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asta margherita effdi Francesca Mondin

Era la mattina del 2 aprile 1985 quando esplodeva un'autobomba sulla strada statale che attraversa Pizzolungo facendo saltare in aria Barbara Rizzo, 30 anni, assieme ai figli Giuseppe e Salvatore Asta, gemelli di 6 anni che proprio in quel momento si trovavano tra l'autobomba e la blindata del magistrato Carlo Palermo. L'attentato infatti doveva colpire lui ma per un disegno del destino inspiegabile la madre con i due figli face da scudo al magistrato salvandogli la vita. Una tragedia che, come molte in Italia, non ha ancora avuto risposte complete. La figlia di Barbara e sorella dei due gemelli, Margherita Asta, attivista da anni di Libera, ci racconta cosa significa dopo trentadue anni continuare a chiedere verità per poter riscrivere la storia e impegnarsi perchè certe cose non succedano più. 



Sono passati trentadue anni da quella terribile strage e ancora non è chiaro perché il magistrato Carlo Palermo dovesse essere ucciso, nel ’90 ci sono state le assoluzioni di tutti gli imputati del processo per la strage di Pizzolungo, poi alcune verità sono emerse grazie ai collaboratori di giustizia e Antonino Madonia è stato condannato come mandante ma la verità giudiziaria completa non c’è ancora, dove possiamo cercare le diverse responsabilità di questa mancata verità?

Nella sentenza di condanna di Antonino Madonia, come mandante della strage, i giudici parlano di intrinseca collusione con settori importanti dello Stato quindi sicuramente c’è una parte di verità, anche giuridica, che ancora non conosciamo, di questa come di altre terribili storie del nostro Paese. Forse per scrivere queste pagine di storia sarebbe opportuno mettere insieme i tanti tasselli su ciò che avvenne in quegli anni per arrivare ad una verità storica e spero anche giudiziaria.

asta gemelli dipinto

Barbara Rizzo, Giuseppe e Salvatore Asta in un dipinto


Quanto questa ricerca della verità è importante nella lotta alla mafia? è sufficiente?
Battersi perché la verità venga affermata, sia all’interno delle aule di giustizia che al di fuori, e quindi far emergere dove c'è stata questa strutturale collusione tra mafia e importanti settori dello Stato è sicuramente fondamentale. Allo stesso tempo però è importante lavorare per una rivoluzione culturale, altrimenti rischiamo di cadere nel qualunquismo e pensare che tutto è collusione e corruzione facendo proprio il gioco delle mafie. Sono due impegni che vanno di pari passo, da un lato la rivoluzione culturale permette di sollecitare e creare coscienza critica per fare poi scelte da cittadino responsabile, dall'altro lato la ricerca della verità permette di conoscere la vera storia del paese così da non ripetere gli stessi errori e scrivere pagine nuove.

Alla luce della sua testimonianza, come quella di altre persone vittime di mafia, dove la verità fatica così tanto ad emergere, che messaggio si può dare ai giovani?
Quello di camminare assieme per costruire il cambiamento. Noi adulti non ci possiamo aspettare nulla dai giovani, sarebbe sbagliato che noi fornissimo gli strumenti alle nuove generazioni per poi aspettare che siano loro a fare qualcosa, soltanto assieme si può scardinare quel sistema di corruzione e collusione che è determinato anche dal non essere protagonisti del proprio tempo e delle proprie scelte quotidiane. Tutti, adulti e giovani dobbiamo comprendere fino in fondo che la ricerca della scorciatoia e del facile guadagno ha sempre un prezzo che prima o poi verrà pagato.

asta giuseppe salvatore

I fratellini di Margherita, Giuseppe e Salvatore Asta


Nel libro “sola con te in un futuro aprile” lei si rivolge a Carlo Palermo con serenità e in parte gratitudine, nonostante quel giorno lui si sia salvato anche grazie al sacrificio involontario dei suoi famigliari...

Sì, provo molto rispetto per Carlo Palermo perché mentre a dieci anni davo a lui la colpa oggi ritengo che il problema fossero quelle persone che lo volevano morto. Vivere da condannato a morte con questo grande senso di colpa non deve essere facile. Comprendo tantissimo quello che prova e quindi provo grande ammirazione e rispetto per quest’uomo che non è stato ucciso fisicamente quella mattina del 2 aprile ma che porta su di sé le ferite fisiche e psicologiche di quell’attentato. Lui, come i suoi agenti di scorta: Rosario Maggio, Antonino Ruggirello, Salvatore La Porta e Raffaele Di Mercurio sono vittime tanto quanto mia madre e i miei fratelli.

Quello stesso terreno dove trentadue anni fa è stato il luogo di una tragedia ora è diventato un parco della memoria e della coscienza civile dedicato a Barbara, Giuseppe e Salvatore , cosa significa per lei quel terreno?

Finalmente da luogo di morte si è trasformato a luogo di vita. Vedere i bambini giocare dove purtroppo mia mamma e i miei fratelli sono stati uccisi è molto significativo e importante, inoltre se così il loro ricordo può servire a smuovere le coscienze e far riflettere forse il loro sacrificio non è stato vano.

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Margherita Asta insieme a Carlo Palermo ©
Peppe Aiello Blue service


Cosa significa fare memoria?

Memoria non deve essere un esercizio retorico ma si deve tradurre in un impegno quotidiano di atti concreti e scelte da attuare tutti i 365 giorni dell'anno. Il nostro agire deve essere in equilibrio perfetto tra cuore, sentimento, passione e mente e razionalità. Io ed altri famigliari delle vittime di mafia siamo impegnati con Libera a trasformare la memoria dei propri cari in voglia di riscatto e cambiamento e anche se raccontare la storia di mia madre e dei miei fratelli significa rivivere ogni volta quel terribile giorno, se può essere un contributo per questa società questo sacrificio lo faccio “volentieri”.

Ha potuto vedere un cambiamento, una attenzione diversa al problema mafia in questi anni?

Quello che voglio sottolineare è che finalmente a ricordare mia madre e i miei fratelli c’è molta gente che viene da tutta Italia per ricordare il sacrificio di una mamma e dei miei fratelli, cosa invece impensabile anni fa se si pensa che una volta è stata organizzata una degustazione di cioccolata ad Erice proprio il giorno dell’anniversario. Nonostante queste siano giornate di stanchezza psicologica, vedere tutte queste persone non mi fa più sentire sola e questo è molto importante.

Dopo trentadue anni pensa si possa ancora arrivare a conoscere tutta la verità su quel 2 aprile 1985?

Mi auguro di sì e non mi fermerò mai di chiedere e di cercare, assieme a Carlo Palermo, la verità se non giudiziaria almeno storica. Lo chiedo non solo come figlia e sorella ma anche come cittadina di un Paese che non deve essere democratico soltanto sulla carta.

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