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messina-denaro-identikit-effOltre vent'anni di latitanza per il boss di Castelvetrano
di Aaron Pettinari - 5 agosto 2015
“Matteo Messina Denaro non sta sempre nel Trapanese, ma si sposta dalla Sicilia e anche dall'Italia. Quando sente stringersi attorno a lui il cerchio taglia i contatti con i fedelissimi finiti sotto indagine”. “Nonostante il territorio sia più che sorvegliato e da anni si susseguono operazioni, ancora non siamo riusciti a prendere il latitante. Questo può significare solo che gode di protezioni ad alto livello”. Da queste due considerazioni del procuratore aggiunto di Palermo, Teresa Principato prosegue la caccia al boss di Castelvetrano, latitante ormai da 23 anni, Da sempre nel cuore del boss Totò Riina e strenuo sostenitore della strategia stragista dei corleonesI. E' stato condannato, tra l’altro, per gli attentati mafiosi a Roma, Firenze e Milano del ’93. La pista, è quella del denaro e si cerca di scavare sui conti in Svizzera, intestati ad alcuni prestanome. Perché il circuito di “Diabolik” (così è chiamato il capomafia trapanese data la sua passione per il fumetto, ndr) non è solo fatto di “pecorai” che gestiscono la rete dei pizzini. C'è dell'altro attorno a Matteo. Lo rivelano le stesse indagini di questi anni, il giro d'affari e gli investimenti.
Una pista ulteriore è data da quei viaggi di Domenico Mimmo Scimonelli, imprenditore del settore vinicolo già processato per mafia e condannato nel febbraio 2003 in Appello a 3 anni e 6 mesi, arrestato nei giorni scorsi con l'operazione Ermes. E proprio questi viaggi nel nord Italia, alcuni a ridosso della Svizzera, hanno suscitato l'interesse negli investigatori. Il sospetto per gli inquirenti è che servissero come copertura per depistare o prelevare denaro da consegnare proprio a Messina Denaro.
Scimonelli era anche uno dei pochi, tra gli arrestati dell'operazione dei giorni scorsi, a conoscere la collocazione dei pizzini che venivano smistati tra le famiglie e che venivano distrutti appena dopo la lettura. “Mettili più dietro, più indietro... così...a posto così... lasciali stare” gli diceva l'anziano boss Vito Gondola. “Molto devono stare?” chiedeva ancora l'imprenditore. E “Zu vì” rispondeva: “ancora un poco sì”.

In giro per il Mondo
C'è chi ritiene che quella massiccia presenza di pizzini fosse il segnale che “Diabolik” si nasconda tra le campagne trapanesi. Tutto è possibile ma come ha detto la Principato, che coordina il gruppo di carabinieri e poliziotti che dà la caccia al latitante, Messina Denaro è anche uno che “si muove parecchio”. Si è parlato di viaggi in Austria, Svizzera, Grecia, Spagna e Tunisia.
L’ultimo identikit risale allo scorso anno, redatto sulle indicazioni di un confidente che avrebbe incontrato il boss trapanese. Oggi il capomafia ha 53 anni e rispetto ad immagini del passato è stempiato, appesantito, senza alcun capello bianco e senza gli occhiali, forse sostituiti da lenti a contatto. La taglia da un milione e mezzo di euro stanziata dai Servizi segreti fa gola ed in questi anni sono giunte decine di segnalazioni. Alcune tenute in grande considerazione, altre no.
Al vaglio degli inquirenti ci sono anche le parole dell'ultimo pentito, l’architetto Giovanni Tuzzolino, un “colletto bianco” cresciuto nella casa di un massone agrigentino, che ha detto di aver visto il superlatitante seduto ad un tavolo di un ristorante di Castelvetrano. Può essere davvero così? Non vi sono certezze anche perché Tuzzolino è indagato per calunnia.
Di rilievo quanto riferito da una fonte confidenziale all'Interpol. Nel 2003 Messina Denaro sarebbe andato a Caracas, passando da Amsterdam, ma anche da Parigi o passando per Bogotà per gestire in prima persona il traffico di cocaina incontrando i padrini d’oltreoceano.
Secondo gli investigatori Messina Denaro si fosse imbarcato sotto mentite spoglie su voli Klm fra il 1997 e il 2003, viaggiando assieme ad una donna bellissima e non italiana.
Le rivelazioni più recenti di un detenuto che avrebbe diviso la cella con un sudamericano che gli avrebbe confidato di essere in contatto con Matteo. Tra i “piccoli segreti” raccolti il fatto che nel 1995 il capomafia si trovava in Guatemala, dove si sarebbe sottoposto ad un'operazione per cambiare il tono della voce e persino le impronte digitali.
Nel gennaio 2006 Matteo Messina Denaro, dotato di passaporto falso, vola in Florida a Miami. Le ultime segnalazioni lo danno in Tunisia nel gennaio 2010. Quel che è certo è che, per portare avanti la sua latitanza dorata, oltre alle “protezioni alte” Messina Denaro ha bisogno di denaro. Lo conferma agli inquirenti Lorenzo Cimarosa, cugino del boss, ma anche le intercettazioni, come quella dove l’anziana zia del latitante, zia Rosa, dice mentre si trovava ai fornelli: “Chiddu avi a camminare, chiddu vola. E senza soldi non può volare”.
Tre miliardi di euro è la cifra a cui ammontano i patrimoni sequestrati nel Trapanese dalla Direzione investigativa antimafia negli ultimi quattro anni. Ed è sempre il flusso di denaro che gli investigatori seguono per stringere ancora il cerchio.
Non tutti all'interno di Cosa nostra, sarebbero contenti del suo operato. Intercettato nel carcere “Opera” di Milano, il “Capo dei capi” Totò Riina, in una delle sue chiacchierate con la “dama di compagnia” Alberto Lorusso, esprimeva chiari segni di insofferenza nei suoi riguardi: “A me dispiace dirlo questo... questo signor Messina (Matteo Messina Denaro ndr) questo che fa il latitante che fa questi pali eolici, i pali della luce, se la potrebbe mettere nel culo la luce ci farebbe più figura se la mettesse nel culo la luce e se lo illuminasse, ma per dire che questo si sente di comandare, si sente di fare luce dovunque, fa luce, fa pali per prendere soldi ma non si interessa...”.
Erano le stesse intercettazioni in cui “u Curtu” decretava la sua condanna a morte nei confronti del pm Nino Di Matteo. Un piano di morte che Messina Denaro starebbe portando avanti su input esterni a Cosa nostra, così come raccontato dal pentito Vito Galatolo. Sempre i collaboratori di giustizia raccontano che nelle mani del boss di Castelvetrano sia finito l’archivio di Totò Riina, sparito dal covo di via Bernini. Che siano anche questi documenti a garantirgli quelle “protezioni ad alto livello” di cui ha parlato la Principato in conferenza stampa? La caccia continua.

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