista e scrittore, direttore di PandoraTv
Juan Alberto Rambaldo - giudice civile Santa Fe (Argentina)
Jorge Figueredo Corrales - pubblico ministero Villa Hayes (Paraguay)
Georges Almendras - giornalista (Uruguay)
Sofia Capizzi - presidente associazione antiracket "Liberi tutti" Barcellona Pozzo di Gotto (Me)
Andreina De Tomassi - giornalista, responsabile studi e ricerche Associazione culturale "Casa degli artisti"
Claudio Riolo - politologo, docente di Scienza politica all'Università di Palermo
Stefano De Barba - ex presidente "Associazione nazionale Amici di Attilio Manca"
Dyrsen Medina - figlia di Pablo Medina, giornalista del quotidiano ABC Color, assassinato dai narcos in Paraguay
Luisella Costamagna - giornalista
Don Terenzio Pastore - Provinciale dei Missionari del Preziosissimo Sangue

Foto © Federico Bitti

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