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lodato bongiovanni intLa guerra a Cosa Nostra, da Falcone e Borsellino a Nino Di Matteo


di AMDuemila

Cosa è oggi la mafia? Perché esiste ancora oggi? Cosa intendeva Giovanni Falcone, riferendosi agli organizzatori dell’attentato all’Addaura, con il termine “menti raffinatissime”? Cosa c’è dietro la condanna a morte di Totò Riina nei confronti del pm palermitano Nino Di Matteo? Sono solo alcuni dei temi affrontati nell’intervista a Saverio Lodato, giornalista, scrittore, autore del best seller “Quarant’anni di mafia”. Un dialogo sul rapporto nefasto tra Stato e mafia che si è riprodotto negli anni.
Proprio rispondendo alla domanda sulle “menti raffinatissime” Lodato si dice convinto che “Falcone disse quella frase perché, per la prima volta, anche lui toccava con mano l’esistenza di livelli fino a quel momento insospettabili che si manifestavano nei comportamenti della mafia di quegli anni”. Non solo. In tutto questo tempo “non c’è mai stato uno Stato che combatteva la mafia, perché chi ha combattuto la mafia lo ha fatto individualmente e tutti coloro che tra gli anni ’70 e gli anni ’90 si sono schierati non avevano alle spalle l’Arma dei Carabinieri, la Polizia di Stato, la Politica, i Partiti, i giornali, ma erano delle resistenze individuali. Per questo sono arrivato alla conclusione forte che in Italia abbiamo avuto una combinazione di uno Stato-mafia e di una mafia Stato a cui si contrapponevano alcuni scocciatori che sono stati eliminati tutti”. Il giornalista, che esprime anche un’opinione sul perché danno fastidio certe inchieste come quella sulla trattativa Stato-mafia, dice la sua anche sul caso Saguto e lo scandalo dell’assegnazione dei beni confiscati. Infine, Lodato, mette in evidenza una relazione tra l’isolamento che vige attorno a Nino Di Matteo e la latitanza del boss di Castelvetrano, Matteo Messina Denaro.

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