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carcere man sbarredi Aaron Pettinari
Le parole del sottosegretario Migliore: “Potremo permettere l'uso di Skype”

“L'impressione che ho avuto qui a L'Aquila è la stessa che ho avuto in altre carceri dove ci sono detenuti in regime di 41-bis, e cioè che serve avere un'attenzione diversa, ci deve essere piena applicazione del principio secondo il quale vanno recisi contatti tra il detenuto e le organizzazioni esterne. Ma nello stesso tempo serve maggiore flessibilità, ma vanno garantiti diritti e dignità. E in generale pensiamo anche ad alcune innovazioni tecnologiche, come ad esempio l'uso di Skype al posto della scheda telefonica, lì dove è possibile, e che debba esserci anche una maggiore collaborazione con le università e le scuole per chi desidera formarsi”. E' questo il commento del sottosegretario alla giustizia Gennaro Migliore (Pd), al termine della visita al carcere di massima sicurezza di L'Aquila, carcere dove sono recluse 136 persone in regime di 41-bis, di cui sette donne, su un totale di 173 detenuti. E' qui che sono reclusi figure eccellenti come il camorrista Raffaele Cutolo (pentito mancato), e il boss di Cosa nostra Salvatore Madonia.
A loro vanno aggiunti i sottoposti al carcere duro di Parma (62), Tolmezzo (19), Roma Rebibbia (44), Viterbo (57), Milano Opera (84), Ascoli Piceno (43), Cuneo (21), Novara (68), Sassari (88), Spoleto (83) e Terni (27).
“Non parliamo di revisione del 41-bis - ha spiegato il sottosegretario accompagnato nella visita in carcere da Federica Chiavaroli (Ncd) - e ovviamente non intendiamo interferire su quelle che sono le prerogative della magistratura, va solo compresa quale è la finalità del 41-bis, ovvero uno strumento introdotto per realizzare piena interruzione dei contatti esterni delle persone che avevano particolare rilevanza nelle organizzazioni criminali. Ma non può essere un'interruzione di quelli che sono i diritti fondamentali. Dunque serve solo una riconsiderazione - aggiunge Migliore - di quelli che sono i regolamenti, per evitare applicazioni afflittive che non corrispondono ai dettami costituzionali, in linea con quanto individuato nell'importante iniziativa, gli Stati generali dell'esecuzione penale, con il ministro Andrea Orlando, dove abbiamo affrontato tutti i temi inerenti il mondo delle carceri”.
Queste parole sono state riprese da numerose testate e rilanciate con particolare sdegno dal sindacato della Polizia penitenziaria Sappe e dall’Associazione dei famigliari delle vittime di via dei Georgofili. “Puntuali come orologi svizzeri, i garantisti usano il sole estivo per attaccare il 41-bis - ha detto Giovanna Maggiani Chelli - Il sottosegretario Migliore, infatti, ha detto: 'Pronti a ridefinire alcuni aspetti del 41-bis'. Di quale 41-bis parla l’uomo di governo del Pd? Di 'quel' 41-bis inflitto ai mafiosi, i quali il 27 maggio 1993 hanno innescato 277 chili di tritolo in via dei Georgofili a Firenze? E per quale 41-bis da annullare o migliorare alla mafia i nostri figli sono morti? Se sì, non staremo a guardare alla finestra scenderemo in piazza, perché se c’è da fare una cosa per il ‘miglioramento’ del 41-bis è sicuramente renderlo più ‘duro’, togliendo ai mafiosi la possibilità di passare a regimi di carcere normale”.
Particolarmente duro anche il commento da parte dei membri del Movimento Cinque Stelle in commissione Giustizia: “Si inserisce nella Trattativa Stato-mafia mai interrotta. Ammorbidire il carcere duro, attraverso la scusante dei diritti fondamentali dell’uomo, è una manovra già vista in passato. La legge è già scritta e applicata tenendo conto e garantendo tutti i diritti del condannato. Al 41-bis ci sono capi clan di spicco delle mafie, soggetti pericolosi per la stessa tenuta democratica del Paese, ma Gennaro Migliore forse non lo sa, perché in questa Italia di Renzi le poltrone si danno per amicizia e non per competenza. Ma come mai si parla di 41-bis piuttosto che dei 41000 detenuti che patiscono il sovraffollamento? Noi faremo durissima opposizione su questo tema, non permetteremo che continuino i favori agli amici degli amici”.
Intervistato da Il Fatto Quotidiano, anche il procuratore aggiunto di Palermo, Vittorio Teresi, è particolarmente critico: “L’uso di mezzi tecnologici come Skype (anche se lo stesso Migliore ha poi detto di essere stato frainteso sul punto e che non si riferiva ai sottoposti al regime 41-bis) favorirebbe contatti fra i detenuti più pericolosi e soggetti esterni, al di fuori di ogni controllo delle autorità preposte. Non solo, ma in tal modo si vanificherebbero i fondamenti stessi della misura che fu introdotta nel 1992 da un’idea di Giovanni Falcone. E tradotta in legge solo dopo la sua morte. Già, occorse il sacrificio di Giovanni, di sua moglie Francesca Morvillo e degli uomini della scorta, perché i mafiosi detenuti fossero portati via dalle carceri dove spadroneggiavano e comunicavano all’esterno, e rinchiusi in strutture impermeabili”. E poi ancora: “Il decreto Martelli, varato dopo Capaci e contenente anche il 41-bis, fu convertito in legge dal Parlamento soltanto all’indomani della strage di via d’Amelio. Cioé fu necessario un altro sacrificio: quello di Paolo Borsellino e dei suoi uomini di scorta. Sarebbe bene che nessuno se lo dimenticasse”. C'è un altro dato che non può passare inosservato.
E' davvero singolare che le parole del sottosegretario siano arrivate una settimana dopo la manifestazione che si è tenuta proprio a L'Aquila per protestare contro il regime del “41-bis”. Una sfilata in cui una settantina di persone, legate alla campagna d’ispirazione politica autonoma-anarchica “Pagine contro la tortura”, ha paragonato il carcere duro alla tortura. E le parole del sottosegretario suonano quasi come una specie di “risposta immediata” all'appello. Poco importa se lo stesso Migliore ha sottolineato di “non aver saputo nulla della manifestazione, e che la visita era da tempo programmata”. La coincidenza resta e in parte riporta alla memoria le proteste del 1993 quando in un documento inviato da presunti familiari di detenuti ristretti al 41-bis, tra gli altri al Presidente della Repubblica e al Papa, richiedevano brutalmente l’allontanamento del “dittatore” del Dap Nicolò Amato e dei dirigenti fedeli alla sua linea di fermezza sul 41-bis.
Caso vuole che proprio il 4 giugno 1993 il governo Ciampi e il ministro della Giustizia Conso (ma sottotraccia soprattutto il Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro) cacciarono in modo poco amichevole dalla guida del Dap lo storico direttore e il suo vice Edoardo Fazzioli, scegliendo al loro posto come direttore Adalberto Capriotti e come vice Francesco Di Maggio (magistrato mai occupatosi del mondo carcerario, nominato grazie ad un decreto “ad personam” nonostante non avesse i requisiti per lavorare in quel ruolo). Qualche tempo dopo un “segnale di distensione” fu dato con una mancata proroga del 41-bis ad oltre trecento boss detenuti.
Certo, oggi non siamo nel 1993, ma ad oltre vent'anni di distanza questi nuovi segnali di distensione sul carcere duro ricordano con forza un passato che portò lacrime e sangue (come le stragi del '92 e del '93) che certe istituzioni fanno finta di non conoscere o, peggio, vogliono dimenticare.

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