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galatolo-vito-gicoL'udienza è terminata ed è stata rinviata al 4 marzo ore 10:30
di Aaron Pettinari - 19 febbraio 2015 - Ore 13:01
“Io non volevo far succedere una catastrofe. Quando seppi che Vincenzo Graziano era stato scarcerato e sapendo che era in possesso dell’esplosivo che avevamo comprato per l’attentato a Di Matteo io decisi di fare questo e chiesi di parlare con lo stesso Di Matteo”. Vito Galatolo spiega così la motivazione che l’ha portato a collaborare con la giustizia rispondendo alla domanda in controesame dell’avvocato Flavio Sinatra. “Di Matteo mi disse che non era lui competente per raccogliere queste dichiarazioni. Poi parlai con i pm di Palermo e Caltanissetta. Il primo verbale è del 14 novembre 2014. C’erano i dottori Teresi, Lari, Paci. Di iniziare la collaborazione ne parlai anche con mia moglie”. A quel punto il pm Paci è intervenuto chiedendo al Presidente di non approfondire ulteriormente in quanto sul progetto di attentato al dottor Di Matteo vi sono “indagini in corso e nulla a che vedere con l’oggetto in esame”.
Sempre in sede di controesame Galatolo ha anche riferito di un colloqui in carcere con Vincenzo Graziano dove quest’ultimo gli riferiva che “lo volevano accusare nell’ambito della strage di via d’Amelio e in quanto era costruttore di un palazzo nelle vicinanze. Che lui fosse il basista che aveva dato la disponibilità di un appartamento nei paraggi da cui si vedeva entrare ed uscire il dottor Borsellino”.


Borsellino quater, Vito Galatolo: “Mio zio mi disse che La Barbera era a libro paga dei Madonia”
di Aaron Pettinari - 19 febbraio 2015 - Ore 12:10

“Arnaldo La Barbera era a libro paga dei Madonia, me lo disse mio zio Giuseppe Galatolo”. Rispondendo alle domande in controesame dell’avvocato Rosalba Di Gregorio e Scozzola il pentito dell’Acquasanta torna a parlare dell’ex capo della mobile poi questore di Palermo. “Mio zio era ai domiciliari e parlavamo di chi erano le persone corrotte e non corrotte. Dopo la strage di via d’Amelio noi lo vedevamo spesso in zona fiera. Lo conoscevamo anche perché lui uccise in un negozio di parrucchiere un ragazzo nella nostra zona”. 


Borsellino quater, Vito Galatolo: “Al Castello Utveggio c’erano i servizi segreti”
di Aaron Pettinari - 19 febbraio 2015 - Ore 11:50

“Al Castello Utveggio, a Monte Pellegrino, c’era una sede dei servizi segreti. Me lo diceva mio zio Pino che non voleva che andassimo in quella zona. C’era una discoteca lì vicino e non voleva che figli e nipote andassero là. Mio zio ci diceva anche che era Tanino Scotto, dell’Arenella, ad avere contatti con loro. Siamo negli anni ’90-’91”. A quel punto il pm Paci chiede nello specifico se è a conoscenza del coinvolgimento di soggetti esterni a Cosa nostra nelle stragi. “Che mi risulta a me no. Io so che c’erano persone con contatti con servizi segreti ma se partecipavano a stragi non lo so dire” è la risposta finale di Galatolo. Tuttavia prima di arrivare al punto il neo pentito ha anche detto “guardi io mi ricordo in nostra zona dopo strage via d’Amelio c’era il dottor Arnaldo La Barbera…”. E poi ancora “io ricordo che a casa mia veniva un signore…” ma su questo è stato stoppato dal pm Paci che ha ricordato alla Corte che in merito ci sono “indagini in corso”.


Borsellino quater, Vito Galatolo: “Dopo la strage Borsellino mio padre faceva bile”
di Aaron Pettinari - 19 febbraio 2015 - Ore 11:36

“Dopo la strage di via d’Amelio, tra agosto-settembre 1992, mi recai a l’Asinara, dove si trovava mio padre. Lui faceva bile per quello che era successo. Lui era contrario a fare questa situazione e non sapeva niente. Mi disse: ‘A chi ci dobbiamo ringraziare per questo regalo?’ e si spaventava perché lì c’erano telecamere, temeva microspie”. Il neo pentito Vito Galatolo, alla sua prima udienza in un processo, torna indietro nel tempo anche nelle settimane immediatamente successive all’attentato in cui perse la vita il giudice Borsellino. “C’era Vittorio Tutino che dopo una decina di giorni venne da me ed i miei cugini al solito bar, e ci disse ‘visto cosa è successo? Te l’avevo detto di togliere il posteggio…ci parlava il cuore. Immagini che fosse capitato qualcosa a qualcuno di voi? Sarebbe stata una disgrazia’ e ci baciava a tutti quanti”. Il domanda del pm Paci su dove abitasse la sorella Giovanna il collaboratore di giustizia dell’Acquasanta ha risposto: “Alle spalle di dove abitava la mamma di Borsellino. Ma il giorno della strage lei non c’era. Era sempre in zona Pipitone”.


Borsellino quater, Vito Galatolo: “Graviano e Tutino mi dissero di vendere il parcheggio vicino via d’Amelio”
di Aaron Pettinari - 19 febbraio 2015 - Ore 11:26
“Io ed i miei cugini gestivamo un posteggio in via Autonomia Siciliana, prima del ponte. Già Graviano a quell’incontro mi disse una cosa del tipo ma perché non vi lasciate questo parcheggio o una cosa del genere. Nel 1992 anche mio zio Pino, ci consigliava di lasciarlo ma noi non lo ascoltavamo perché questo parcheggio ci dava soldi. Poi dopo il discorso con Graviano anche Vittorio Tutino ci diceva di lasciare questo posteggio e che non ci dovevamo andare, ma noi continuavamo lo stesso anche dopo averlo ceduto. Quelli che avevano preso il circolo ed il posteggio, che avevano consegnato 50 milioni a mio cugino Angelo Galatolo (classe ’60), si spaventavano di eventuali concorrenze e noi eravamo comunque a disposizione. Ci stavamo in un bar lì vicino e se c’era qualcosa si interveniva. Questo discorso con i graviamo è 4-5 mesi dopo Madonia”. Alla domanda del pm se poi avesse riferito al padre il messaggio di Graviano, l’ex boss dell’Acquasanta ha risposto affermativamente. “Gli disse i questa cosa ma da quel momento lui rispose che non dovevo pià lasciare la nostra contrada. Lui voleva che me ne stavo fuori di Cosa nostra e che se qualcuno mi mandava a chiamare ancora non dovevo andare”.


Borsellino quater, Vito Galatolo: “Graviano mi disse di dire a mio padre che ‘siamo coperti’”
di Aaron Pettinari - 19 febbraio 2015 - Ore 11:14

“Filippo Graviano mi disse di dire a mio padre che se qualsiasi cosa lui veniva a sapere di stare tranquillo che eravamo coperti al mille per mille”. Il neo pentito Vito Galatolo, rispondendo alle domande del pm Paci al processo Borsellino Quater, sta parlando dell’incontro avuto con il boss di Brancaccio collocandolo nel tempo dopo la strage di Falcone. “Ho questo ricordo che era fine maggio, prima settimana di giugno del 1992. Posso dire che Salvo Madonia era arrestato e che Filippo Graviano mi pare si trovasse ai domiciliari o comunque era sotto qualche tutela. Mi disse che non poteva uscire”. “A quell’incontro - prosegue Galatolo - era presente anche Vittorio Tutino. Fu lui a dirmi che c’era ‘un amico nostro’ che mi doveva parlare. Andammo a Brancaccio e lì appresi che si trattava di Filippo Graviano. Quando mi vide mi chiese subito di mio padre e mi disse questa cosa da dirgli nell’orecchio, che c’era da stare tranquillo che siamo coperti”.


Borsellino quater, Vito Galatolo: “Da Fondo Pipitone è partita la guerra di mafia”
di Aaron Pettinari - 19 febbraio 2015 - Ore 10:28
“La guerra di mafia è partita da Fondo Pipitone, negli anni ’80 partivano tutte cose, gli omicidi fatti, me lo diceva mio zio Pino Galatolo, me lo diceva Stefano Fontana”. E’ iniziato a Caltanissetta l’interrogatorio di Vito Galatolo al processo Borsellino quater. Per l’ex boss dell’Acquasanta è la prima audizione innanzi ad una Corte da quando ha avviato il proprio percorso di collaborazione con la giustizia. “A fondo Pipitone - prosegue rispondendo alle domande del pm Paci - c’era la Casuzza e il Giardinello, questo giardino a Fondo Pipitone dietro casa nostra. Le riunioni si facevano lì e noi da ragazzi che eravamo ci mettevamo di fronte. A noi, a me, i miei cugini, che eravamo più giovani, ci dicevano ‘se vedete la polizia ci bussate’ e noi stavamo attenti che non arrivasse nessuno tra polizia e carabinieri. Si facevano riunioni e io vedevo un entra ed esci dei Madonia, di tutti”.


Borsellino quater, oggi in aula il pentito Vito Galatolo
di Aaron Pettinari - 19 febbraio 2015
Il pentito dell'Acquasanta per la prima volta sentito in un processo

Per la prima volta la voce di Vito Galatolo, l'ex boss dell'Acquasanta che ha rivelato i particolari del piano di morte nei confronti del pm di Palermo Nino Di Matteo, verrà sentita in un dibattimento. Un “battesimo” che avverrà questa mattina, davanti alla Corte d'Assise di Caltanissetta presieduta da Antonio Balsamo, al processo Borsellino Quater. Al pentito, che verrà sentito in videoconferenza, i pm chiederanno di confermare quanto già messo a verbale nel novembre scorso. Ai magistrati nisseni ha riferito di aver incontrato, tra febbraio e marzo del '92, Filippo Graviano, accompagnato da Vittorio Tutino, attualmente imputato nel quarto processo per la strage di via D’Amelio assieme a Salvatore Madonia e gli ex collaboratori di giustizia Vincenzo Scarantino, Francesco Andriotta e Calogero Pulci, accusati di calunnia. Secondo la ricostruzione di Galatolo jr Filippo Graviano gli avrebbe detto di non preoccuparsi perché “qualunque cosa accada noi siamo coperti”.
Quella parola, “siamo coperti”, Vito Galatolo ha raccontato ai pm di averla sentita anche in un'altra occasione. Nel verbale del 14 novembre, in cui compaiono comunque diversi omissis, il pm Lari ad un certo punto chiede: “Quindi è Messina Denaro che dice 'siamo coperti'”. E l'ex boss dell'Acquasanta risponde riferendo le parole del boss di Castelvetrano: “'Dite, riferite, siamo coperti, non sono i tempi del ’92-’93, oggi non ci sono queste cose, siamo coperti', basta. Io rifletto e dico, per questo mi sono fer… Coperti già è la seconda volta che lo sento dire...”. La prima, appunto, è stata in quel colloquio con Graviano. E in quell'occasione gli raccomandò anche di vendere al più presto il parcheggio che gestivano nei pressi di via D’Amelio. Dopo la strage lo stesso Tutino aveva detto a Galatolo: “Hai visto perché dovevi dare via il parcheggio? Mi piangeva il cuore se voi sareste rimasti in quel posto”.

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