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sorrentino marinoLo storico Marino e l’avvocato Sorrentino dicono la loro
di AMDuemila
Da un anno a questa parte, prendendo forza da scandali ed inchieste (vedi caso Saguto o caso Montante) tra intellettuali, storici, politici, giornalisti ed affini, si è alimentato un dibattito acceso non sui fenomeni di corruzione, sul malaffare o sulle criminalità organizzate che ancora oggi proliferano nel Paese, ma su come deve, o non deve svolgersi l’attività di contrasto, ovvero sull’antimafia.
C’è un rischio che si sta sempre più materializzando nella critica che si sta creando su questo fronte: quello che induce alla generalizzazione e che può far indurre i cittadini a considerare “tutto marcio”. E così che si promuove una nuova linea di azione ("né con i pm né con i politici”) che può portare a "delegittimare i magistrati e la politica" stessa.
E’ l’allarme lanciato dallo storico Giuseppe Carlo Marino e dall’avvocato di parte civile del processo La Torre, Armando Sorrentino pubblicato questa mattina sulle pagine di “La Repubblica Palermo” in risposta al manifesto fondativo (che sarà presentato il 21 giugno prossimo) per superare l’antimafia “dei pennacchi, delle vetrine e delle cricche”.

“Talvolta si avverte l’esigenza pressante di alzare forte la voce dell’indignazione - scrivono i due - E questa è la volta in cui un’esigenza del genere l’avvertiamo urgente, come dovere civile, avendo letto una sorta di atto di abdicazione all’impegno antimafia compiuto da un costituendo club intellettuale (tra i quali, alcuni studiosi accademicamente prestigiosi, nonché politici di lungo corso ed ex magistrati) con l’annuncio di apprestarsi a lanciare un loro Manifesto, per una antimafia ‘equidistante da pm e politici’”.

Secondo loro un annuncio di questo tipo è “preoccupante” proprio partendo dal fatto che la “nuova antimafia deve prendere le distanze tanto dalla magistratura (quella che inizia le indagini) quanto dalla politica, cioè da chi deve garantire gli essenziali strumenti legislativi ed economici”.

Un’anticipazione che viene vista come un’aspirazione “ad essere riconosciuti come ‘super partes’, proclamando una loro scelta di “neutralitànella battaglia ancora drammaticamente in corso tra mafia ed antimafia. Così, avviandosi a proporre e a consigliare una linea di contrasto al sistema mafioso che si ponga al di sopra sia della politica che della magistratura, in realtà prefigurano una posizione che, in concreto, potrebbe riassumersi nella proposizione filistea: Né con la mafia, né con l’antimafia”.
Sorrentino e Marino ricordano dunque che alcuni di questi aderenti al manifesto propongono di farla finita con il termine “antimafia” anche distanziandosi (come emerso in altre pubblicazioni) dall’impegno con il quale “alcuni valorosi magistrati della Procura della Repubblica di Palermo, vanno mettendo in luce le nefaste vicende della trattativa tra la mafia e un certo Stato negli ultimi decenni della storia repubblicana”.
Un’azione di questo tipo, secondo i due intellettuali produrrebbe un inevitabile effetto di delegittimazione degli stessi magistrati “se non addirittura la magistratura tout court” e al tempo stesso “di considerare irriformabile e non migliorabile la politica per intero”.
Questo strano e tartufesco né con i pm né con i politici”, secondo Marino e Sorrentino potrebbe portare ad una nuova crescita “della vera antipolitica” e potrebbe anche essere “funzionale” a quanto si sta mettendo in opera con l’attuale corso delle cosiddette “riforme”.
Con il sovvertimento della Costituzione, l’attentato al lavoro, alla dignità della persona umana e alla stessa democrazia - scrivono - costituiscono delle vere e proprie ‘prove di regime’ sul filo della continuità che lega il berlusconismo al momento presente".

In foto: l'avvocato Armando Sorrentino e lo storico Giuseppe Carlo Marino

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