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carcere protocollo farfalla eff 2di Aaron Pettinari e Francesca Mondin
Dopo Arlacchi le deposizioni di Ierfone e Sinico
Per quasi mezz'ora il colonello Felice Ierfone, al processo trattativa Stato-mafia, ha parlato del misterioso Protocollo Farfalla, accordo siglato tra Dap e servizi che comportava lo scambio di informazioni sull'ambiente carcerario del 41bis. Un accordo tenuto nascosto per molti anni ed emerso per la prima volta nel 2006 a seguito di un'inchiesta giornalistica de “Il Manifesto”. “Sì ho sentito parlare solo dell'Operazione Farfalla, protocollo è una distorsione giornalistica” ha chiarito il colonnello.
L'idea di stabilire un'interlocuzione tra Aisi e Dap sarebbe stata proprio di Ierfone a seguito alle proteste carcerarie avvenute simultaneamente in diversi posti d'Italia: “Sono stato io ad avviare i rapporti e proporre quest'iniziativa - ha spiegato Ierfone - al fine di avere indicazioni dall’interno dei carceri per cercare di capire come mai esponenti della 'ndrangheta, di cosa nostra e della Camorra partecipassero simultaneamente a queste manifestazioni”. Di questa Operazione Farfalla, secondo il colonnello non esisteva un “documento in cui si consacrava un protocollo d’intesa” fra i due organi, però “all’interno del servizio sicuramente c’erano dei documenti classificati che facevano riferimento all’operazione” così come “c’era l’accordo dei vertici, Mori e Tinebra, affinché questo rapporto di collaborazione avvenisse”.
Il teste ha confermato che questi scambi di notizie tra carcere e servizi a volte non erano formalizzati e che per l'acquisizione di notizie ci si serviva anche di contatti con detenuti del 41bis attraverso agenti della polizia penitenziaria. “Non mi ricordo se mi fu detto ma io lo davo per scontato che fossero agenti della polizia penitenziaria - ha detto il teste - non so se del gom o di un altro reparto.” Addirittura “nel caso in cui fossero pervenute notizie importanti era chiaro che uno dei servizi avrebbe potuto conferire dei compensi in danaro - ha spiegato Ierfone - attraverso referenti esterni di questi soggetti che eventualmente fornivano notizie”.
Al fine di ottenere informazioni, ha confermato oggi in aula il teste, si arrivò perfino a consegnare una lista di detenuti al 41bis da contattare: “Sì fu consegnata al dottor Leopardi che era dirigente di un ufficio del Dap”.
L'operazione, ha spiegato Ierfone, “durò credo un anno perché appena ricevemmo le prime informazioni in relazione a omicidio di Onofrio Lucenti abbiano fatto una riflessione interna che ci faceva propendere per l'insostenibilità dell'operazione e l’abbiamo chiusa”.
A salire sul pretorio è stato anche il colonnello Umberto Sinico il quale, così come aveva fatto al processo Mori, ha parlato dell'incontro avuto mori mario coa Fossombrone con un informatore, il mafioso Girolamo D'Anna di Terrasini, che nel giugno 1992 riferì dei preparativi di un attentato contro Paolo Borsellino. Rispondendo alle domande dell'avvocato Milio ha riferito in merito agli incontro che Borsellino ebbe con Mori e De Donno: “Venne nei nostri uffici a piazza Massimo. Già c'erano Mori e De Donno e si riunirono all'interno dell'ufficio del comandante della sezione anticrimne. Prima solo il giudice e Mori, poi, dopo 20 minuti circa venne fatto entrare De Donno”. A suo dire l'oggetto dell'incontro era il rapporto mafia-appalti. E poi ha aggiunto: “Anche il colonnello Obinu, dopo la morte di Falcone ebbe degli incontri a Roma con Borsellino e in concomitanza di uno di questi mi chiamò per avere il cartaceo dei nostri rapporti giudiziari sul contesto generale degli appalti siciliani”.
Rispondendo alle domande del pm Di Matteo, Sinico ha detto di aver saputo il tema dell'incontro tra Borsellino e gli ufficiali del Ros direttamente da De Donnoprobabilmente subito dopo”.
Eppure di questo dettaglio non ha mai riferito prima. “Lei oggi ricorda questa circostanza di aver appreso subito da De Donno il tema dell'incontro - ha ribattuto Di Matteo in aula - E' stato sentito in più occasioni dall'autorità giudiziaria di Caltanissetta ed è anche stato sottoposto a confrotni. Perché questa circostanza sul 25 giugno non l'ha riferita subito?”. “Questa è una deduzione che ho fatto, non ho il ricordo preciso” ha risposto il teste. “Ma lei ha appena detto di aver saputo” ha replicato ancora Di Matteo. “Non mi fu mai chiesto. Se era importante mi sarebbe stato chiesto dai pm” ha ribadito nuovamente.
Eppure ai magistrati, ai tempi del Borsellino ter, senza che gli fosse chiesto nulla rilascò dichiarazioni sul fatto che la prima pattuglia intervenuta in via D'Amelio aveva notato il dottor Contrada allontanarsi da quella via. A riguardo era stata fata una relazione che poi sarebbe stata stracciata negli uffici della polizia di Palermo. Rispondendo alla domanda del Presidente della corte d'Assise, Alfredo Montalto, Sinico non ha potuto chiarire, però, se mafia-appalti sia stato oggetto dell'intero incontro o solo della fase in cui Borsellino era assieme a Mori e De Donno.
Si è conclusa così una prima fase dibattimentale. Il presidente Montalto ha rinviato il processo al prossimo 8 giugno quando saranno presentate tutte le richieste integrative di nuove prove. I pm hanno già annunciato il deposito di ulteriori atti integrativi di indagine mentre l'avvocato Milio ha già chiesto una perizia di un documento di Massimo Ciancimino.

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