Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

atria rita web2di Aaron Pettinari
Così ricordiamo la ''picciridda'' di Borsellino

“Prima di combattere la mafia devi farti un auto-esame di coscienza e poi, dopo aver sconfitto la mafia dentro di te, puoi combattere la mafia che c'è nel giro dei tuoi amici, la mafia siamo noi e il nostro modo sbagliato di comportarsi. Borsellino sei morto per ciò in cui credevi, ma io senza di te sono morta”. Così scriveva Rita Atria, la “picciridda” di Paolo Borsellino, poco prima di lanciarsi dal settimo piano di un palazzo di viale Amelia a Roma, dove viveva in segreto in quanto testimone di giustizia.
Un gesto eclatante appena una settimana dopo la strage che uccise il magistrato, da lei considerato come un padre, e gli uomini della scorta.
Il 19 luglio 1992 la mafia, che tanto l'aveva fatta soffrire, era tornata a colpire con violenza la prporia vita. Già nel 1985, all'età di undici anni, Rita Atria aveva perso il padre Vito Atria, mafioso della locale cosca ucciso in un agguato.
Alla morte del padre Rita si legò in particolare al fratello, Nicola, ed alla cognata, Piera Aiello. E' proprio dal primo, anch'egli mafioso, aveva raccolto le più intime confidenze sugli affari e sulle dinamiche mafiose a Partanna.
Un nuovo scossone nella propria vita arrivò nel giugno 1991 quando anche Nicola Atria cadde vittima di un omicidio mafioso. E' così che Piera Aiello, che era presente all’omicidio del marito, denunciò i due assassini iniziando a collaborare con la polizia.
Anche la giovane Rita Atria, a soli 17 anni, nel novembre 1991, decise di seguire le orme della cognata, cercando, nella magistratura, giustizia per quegli omicidi.
Il primo magistrato a raccogliere le sue rivelazioni fu proprio Paolo Borsellino (all'epoca procuratore di Marsala). Le loro deposizioni consentirono di fare arrestare diversi mafiosi e di avviare un’indagine sull’assai discusso Vincenzino Culicchia, per trent’anni sindaco, o meglio padre/padrone di Partanna.
Con Borsellino si creò un legame fortissimo con il giudice che “adotta” la picciridda Rita tanto che la ragazza trascorse molto tempo con lui e la moglie, come una di famiglia. Lei non aveva colpe, non aveva mai commesso alcun reato.
Rita Atria è stata una ragazza coraggio, un'eroina capace di rinunciare veramente ad ogni cosa, arrivando persino a dnunciare la propria famiglia.
La madre, che già l'aveva ripudiata, non partecipò al funerale e dopo la sua morte distrusse, con una violenza inaudita, la lapide a martellate perché, con le sue scelte, la figlia ribelle aveva “disonorato” la famiglia.  
Ma Rita Atria non era uno “sbirro” ma una giovane ragazza che aveva deciso di sorridere alla vita inseguendo un ideale vero di giustizia.
Le parole scritte poco prima di morire, ancora una volta, sono parole di denuncia e di lotta contro il “sistema”.
Una sorta di “testamento morale” che ci viene tramandato e che vale la pena ricordare a ventiquattro anni di distanza. Parole importanti come quelle scritte nel tema di maturità del 5 giugno 1992.
Pochi giorni erano trascorsi dalla strage di Capaci e ancora non poteva neanche immagnare cosa sarebbe accaduto da lì a poco, quando un nuovo boato avrebbe scosso la città di Palermo.
“L'unica speranza è non arrendersi mai – scriveva - Finché giudici come Falcone, Paolo Borsellino e tanti come loro vivranno, non bisogna arrendersi mai, e la giustizia e la verità vivrà contro tutto e tutti. L'unico sistema per eliminare tale piaga è rendere coscienti i ragazzi che vivono tra la mafia che al di fuori c'è un altro mondo fatto di cose semplici, ma belle, di purezza, un mondo dove sei trattato per ciò che sei, non perché sei figlio di questa o di quella persona, o perché hai pagato un pizzo per farti fare quel favore. Forse un mondo onesto non esisterà mai, ma chi ci impedisce di sognare. Forse se ognuno di noi prova a cambiare, forse ce la faremo”.

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos