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de-magistris-genchidi Francesca Mondin - 26 settembre 2014
Colpo di scena per l’affaire Why not, i giudici della X sezione penale del Tribunale di Roma hanno condannato sia il consulente informatico Gioacchino Genchi che l’ex magistrato, ora sindaco di Napoli, Luigi De Magistris ad un anno e tre mesi di reclusione a conclusione del processo. Entrambi sono accusati di abuso d’ufficio per aver acquisito dei tabulati telefonici di cinque parlamentari, si legge nelle carte,  senza le necessarie autorizzazioni delle Camera di appartenenza. Tra i numeri analizzati da Genchi infatti finirono quelli di Romano Prodi, Clemente Mastella, Francesco Rutelli, Marco Minniti e Antonio Gentile.



“Why not”

Il fatto ebbe origine dall’indagine “Why not”, avviata nel 2005 dall’allora sostituto procuratore di Catanzaro Luigi de Magistris. Il personaggio chiave attorno al quale girava tutta l’indagine era Antonio Saladino, imprenditore e presidente della Compagnia delle Opere in Calabria i cui numerosi contatti telefonici, in molti casi, corrispondevano ad altrettanti presunti affari illeciti. Per rintracciarli de Magistris era partito dalle dichiarazioni di Caterina Merante (una dei soci e amministratori della società di outsourcing “Why not” di Lametizia Terme che forniva alla Regione Calabria lavoratori specializzati nel settore informatico, ndr). Affidandosi alle consulenze di Gioacchino Genchi, che analizzando i tabulati telefonici di Saladino aveva tracciato una mappa dei rapporti dell’imprenditore con i personaggi più disparati: da Luigi Bisignani a Valerio Carducci, da Romano Prodi ad Agazio Loiero e a molti altri.

Nel settembre del 2007 però, uscì la notizia che nel registro degli indagati c’era anche l’allora ministro della Giustizia Clemente Mastella (poi prosciolto dalle accuse, ndr), il quale chiese ed ottenne dal procuratore generale facente funzioni di Catanzaro Dolcino Favi l’avocazione dell’inchiesta. Di conseguenza nel settembre del 2007 le carte furono tolte a de Magistris e affidate alla procura generale.

Il processo

Ed ecco che il 21 gennaio 2012 il Gup di Roma Barbara Callari rinviò a giudizio Luigi De Magistris e Gioacchino Genchi con l’accusa di aver acquisito in modo illegittimo i tabulati telefonici di alcuni parlamentari.

Roberto Felici, rappresentante la pubblica accusa, aveva però chiesto l’assoluzione per De Magistris sostenendo che “il processo ha dimostrato che non era a conoscenza che stesse compiendo atti illeciti”. Diversamente per il consulente informatico, il pm aveva chiesto un anno e sei mesi.
La difesa però sostiene che all’epoca si indagasse su utenze delle quali non si potevano sapere a priori le intestazioni dal momento che le utenze, spesso, erano intestate a società e persone terze. Di conseguenza, secondo gli avvocati difensori, i tabulati erano stati acquisiti da Genchi senza sapere chi utilizzasse quei telefoni.

La sentenza

La richiesta del pm romano però non è stata concessa dal Tribunale, presieduto da Rosanna Ianniello, che ha disposto anche l’interdizione dai pubblici uffici per un anno per i due imputati e in via provvisoria ha stabilito un risarcimento danni di 20 mila euro ciascuno per i personaggi che si erano costituiti parte civile. Il giudice ha comunque concesso le attenuanti generiche, la sospensione della pena irrogata, compresa quella accessoria, e la non menzione nel certificato penale.

De Magistris

Attorno alla condanna di De magistris, si è già sollevato un polverone di polemiche per la sua carica pubblica. In quanto l’ex pm ha detto che comunque vada, farà il sindaco fino al 2016, sebbene in molti sostengono ci debba dimettere. In base alla legge Severino De Magistris rischia infatti la sospensione di 18 mesi dalla carica di sindaco di Napoli.

Il primo cittadino di Napoli in riferimento alla sentenza ha dichiarato: “Non cederò alla tentazione di perdere completamente la fiducia nello Stato. Rifarei tutto.” “In Italia-ha sottolineato- credo, non esistano condanne per abuso di ufficio non patrimoniale. Sono stato condannato per avere acquisito tabulati di alcuni parlamentari, pur non essendoci alcuna prova che potessi sapere che si trattasse di utenze a loro riconducibili. Non avendo commesso alcun reato, ho la speranza che si possa riformare, in appello, questo gravissimo e inaccettabile errore giudiziario”.

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