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csm 2016di Miriam Cuccu
Dopo l'allarme sicurezza il magistrato e' stato sentito a Palazzo dei Marescialli

Con l'ultimo allarme sulla sicurezza del pm Nino Di Matteo ecco che il Csm torna a riesaminare la questione del trasferimento per il magistrato del processo trattativa Stato-mafia. Uno spostamento d'urgenza, quello da Palermo, che sarebbe motivato dal pericolo corso nel capoluogo siciliano.
Di Matteo è stato convocato a Roma dal Consiglio superiore della magistratura. Qui, davanti alla Terza Commissione, ha illustrato gli ultimi risvolti emersi dalle indagini. Poi i consiglieri hanno ipotizzato un possibile trasferimento del pm: d'emergenza, al di fuori di ogni concorso, proprio in quella Direzione nazionale antimafia per la quale Di Matteo, dopo aver presentato domanda, era stato clamorosamente bocciato.
In quell'occasione il magistrato si era detto amareggiato “perché non sono stati sufficienti più di 20 anni di lavoro dedicati ai processi di mafia a Caltanissetta e a Palermo”. E già allora, quando si era profilata l'ipotesi di uno spostamento, dopo che il Csm aveva aperto una procedura di trasferimento per eccezionali problemi di sicurezza, il pm aveva chiesto di attendere il verdetto del concorso, poiché ad aprire le porte della Direzione nazionale antimafia non doveva essere il timore di un attentato, comunque più che fondato e corroborato dalle dichiarazioni di collaboratori di giustizia, quanto l'esperienza più che ventennale in inchieste e processi di mafia che caratterizzano il profilo professionale del magistrato. E che, nel momento in cui il Csm ha nominato tre magistrati con meno titoli per la Dna, non è stata sufficiente.
Per questo il sostituto procuratore palermitano aveva presentato ricorso al Tar contro un'esclusione “umiliante” e una “sistematica, algebricamente calcolata e calibrata sottovalutazione dell’ineccepibile e solidissimo profilo professionale del ricorrente”. Evidenziando, tra l'altro, come la proposta di trasferimento per motivi di sicurezza era giunta appena pochi giorni prima del pronunciamento del Csm, e considerata dai legali di Di Matteo una “inammissibile proposta compensativa”. Manco a dirlo, il Tar aveva respinto il ricorso presentato dal pm. Il motivo? "L'oggettiva valenza del curriculum” di Di Matteo era “risultata recessiva nel confronto con i designati”. Capitolo chiuso. Ma il magistrato, a prescindere dalla conclusione del ricorso, aveva deciso di concorrere nuovamente per due posti da procuratore aggiunto alla Dna. Questa volta, però, lo stop era arrivato da un vizio di forma: essendo cambiati nel frattempo alcuni dettagli del bando serviva un nuovo parere attitudinale specifico. Il fatto, però, è che per altri magistrati concorrenti in altri concorsi il Csm aveva rimandato indietro le carte, mentre questo non era accaduto per Di Matteo.
La strage Chinnici e quella di via d'Amelio, la scomparsa dell'agente Piazza, il processo a Mori e Obinu per la mancata cattura di Provenzano, l'inchiesta “Talpe alla Dda”, il processo a Mercadante e la trattativa tra Stato e mafia. Sono solo alcuni dei risvolti oscuri di cui negli anni si è occupato Di Matteo, la cui vasta esperienza in inchieste di mafia lo ha portato ad essere il primo nome nella lista nera di Cosa nostra. Mentre sullo sfondo del progetto di attentato si staglia l'ombra dei mandanti di Borsellino (parole del pentito Vito Galatolo). Per Di Matteo, però, la proposta per entrare alla Direzione antimafia passerebbe per il trasferimento d'urgenza, ventilato da quello stesso Csm che non ha mai riconosciuto i suoi meriti oggettivi. Un'opzione che risulterebbe concreta però solo con una modifica del regolamento, dato che tra i trasferimenti extra ordinem non sono compresi quelli che comportano un avanzamento di carriera, come sarebbe nel caso di Di Matteo.
L'unica possibilità che sembra essere rimasta è l'ultimo concorso per 5 posti da sostituto procuratore alla Dna. L'intenzione di Di Matteo dopo aver visto respinto il suo ricorso al Tar era di appellarsi al Consiglio di Stato, senza presentare domanda per il concorso, e questo per rimarcare il fatto di aver subito una valutazione ingiusta, oltre all'intenzione di non voler dare alcun segnale di fuga da Palermo. Il magistrato, però, davanti alla Commissione che l'ha convocato a Palazzo dei Marescialli, ha chiesto tempo per riflettere prima di prendere una decisione. La partecipazione a quel concorso, infatti, comporterebbe la rinuncia all'appello contro il precedente “no” del Csm.

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