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agostino-nino-ida-effNel decreto di archiviazione del Gip sul poliziotto Paolilli si parla di “plurime e gravi anomalie”
di Lorenzo Baldo ed Aaron Pettinari - 5 agosto 2015
“Le risultanze istruttorie dimostrano come l'indagato (Guido Paolilli, ndr) abbia contribuito alla negativa alterazione del contesto nel quale erano in corso di svolgimento le investigazioni inerenti all'omicidio di Antonino Agostino e Ida Castelluccio”. Nel giorno della commemorazione dell'agente di polizia, ucciso il 5 agosto del 1989 a Villagrazia di Carini insieme alla moglie incinta di cinque mesi, è questo il punto fermo che viene fissato dal decreto di archiviazione firmato dal Gip Maria Pino lo scorso 12 giugno. Lo stesso giudice che ha chiesto ulteriori approfondimenti rispetto agli altri due indagati, i boss Antonino Madonia e Gaetano Scotto (sospettati di essere i killer), ha scritto per la prima volta, nero su bianco che “la condotta accertata ed ascrivibile a Paolilli integra gli elementi costitutivi del reato” di favoreggiamento aggravato. Il Gip ravvisa quindi “plurime e gravi anomalie riscontrate in ordine ai tempi, alle modalità ed agli esiti delle perquisizioni effettuate dagli investigatori presso l'abitazione di Altofonte dell'agente Agostino”.
Nella richiesta di archiviazione dei pm Di Matteo e Del Bene era stata riportata la nota intercettazione ambientale del 21 febbraio 2008 nella casa di Montesilvano (Pe) dello stesso Paolilli. Mentre in televisione andava in onda un servizio della trasmissione “La Vita in diretta” durante la quale il padre di Nino, Vincenzo Agostino, parlava del biglietto trovato nel portafoglio del figlio - dove era scritto “se mi succede qualcosa guardate nell'armadio di casa” – contemporaneamente il figlio di Paolilli (intercettato) domandava al padre: “Cosa c'era in quell'armadio?”. “Una freca di carte che proprio io ho pigliato e poi ho stracciato”, gli aveva risposto senza tergiversare.
Nel decreto di archiviazione del Gip viene evidenziato come lo stesso Paolilli “non ha offerto interpretazioni alternative” su quella “gravissima affermazione” ed anzi, “con dichiarazioni palesemente irricevibili”, ha negato davanti ai pm, nonostante l'evidenza dei fatti, di averla mai resa (“Non è possibile... non è possibile.. E che cosa dovevo stracciare... Io ho detto ste cose a mio figlio?... Non l'ho detto caspita.. non c'era nessuna carta... io non ho stracciato niente”).

La Barbera e le mosse del depistaggio
Se Paolilli, che non ha rinunciato alla prescrizione, è stato protagonista del depistaggio chi ha ordinato di “mettere le carte a posto”?
L’ipotesi investigativa che questa azione fosse stata ordinata dall’allora capo della Squadra Mobile Arnaldo La Barbera al momento non ha trovato riscontro, anche se resta tutt’altro che peregrina. Dalle indagini condotte è emerso che Guido Paolilli frequentava Agostino prima del suo omicidio. Ufficialmente Paolilli era in servizio alla Questura de L’Aquila e spesso veniva aggregato alla sezione Antirapine della Squadra Mobile di Palermo diretta da La Barbera, anche se non se ne conosce il reale motivo. Il verbale di relazione redatto dallo stesso Paolilli ed inviato al capo della Squadra Mobile ha ulteriormente infittito il mistero. Nel documento veniva evidenziato come nel corso delle indagini sul delitto Agostino erano state effettuate “tre perquisizioni presso quella abitazione (di Agostino ndr) e, solo nel corso della terza, durante la quale a differenza delle altre partecipava anche lo scrivente, in uno stanzino venivano rinvenuti 6 fogli su cui l'Agostino aveva scritto di proprio pugno, tra l'altro, di temere per la propria incolumità. I 6 fogli venivano opportunamente sequestrati e posti a disposizione della S.V. per i relativi accertamenti”. Nella richiesta di archiviazione i pm avevano quindi evidenziato come questi sei fogli non fossero stati inseriti tra i documenti acquisiti fin qui dalla Procura e come i verbali agli atti evidenziavano solo due accessi di perquisizione all'interno dell'abitazione di Agostino. Peraltro Paolilli, ascoltato nuovamente nel luglio del 2013, non aveva minimamente chiarito la questione. Dal canto suo Di Matteo aveva sottolineato al Gip Maria Pino che le indagini sull’omicidio Agostino avevano comunque dimostrato come fin dall’inizio fosse stata accreditata la “pista passionale”, quale causa del duplice omicidio, a fronte di un vero e proprio “depistaggio”.

Diretta tv
Come era avvenuto davanti ai pm, quando ha perfino tentato di mettere in dubbio la rispondenza di dati fattuali come alcune annotazioni rinvenute sull'agenda di Bruno Contrada (telefonare V.Pref.Malpiga per Paolilli- dr.Malpiga F.A.P. Per Paolilli – dr Malpiga Ministero F.A.P. (Paolilli), ndr), l'ex poliziotto ha negato ogni suo coinvolgimento nell'intervista rilasciata ai microfoni di Servizio Pubblico il 27 aprile 2014. Alle domande di Walter Molino che gli faceva notare la particolarità che agli atti risultavano soltanto due perquisizioni Paolilli aveva risposto in maniera confusionaria: “Sono tre, perché sono due, e risulta una, la mia... Mi accusano di questi sei fogli che non ho consegnato. C'era scritto se mi succede qualcosa potrebbero essere questi di fronte... Dove abitavano c'era una specie di impresa di costruzioni. Non me li sono letti tutti... Io presi quelle parole come se era un po’ esaurito”. E proprio in merito alla nota frase “una freca di carte che proprio io ho pigliato e poi ho stracciato” lo stesso Paolilli non aveva cambiato versione. Così come aveva fatto davanti ai pm Di Matteo e Del Bene, anche durante il servizio televisivo aveva negato di aver mai pronunciato quelle parole. Durante l’intervista a La7 Paolilli aveva ugualmente affrontato la questione del fallito attentato a Giovanni Falcone. “Dissero che Agostino insieme a un altro, Emanuele Piazza, aveva messo le bombe all'Addaura. E cosa c'entra Agostino con la bomba a Falcone? A me risultavano che neanche la mafia le ha messe le bombe…”. E alla domanda su chi avesse compiuto quell'azione aveva aggiunto: “Sorvoliamo. E' meglio per tutti. Lo dicevamo in tanti e se volevi campare. Ognuno teneva la bocca chiusa... E poi all'Addaura non è una cosa di mafia. C'è la polizia. Il giudice Falcone è uno in gamba ma ambizioso, come una star. La polizia lo ha fatto per intimidirlo? Ma lui lo sapeva. C'era il comune accordo…”. Alla successiva domanda del giornalista se avesse conosciuto Giovanni Aiello (da molti indicato come “faccia da mostro”, ndr ), Paolilli era stato alquanto diretto: “eh quello… qua lo dico… è un fango (un indegno, un farabutto, ndr). Si vendeva le informazioni alla mafia…”.
A fornire ulteriori elementi ad aumentare “il convincimento che il Paolilli abbia contribuito a negativamente alterare il contesto nel quale le indagini inerenti all’omicidio di Antonino Agostino e Ida Castelluccio avrebbero dovuto avere uno sviluppo lineare e congruente” vi sono poi le dichiarazioni del Sovrintendente della Polizia di Stato, Domenico La Monica, estensore della relazione di servizio con la quale, già in data 6 agosto 1989, “rivelava quanto a sua conoscenza in ordine di svolgimento, da parte dell’agente Antonino Agostino, di attività extra ordine”.

Nuove indagini
Nella richiesta di archiviazione di Di Matteo e Del Bene veniva evidenziato come gli elementi finora raccolti non sarebbero stati sufficienti ad affrontare un processo con la certezza di una condanna per gli imputati. Per i due pm era comunque assodato che le indagini “non hanno dimostrato l’estraneità di Madonia e Scotto”, il coinvolgimento diretto dei due boss mafiosi veniva di fatto accertato. Tuttavia il Gip Maria Pino aveva rigettato l'archiviazione presentata lo scorso anno dalla Procura di Palermo, prorogando le indagini di ulteriori sei mesi indicando ulteriori spunti investigativi. E su questi oggi si muove la Procura che ha ripreso in mano il fascicolo dopo che la Procura generale di Cassazione ha revocato l'avocazione presentata dalla Procura generale. L’unico punto fermo riguarda la ferma volontà di andare fino in fondo su un caso che a ventisei anni di distanza resta praticamente irrisolto.
Nino e Ida, quel giorno, si trovavano davanti alla villa di famiglia per partecipare al compleanno della sorella di Nino. Furono trivellati di colpi da due sicari in motocicletta sotto gli occhi dei genitori Vincenzo ed Augusta. Vincenzo Agostino ha promesso di non tagliare più la propria barba bianca fino a quando non otterrà giustizia per suo figlio, per la sua famiglia, per la nuora Ida e per sua nipote mai nata. La speranza – e il dovere morale per un Paese “civile” –  è che la verità su questo duplice omicidio arrivi il prima possibile.

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