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tribunale-di-palermo-effdi Miriam Cuccu - 12 novembre 2014
Che Cosa nostra avesse messo il nome di Nino Di Matteo nella lista nera, (e con lui, anche i pm del pool trattativa Vittorio Teresi, Francesco Del Bene e Roberto Tartaglia) è ormai cosa nota. Tra lettere anonime, allarmi bomba e misteriose incursioni, ai quali si sono aggiunte le condanne a morte uscite dalla viva voce di Totò Riina (la cui volontà di rivalsa non sembra essersi placata dopo ventun anni di 41bis) la lista delle intimidazioni contro i pubblici ministeri che, in barba a tutti quanti, hanno istruito il processo che intende accertare il cedimento dello Stato all’aut aut della mafia si fa sempre più lunga.
Tra gli ultimi a rilasciare dichiarazioni in merito ad una possibilità di attentato contro Di Matteo vi è il boss Antonino Zarcone, ex reggente del clan di Bagheria e oggi collaboratore di giustizia. Il periodo da quest’ultimo riferito sarebbe quello del 2006-2007. Nel 2011 anche il pentito Stefano Lo Verso parlò dell’intenzione, da parte delle famiglie di Bagheria, di pianificare un attentato contro il magistrato e Giuseppe Lumia. Più le indagini sulla trattativa prendevano forma, fino ad arrivare al processo e all’apertura di un ulteriore fascicolo, più le minacce si sono fatte pressanti.

Spiati
Una missiva, composta da dodici pagine con lo stemma della Repubblica italiana sul frontespizio viene recapitata il 18 settembre di-matteo-sx2012 nell’abitazione di Di Matteo. È il cosiddetto “Protocollo farfalla” che mette in guardia i magistrati avvertendoli di essere spiati da “uomini delle Istituzioni” che “canalizzano le informazioni che riescono ad avere”.
Pochi mesi dopo, è il 26 marzo, un anonimo preannuncia al magistrato che “Amici romani di Matteo (Messina Denaro, ndr) hanno deciso di eliminare il pm Nino Di Matteo in questo momento di confusione istituzionale, per fermare questa deriva di ingovernabilità”. Il giorno della prima udienza, il 27 maggio, il processo trattativa Stato-mafia viene inaugurato dall’arrivo dell’ennesima missiva che ancora una volta avverte Di Matteo: “Il nemico ti spia, come e quando vuole. Attenzione a quando parli, alle auto su cui viaggi, al telefono cellulare. E come se avessi vicino a te una microspia”.

Strane incursioni
Il processo trattativa è iniziato da soli due mesi. Tornando a casa, il pm Tartaglia (in foto © Paolo Bassani) si accorge che la serratura è stata forzata e che alcuni oggetti sono stati presi dalla sua camera da letto, impilati su un mobile dell'ingresso. Gli ignoti autori del gesto hanno rovistato nei cassetti ma non hanno portato via nulla dalla casa.
33In precedenza non sono mancati altri episodi inquietanti. Già nel settembre 2012 Tartaglia aveva ricevuto diverse telefonate mute, provenienti da schede internazionali e non rintracciabili. Un altro episodio riguarda un interrogatorio in una località segreta svolto da Di Matteo e dallo stesso Tartaglia. Nessuno in procura era a conoscenza del viaggio dei due ma giunti sul posto incontrano un uomo che sembra conoscere diversi particolari sulla loro presenza in quel luogo.
Altre incursioni sono avvenute nel pianerottolo dell'abitazione di Di Matteo, dove era stata manomessa una cassetta elettrica. Sempre nello stesso palazzo, qualcuno si era arrampicato sulle impalcature montate per ristrutturare la facciata. Qualche tempo prima i carabinieri della scorta del pm palermitano avevano trovato, nascosta fra le aiuole di fronte l’ingresso di casa, una sbarra di ferro per aprire i tombini.

“Corleone non dimentica”
“Questo Di Matteo non ce lo possiamo dimenticare. Corleone non dimentica” assicura Totò Riina dal Carcere di Opera. Ad ascoltarlo c’è Alberto Lorusso, affiliato della Sacra Corona Unita, mentre il Capo dei capi parla di pianificare un attentato contro il riina-lorussomagistrato di Palermo: “E allora organizziamola questa cosa... Facciamola grossa e non ne parliamo più” tanto, aggiungeva, “sempre al processo deve venire”. “E allora se fosse possibile ucciderlo,  – aveva continuato – un’esecuzione come a quel tempo a Palermo…”. Mesi dopo l’input del Capo dei capi, inspiegabilmente infastidito più dal processo in corso che non dai cinque ergastoli che Di Matteo aveva precedentemente ottenuto nei suoi confronti, potrebbe non essere passato inosservato.

Accura, Scarpinato!
Ma non è solo il pool della trattativa ad essere stato preso di mira. Al centro di pesanti intimidazioni è finita anche il procuratore aggiunto Maria Teresa Principato, che dà la caccia al superlatitante Matteo Messina Denaro e ancor più recenti sono le minacce nei confronti del Procuratore generale Roberto Scarpinato (in foto © Giorgio Barbagallo).scarpinato-c-g-barbagallo-2013 La notte tra il 2 ed il 3 settembre scorso qualcuno è entrato nell'ufficio del Pg lasciando sulla scrivania una lettera anonima. “Possiamo raggiungerti ovunque” è scritto nella missiva, oltre all'invito ad interrompere le proprie indagini, un nuovo filone che verterebbe sui contatti tra il generale Mario Mori (imputato per favoreggiamento a Cosa nostra) e la P2. Venti giorni dopo qualcuno si è nuovamente introdotto, eludendo tutti i controlli, lasciando una scritta sulla polvere della porta di fronte l’anticamera della stanza del pg: "Accura" (che in dialetto siciliano vuol dire, "Stai attento", ndr). Proprio le immagini della videosorveglianza risalenti a quei giorni sarebbero sparite a causa di un guasto alla strumentazione che ad oggi è rimasto comunque senza spiegazione.

Bombe e proiettili
Intorno alla Procura di Palermo la situazione si fa sempre più tesa. La mattina del 7 ottobre è stato trovato in un’aiuola, tra il vecchio ed il nuovo tribunale, un proiettile da guerra di grosso calibro in dotazione alle forze armate israeliane. Due settimane dopo, il 21 ottobre, una telefonata anonima annuncia che una bomba sarebbe scoppiata alle 10.30.palermo-piazza-della-memoria Già in precedenza vi erano stati altri allarmi bomba lungo via Libertà, nei pressi del carcere all’Ucciardone ed anche in prossimità dell’abitazione dello stesso Scarpinato. Anche in questo caso si tratterà di falsi allarmi ma resta la testimonianza di un’aria di tensione reale e concreta che torna con forza oggi, alla luce delle nuove “fonti confidenziali” che hanno indotto gli esperti del Viminale a scendere fino a Palermo. Un fatto inusuale che fa capire come sia comunque presa in seria considerazione la nuova minaccia contro Di Matteo ed il resto del pool.

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