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baldo manca torinodi Miriam Cuccu - Foto e Video all'interno!
Il presidente di Libera: “Non lasceremo sola la famiglia Manca”

La presentazione a Torino del libro “Suicidate Attilio Manca”“è una tappa dell'impegno collettivo necessario per restituirgli verità e giustizia”. Ne è convinto don Luigi Ciotti, che ha preso parte come relatore all'incontro, moderato dalla referente di LiberaFrancesca Rispoli, sul volume scritto dal vicedirettore di Antimafia Duemila Lorenzo Baldo ed edito da Imprimatur.
Un libro dove secondo don Ciotti, che ne firma la prefazione, “c'è tanta testa e tanto cuore” e un “sapiente dosaggio di empatia per poter 'entrare' nei documenti” ma anche “il saper restituire Attilio, il suo carattere e lo spessore umano attraverso le parole di amici e colleghi. Ci consegna la consapevolezza che porta ad essere responsabili, porta la voglia di lottare pur nella coscienza dei nostri limiti”. E sullo sfondo, aggiunge il fondatore di Libera, “omissioni, false piste d'indagine, certamente trattative inconfessabili e complicità di mafie e poteri corrotti, ma anche tanta massoneria”.


“Non siamo certi che Attilio Manca abbia operato alla prostata il boss Bernardo Provenzano – spiega Giorgio Bongiovanni, direttore di Antimafia Duemila, ricalcando una tesi verso la quale sempre più elementi sembrano convergere, così come le dichiarazioni di alcuni pentiti di mafia – ma certamente l'avrà visitato, e avrebbe potuto arrecare danno a coloro che accompagnavano Provenzano, forse uomini di Stato che coprivano la sua latitanza. Senza fare fantapolitica – riflette Bongiovanni – se oggi Attilio Manca fosse vivo e venisse chiamato a testimoniare al processo trattativa Stato-mafia sarebbe un testimone scomodo che avrebbe potuto parlare di uomini di Stato vicino a Provenzano”. La storia di Attilio Manca, urologo trovato morto 12 anni fa con varie ecchimosi sul corpo e due buchi al braccio sinistro, lui che era mancino puro, “ha molte zone d'ombra sulle quali la Procura di Viterbo non ha voluto investigare” evidenzia Baldo, parlando di una vera e propria “sciatteria giudiziaria”. “L'amore di Attilio per la vita – continua l'autore – è stato il primo campanello d'allarme che non si trattava di suicidio. In questo libro metto insieme molti pezzi. L'indagine ora è a Roma ma l'incognita è che finisca tutto con un'archiviazione” consegnando all'oblio i molti misteri ancora irrisolti.


“Il 70% delle famiglie di vittime innocenti delle mafie non conosce la verità – aggiunge don Ciotti – penso anche ad altri depistaggi, come quello di Peppino Impastato o don Giuseppe Diana. È un grido che si alza. Dobbiamo continuare a batterci insieme a Gino, Angelina e Luca – padre, madre e fratello di Attilio – che non lasceremo mai soli, perchè la verità c'è e chiama in causa tutte le coscienze, non può essere compito solo di qualcuno. Il problema più grave – aggiunge – non è tanto chi fa il male, ma quanti sanno e lasciano fare. Dobbiamo unire le forze degli onesti ricordando che può esistere una politica senza mafie, ma mai esisteranno le mafie senza gli agganci con la politica. Oggi abbiamo bisogno di una rivoluzione etica e culturale in questa società così fragile e diseguale che ancora ha poteri sporchi alle spalle”.
E di poteri sporchi ne sa qualcosa Salvatore Borsellino, fratello del giudice ucciso nella strage di via d'Amelio: “Paolo è morto in una strage di Stato perchè sarebbe stato di ostacolo alla trattativa con la mafia – ribadisce, come da anni fa nelle piazze e nelle scuole che visita per raccontare di Paolo Borsellinoe allo stesso modo lo Stato ha ucciso Attilio Manca perchè avrebbe potuto confermare l'esistenza di quei dialoghi. Se mio fratello fosse stato assassinato dalla mafia me ne sarei fatto una ragione, ma Paolo è stato colpito alle spalle dalle istituzioni in cui credeva. Questa ferita continuerà a sanguinare fino a quando non ci sarà verità e giustizia. Sono vicino alla famiglia Manca e non resterò in silenzio: così come continuerò a chiedere giustizia per Paolo e per i ragazzi della scorta, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina, finché avrò voce lo farò anche per Attilio Manca”.
La voce di Angela, madre di Attilio, giunge dalla sua Barcellona Pozzo di Gotto in collegamento Skype: “Aspetto verità e giustizia soprattutto dal procuratore Pignatone di Romache ha riaperto le indagini. – dice – Da Viterbo ho ricevuto solo umiliazioni e sconfitte. Siamo stanchi dei soprusi che subiamo quotidianamente da parte di coloro che vogliono metterci a tacere”. Ma per i presenti in sala, tra cui spiccano i familiari del giudice Bruno Caccia ucciso nel 1983, questa donna che da 12 anni combatte insieme ai suoi familiari trova solo parole di gratitudine: “Dobbiamo lottare insieme, portare avanti la nostra battaglia. A voi dico grazie per aver portato anche a Torino il nome di Attilio”.

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