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ciancimino-massimo-web32di Aaron Pettinari - 3 dicembre 2014
“Dopo la strage di Capaci il capitano De Donno incontrò mio padre per tutta l'estate del 1992. Una volta De Donno mi consegnò la piantina di Palermo ed un elenco di utenze telefoniche presumibilmente in uso a Totò Riina: mio padre avrebbe dovuto segnare la zona e indicare i numeri. Dopo una settimana riconsegnai tutto con indicato il quartiere di Viale Regione Siciliana e dissi: 'Lì dovete cercare Riina'”. E' il 14 dicembre 2007 quando Massimo Ciancimino (in foto) ha rilasciato queste dichiarazioni in un'intervista sul settimanale Panorama. All'età di 44 anni il figlio dell'ex sindaco mafioso, Vito Ciancimino, aggiunge che mai nessuno lo ha interrogato su questo aspetto tanto delicato dando il via, di fatto, alla sua storia di “testimone privilegiato”. Un ruolo che riveste anche se è imputato al processo trattativa Stato-mafia per concorso esterno e per calunnia, un'accusa quest'ultima che a Palermo nasce dalla produzione di un foglietto, che giurava essere stato redatto dal padre in persona, dove il nome di Gianni De Gennaro era inserito in una lista di investigatori avvicinabili da Cosa Nostra. Le perizie dimostrarono inesorabilmente come quel foglietto sia falso al punto che il 22 aprile 2011 per Ciancimino scattò persino l’arresto, ordinato proprio dalla procura di Palermo. Da quel momento il dibattito sull'attendibilità del figlio di don Vito divenne ancora più feroce con opinioni divergenti in particolare tra la Procura di Caltanissetta e quella di Palermo. Tuttavia quest'ultima non si era mai finora espressa “ufficialmente” in sede processuale.

Il parere al processo contro Mannino
“L'attendibilità di Massimo Ciancimino è solo 'parziale', ma al tempo stesso significativa, perché relativa ad un testimone privilegiato di quel momento e di quelle vicende”. E' così che questa mattina il pm Roberto Tartaglia durante la requisitoria al processo che si svolge con il rito abbreviato sulla trattativa Stato-mafia, e che ha come imputato l'ex ministro Dc Calogero Mannino, si è espresso al Gup Petruzzella quello che è stato il contributo dichiarativo di Massimo Ciancimino.
“Parliamo di parziale attendibilità, nel senso che sono dichiarazioni che noi consideriamo appunto attendibili soltanto nella misura e nei limiti in cui le stesse siano state riscontrate da altri elementi di prova, a volte di natura dichiarativa, ma anche in alcuni casi di natura documentale, oltre che di ordine logico”. Secondo la Procura il figlio dell'ex sindaco di Palermo è un “testimone privilegiato non fosse altro perché è il soggetto utilizzato da Mario Mori e Giuseppe De Donno per organizzare gli incontri con Vito Ciancimino. Massimo Ciancimino ha veicolato quegli incontri, in un rapporto di assoluta fiducia tra padre e figlio”. Aspetto questo che viene confermato da altri familiari, come il fratello Giovanni Ciancimino, ma anche da collaboratori di giustizia come Giovanni Brusca ed Antonino Giuffré. “In particolare Giuffré – ha ricordato Tartaglia - ci dice espressamente di aver sentito più volte parlare di Massimo Ciancimino, come di uno sul quale il padre Vito faceva affidamento 'in tutto', e addirittura che 'faceva le veci del padre', in alcuni suoi contatti delicati”.

Attendibilità intrinseca
Nella requisitoria Tartaglia ha anche affrontato il tema dell'attendibilità intrinseca di Massimo Ciancimino, spesso finita anche al centro di discussioni mediatiche, per cui questa sarebbe incrinata dal fatto che Massimo Ciancimino avrebbe reso le sue dichiarazioni spinto dalla pressante esigenza di ottenere vantaggi di natura processuale. “Non possiamo non dire – ha detto il pm - che in verità Massimo Ciancimino, proprio con le sue dichiarazioni, dal punto di vista giudiziario ha finito per aggravare la sua posizione: se non altro nell’ambito del procedimento trattativa, in cui – per le sue stesse ammissioni sul ruolo rivestito nello scambio di carteggi tra suo padre e Antonino Cinà (anche con espresso riferimento al papello delle richieste) – ha acquisito la veste prima di indagato ed attualmente di imputato del reato di concorso in associazione mafiosa, ripeto sulla base delle sue stesse dichiarazioni auto-accusatorie rese ai Pm di Palermo”. Ed anche sui beni e sul patrimonio “quando iniziò a rendere le sue dichiarazioni, sui beni, almeno su quelli che erano sino a quel momento sequestrati, di fatto ritroviamo da parte di Massimo Ciancimino una sostanziale ammissione della riconducibilità anche ad interessi mafiosi del patrimonio sequestrato: basti pensare alle dichiarazioni che incidentalmente Massimo Ciancimino fa quando ad esempio descrive il ruolo proprio, del padre e di Bernardo Provenzano nelle quote del gruppo Gas, in relazione al quale di fatto finisce per ammettere fedelmente tutti i presupposti di fatto e di diritto che avevano giustificato la misura patrimoniale e che ne garantiranno la persistenza”.

Appunto De Gennaro
Ricalcando il tema della parziale attendibilità di Ciancimino junior, il pm ha ricordato che “è stata la stessa Procura di Palermo a contestare l'accusa di calunnia. Una calunnia reale, per la vicenda di un documento del padre in cui compariva il nome De Gennaro. Documento, originariamente ritenuto autentico e successivamente si scopri' che il nome De Gennaro era stato trasposto al computer”. Il pm, da poco applicato in Dda, ha provato anche a dare una possibile chiave di lettura “di questa vicenda torbida, apparentemente senza motivo, che ha portato al fermo e all’imputazione di Massimo Ciancimino. La prima spiegazione è che Massimo Ciancimino sia stato tanto abile nella sua manipolazione quanto sbadato e leggero nel momento successivo presentando il documento successivo che è inutile. La seconda è quello che è stato riportato da lui stesso, cioè che è stato tratto in inganno da soggetti gravitanti nei servizi. La terza lettura è che questo episodio della consegna inutile lo si sia fatto nell'ambito di una manovra condotta dall’esterno per ridimensionare la portata delle sue dichiarazioni dato che su queste c’era una pressione mediatica notevole”. Pertanto per la Procura “La considerazione complessiva non ci consente di arrivare all’attendibilità generale sul soggetto e la valutazione va frazionata delle dichiarazioni, senza fare facili semplificazioni”.

Dal papello al contropapello, i documenti di don Vito
Durante la propria requisitoria il pm Tartaglia si è soffermato anche sui documenti presentati da Massimo Ciancimino, in particolare sul “papello” consegnato all'autorità giudiziaria il 14-10-2009. “I documenti consegnati – ha detto il pm - li leggiamo alla luce dei risultati pervenuti dalla polizia scientifica. Il papello è l’unico documento in fotocopia che contiene una serie di indicazioni: maxiprocesso, riforma legge sui pentiti, benefici ai dissociati, chiusura supercarcere ed altro ancora. Sull’angolo in alto risulta fotocopiato anche un post-it che presenta un’annotazione di Vito Ciancimino con scritto “consegnato a Mario Mori del Ros”. Ad oggi non si sa chi ha scritto quell'elenco anche se tutti parlano di una dettatura di Riina. Non è frutto di contraffazione e si tratta di una fotocopia di un documento originale. Dal toner e dalla carta usati si può dire che c'è una elevata probabilità che risalga al '92 e la certezza che non è stato confezionato da Massimo Ciancimino a uso e consumo delle sue dichiarazioni alla Procura”. Del papello parlarono numerosi pentiti in primis Giovanni Brusca che “ha parlato dell’iniziativa di esponenti delle istituzioni e che quelle richieste a suon di bombe erano la strategia vincente per Cosa nostra”. Inoltre Brusca “nel periodo tra Capaci e via D’Amelio aveva incontrato Riina che con soddisfazione gli aveva detto in riferimento ad esponenti dello Stato 'si sono fatti sotto' e 'gli aveva presentato un papello così'” e lo stesso Riina “'gli aveva fatto desistere da seguire le abitudini di Mannino” in riferimento al progetto di attentato nei confronti dell'ex ministro. Altra testimonianza importante è quella di Pino Lipari, uno dei più stretti collaboratori di Riina e Provenzano, un tempo era soprannominato il “ministro dei Lavori pubblici di Provenzano”, oggi è un boss che ha fatto alcune dichiarazioni ai magistrati
dopo il suo arresto. “Ha spiegato di aver saputo del papello da Antonino Cinà, il medico di Riina, e poi anche dallo stesso Ciancimino, durante una visita nella sua casa romana”. Ciancimino spiegò a Lipari di aver consegnato l'elenco di richieste di Cosa nostra a un capitano dei carabinieri, Giuseppe De Donno, ovvero la stessa versione che viene data da Massimo Ciancimino. I carabinieri sostengono invece di non avere mai ricevuto alcun “papello” da Ciancimino.
Tra i documenti che vengono ritenuti originali vi è anche il contropapello, consegnato il 14 ottobre 2009, in cui appaiono delle richieste allo Stato “ammorbidite” da don Vito.
Secondo la ricostruzione offerta dal pm “E' con certezza riconducibile alla grafia di don Vito Ciancimino anche il documento in cui Vito Ciancimino commenta le dichiarazioni rese da Mori e De Donno al processo di Firenze per le stragi. Ebbene, Vito Ciancimino, di suo pugno, annota testualmente: 'hanno reso falsa testimonianza'”. Sempre in un altro manoscritto sono dell'ex sindaco mafioso le annotazioni testuali “Passaporto a De Donno per vie normali. Consegna mappe città, utenze AMAP. Utilizzo per conoscere possibile ricovero boss. 17/12/1992, partenza per PA. Propongo appalti privi effetto. Mi promise che mi avrebbero risposto entro martedì successivo. Rientro sabato 19/12/92. Comunico risultato a De Donno, mezz’ora dopo arrestato”. “Si tratta di dettagli utili a comprendere le fasi finali della sua interlocuzione con il Ros fino al momento del suo arresto” ha aggiunto Tartaglia. Inoltre, tra i documenti consegnati da Ciancimino junior, l'ex sindaco di Palermo scriveva anche di Mori: “Mi ha detto di essere stato autorizzato”. Annotava: “Sono ancora in attesa del passaporto promesso dal colonnello e dal capitano” e parlava di un incontro con Mori a giugno, quando invece Mori ha sempre sostenuto di aver parlato con Ciancimino solo dopo la strage Borsellino, dunque a fine luglio.

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