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4Fotogallery all'interno!
di Francesca Mondin e Miriam Cuccu

L'iniziativa al ''Giotto Cipolla'' di Palermo

“La bomba sventrò l’autostrada 24 anni e uccise Francesca Morvillo, Falcone e i loro angeli della scorta, Montinaro, Dicillo e Schifani. Falcone sarebbe dovuto arrivare il giorno prima senza la moglie - spiega decisa e concentrata una ragazza di prima media circondata dai suoi compagni - per questo si pensa ci fu una talpa che avvisò i mafiosi del cambiamento di programma”. Oggi all’Istituto “Giotto Cipolla” di Palermo sono i ragazzi a raccontare e gli adulti ad ascoltare. “Mi ha colpito molto la giovane età di Zucchetto già a vent’anni impegnato contro la criminalità, ”dice un'altra studentessa con voce timida. E ancora: “Livatino era spontaneo e semplice, mi piace molto questo” racconta sorridendo un compagno di classe dopo aver esposto la sua storia. “La cosa che mi ha stupito più di tutto della vita di Costa è sapere che per non essere ascoltati da orecchi indiscreti lui e Chinnici erano costretti a parlare in ascensore delle loro indagini” afferma un’altra giovane alunna dimostrando l’impegno messo nel fare la ricerca in modo approfondito. E avanti così per ogni vittima di mafia siciliana che i ragazzi hanno presentato nel percorso a tappe ideato da loro. Un’attività che li ha coinvolti “perché abbiamo approfondito storie che sapevamo solo a grandi linee” ed ora hanno il desiderio di approfondire anche a livello umano questo progetto: ”Il prossimo anno mi piacerebbe poter incontrare direttamente i famigliari di queste vittime o chi le ha conosciute da vicino” raccontano alcuni.
C’è un gran fermento nella scuola, bambini e ragazzi di varie età che corrono per i corridori, chi per andare ad un laboratorio di legalità, chi perchè è il suo momento di rendere omaggio a Falcone e alle altre vittime di mafia e c’è anche chi, semplicemente, coglie l’occasione per viverlo come un momento di libertà dai banchi.
E’ Vittorio Teresi, procuratore aggiunto di Palermo e componente del pool che istruisce il processo trattativa, a richiamare con fermezza ogni ragazzo a riflettere su cosa comporta veramente la libertà: “Tutti i ragazzi oggi hanno più consapevolezza di cosa sia la mafia, e quindi più responsabilità nella scelta - dice, intervenendo alla Tavola rotonda organizzata dalla scuola - La legalità è obbligatoria, l’antimafia no. Ognuno è libero di scegliere da che parte stare ma non con l'ipocrisia dell’apparire - ammonisce - ma se si sceglie di stare da questa parte ci vuole attenzione, sacrificio ed interesse”.
A portare la testimonianza di come con la cultura e la solidarietà si possono contrastare le mafie è Amico Dolci, presidente del “Centro per lo Sviluppo Creativo Danilo Dolci”. Il figlio dell'attivista della non violenza spiega l’importanza di “ascoltarsi gli uni con gli altri per intendersi, è un’attenzione verso gli altri indispensabile per la vita. L'ascolto - aggiunge - produce nuovi pensieri e nuove riflessioni".
Un ascolto reciproco che può essere trasmesso anche attraverso il valore della condivisione di spazi e regole come in una partita a calcio o in una gara sportiva.
Sono Eros Lodato, presidente del CSAIn Palermo”, e Gino Pantaleone, responsabile dei progetti scuola della “Football Club Antimafia”, che spiegano questo concetto ai ragazzi: “Pensate quello che faceva Don Pino Puglisi per invadere il territorio alla mafia, fece studiare i bambini, e costruì i campi da calcio dove potevano giocare invece di spacciare droga".


Prima Giovanni Pagano, coordinatore provinciale di “Libera Palermo”, ha sottolineato l'importanza "della responsabilità di ognuno di noi" per combattere le mafie. Uno dei modi è proprio l'impegno all'interno dei territori confiscati alla criminalità organizzata. Importante per ogni cittadino è, come dice Dolci, informarsi e partecipare alla vita di comunità civile. Un esempio a riguardo lo ha portato Angelo Valenti di Scorta Civica, un cartello di associazioni e cittadini: “Il giorno dopo la notizia delle conversazioni intercettate tra Riina e Lorusso - ripercorre Valenti - siamo corsi sotto il tribunale per manifestare solidarietà a Di Matteo e ai magistrati”. Il rappresentante di Scorta civica infatti ricorda come "con Falcone non fummo sufficientemente attenti" per cui ora "dobbiamo fare qualcosa per smuovere la società civile" in particolare "sul processo trattativa Stato-mafia, importante per tutti i cittadini". "Falcone è morto perché era isolato - racconta Valenti - perché attorno a lui il silenzio politico ha consentito di colpirlo, ci siamo accorti che stava succedendo di nuovo ma non volevamo fare lo stesso errore del '92".
Alla tavola rotonda interviene anche Vincenzo Liarda, presidente del “Consorzio Madonita Legalità e Sviluppo che spiega come “le Madonie sono uno dei territori più belli" ma erano "una sorta di Svizzera della mafia, tutto era silenzio ma la mafia c’era". "Per la mafia - prosegue - il possedimento della terra ha un valore non solo simbolico ma anche di presenza nel territorio".
“E sul senso di smarrimento lasciato dal caso di Pino Maniaci, direttore di Telejato accusato di estorsione?” chiede una ragazza seduta in prima fila. "Sotto il profilo mediatico comprendo il senso di smarrimento, non è facile comprendere come realmente sono andate le cose" risponde Salvatore Cordaro, vicepresidente della Commissione Regionale Antimafia. Per questo, ha detto, è importante fare affidamento su alcuni punti fermi che con il loro impegno quotidiano rischiano la vita e contribuiscono concretamente alla lotta alla mafia, "tra questi il pm Nino Di Matteo".
"Valutate i fatti, non le parole - aggiunge fermo Teresi - Avete il dovere di giudicare i magistrati, i politici, i giornalisti, i vostri insegnanti da quello che fanno”. “Bisogna ammettere che oggi - afferma ancora - i ragazzi fanno antimafia molto più concretamente di tanti altri adulti". "Se siamo arrivati a parlare liberamente di mafia in una scuola di Palermo - sottolinea il magistrato -  mentre prima non si poteva nemmeno pronunciare il nome, allora abbiamo inculcato nel dna l’antimafia come valore naturale".
E stimolato dalle domande interessate e approfondite degli studenti sull'agenda rossa scomparsa di Paolo Borsellino Teresi spiega: "Ricordo quell'agenda sul tavolo di Borsellino perché fino al 18 luglio '92 lavoravo con lui. Lì vi erano scritte cose importanti e imbarazzanti, che potevano in qualche modo aiutare a trovare la cause della morte di Falcone".

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