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bavaglio2Oggi alla Camera il ddl sulla riforma penale
di Francesca Mondin
Ritorna l’allarme bavaglio all’informazione. Ci aveva provato Berlusconi durante i suoi governi a censurare la stampa, ora con il nuovo ddl sulla riforma penale, presentato oggi alla Camera, sembra concretizzarsi il rischio. A lanciare l’allarme è il M5S, che nella giornata di ieri ha tenuto una conferenza stampa con Giulia Sarti (membro della Commisione Giustizia e della Commissione Antimafia, ndr) e Vittorio Ferraresi (Capogruppo Commissione Giustizia) per denunciare i rischi che questo disegno di legge porta con sè.
E così questo pomeriggio è iniziato l’iter per la nuova legge sulla riforma penale che la maggioranza vuole approvare interamente in prima lettura entro giovedì. Il M5S ieri ha dichiarato che inizieranno una decisa opposizione. “E’ una delle più importanti battaglie che abbiamo condotto in commissione giustizia in questa legislatura - ha detto la Sarti - Purtroppo noi M5S per esporre tutti i nostri emendamenti (300, ndr) avremmo solo un’ora e 11 minuti”. Per questo l’opposizione, ha spiegato la deputata M5S, continuerà forte al Senato. 

Il grande rischio per l’informazione contenuto nel nuovo ddl riguarda i criteri di pubblicazione delle intercettazioni. In molti casi strumento essenziale per permettere alla cittadinanza di costruirsi un’opinione sul contesto sociale e politico. La delega al governo, contenuta nel ddl, per riscrivere le norme sulla pubblicazione delle intercettazioni, è molto generica. Dieci righe che “danno la possibilità di scrivere una legge di proprio pugno senza nessun criterio” ha denunciato Giulia Sarti. In effetti, una volta concesso la possibilità di scrivere un decreto legislativo al governo, la Camera e il Senato possono esprimere il loro parere a riguardo ma le loro indicazioni non sono vincolanti per il governo. Per questo un passaggio molto delicato è la stesura dei criteri di delega. In questo caso i criteri scritti in poche righe indicano in maniera vaga che “si prevede una revisione della disciplina delle intercettazioni telefoniche o telematiche che possa assicurare una maggiore tutela dei diritti alla riservatezza”. Nello specifico “si tratta di mettere a punto delle regole che assicurino un’anticipata selezione del materiale derivante da intercettazione da utilizzare anche in fase cautelare”. In altre parole significa determinare come “filtrare” le intercettazioni che potranno essere pubblicate o meno. Quindi cercare di impedire la pubblicazione di ascolti non rilevanti ai fini del processo.
“Se i giornalisti non potranno più pubblicare intercettazioni penalmente rilevanti il rischio è che i cittadini non potranno conoscere più i rapporti che intercorrono spesso tra esponenti politici e personaggi poco trasparenti”  ha spiegato alla conferenza stampa ieri Giulia Sarti. E’ il caso ad esempio di un’ intercettazione dell’86 che dimostra l’amicizia tra il boss mafioso Gaetano Cinà (deceduto, ndr) e Alberto Dell'Utri (gemello di Marcello Dell’Utri, cofondatore di Forza Italia ora in carcere per concorso esterno in ass. mafiosa, ndr), conoscente di Alessandra Moretti, europarlamentare del Pd. “E’ importante - ha aggiunto la deputata del M5S - conoscere e sapere i rapporti che hanno personaggi come Alberto Dell’Utri con la criminalità organizzata”. Inoltre una norma in questi termini, secondo il deputato Ferraresi, potrebbe anche favorire ricatti da parte dei pochi che avrebbero conoscenza del contenuto delle intercettazioni.
Altro punto critico del disegno di legge è l’ “emendamento Pagano” che dopo le ultime modifiche prevede la punizione con reclusione da 6 mesi a 4 anni per chi diffonde riprese o registrazioni effettuate di nascosto, escluse le registrazioni ai fini di diritto di cronaca e uso processuale. Di conseguenza un qualsiasi commerciante che decida di registrare il proprio estorsore si deve guardare bene dal farlo perché se la registrazione non da luogo ad un processo potrebbe rischiare la reclusione.
Questo ddl sta facendo discutere in vari ambienti. Se da una parte alcuni magistrati, tra cui il procuratore capo di Palermo Franco Lo Voi, si sono detti d’accordo con la limitazione delle pubblicazioni delle intercettazioni, altri togati assieme alla stragrande maggioranza della stampa si sono schierati completamente contro. Fondamentale quindi sarà chi comporrà la commissione ministeriale delegata dal governo a ridefinire le norme sulle intercettazioni.