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guzzanti-sabina-effect-0La Guzzanti oltre le polemiche
di Aaron Pettinari - 10 settembre 2014
Che vi sarebbero state polemiche per un film che parla di un tema come la trattativa tra Stato e mafia era abbastanza scontato. Del resto se l'iter per la realizzazione è stato irto di ostacoli anche la fase successiva, ovvero la visione nelle sale (che prenderà il via ad ottobre) dopo la presentazione ufficiale fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia, non poteva essere una semplice passeggiata. Ciò che Sabina Guzzanti forse non si aspettava è che a muovere una delle prime critiche sarebbe stato l'ex procuratore Gian Carlo Caselli, che a Palermo è stato sette anni nel tempo immediatamente successivo alle stragi.
“Chiariamo subito una cosa – dice la Guzzanti - i meriti dell’ex procuratore di Palermo non sono minimamente messi in discussione nel film ed è proprio per questo motivo che la critica mossa da Caselli è stata tanto inattesa. Ciò che gli ha dato fastidio, da quel che ho potuto leggere nella sua lettera, è il modo in cui è stata raccontata, usando le stesse parole dell'ex pm, “una pagina grave e oscura come la mancata perquisizione del covo”. Non si contesta l'episodio anche perché è basato su quanto da lui raccontato sia in Tribunale che per telefono. Dice che nella rappresentazione ho usato una “tecnica da cabaret” e certo non è la prima volta che mi capita di ricevere lezioni non richieste su cosa sia la “vera satira” e quali siano i suoi presunti limiti. Ma ovviamente non mi aspettavo che anche il dottor Caselli si risentisse in questa maniera. Del resto se ho realizzato questo film è anche grazie all'esempio di figure come la sua”.

Se da una parte c'è chi critica dall'altra arrivano anche tanti complimenti. Sia dopo la conferenza stampa di presentazione che alla prima assoluta della scorsa settimana vi sono stati quasi dieci minuti di applausi.
In realtà erano anche di più e sono finiti soltanto perché ci siamo alzati noi. A Venezia c'è sempre questa “gara” su quale film è stato più applaudito, anche se io non vedo troppo queste competizioni. Da parte mia posso dire che è stato sicuramente un momento molto bello. Abbiamo capito che al pubblico è piaciuto quel che abbiamo realizzato e, tra l'altro, una conferma ce l'hanno data i numeri. In quattro proiezioni in un giorno e mezzo hanno visto il film più di quattromila persone. Di questo non possiamo che essere contenti.

Questi applausi possono essere una sorta di rivincita sul Ministero che le ha negato il finanziamento che lei aveva richiesto oltre al riconoscimento non oneroso di film “d’interesse culturale”?
Di questa storia si è parlato tanto. Certo mi ha fatto arrabbiare ma sinceramente spero che questo film rappresenti una rivincita per cose più importanti che non per la Commissione del Ministero.

Come nasce l’idea di fare questo film su un tema così delicato come la trattativa?
È un tema delicato, ma se ne parla da tanto tempo e nessuno ci ha capito niente, me per prima. Io ho cominciato da quello che sapevo traendo spunto dai giornali e dalla tv. Quando ho cominciato a leggere dei libri, a studiare, ho scoperto delle cose che non sapevo affatto, ma non è tanto che non sai questo o quell’episodio, il fatto è che spesso non si riesce a capire in che modo sono collegati tra loro, o potrebbero essere collegati tra loro, e la-trattativa-di-sabina-guzzantisoprattutto qual è l’importanza di questi episodi, perché noi siamo bombardati da notizie continuamente. Un momento ci parlano del terremoto nelle Filippine e poi di altre mille cose che accadono, ma le notizie prese così non significano proprio nulla. Quindi dobbiamo approfondire. Perché si parla si trattativa? Ci sono ogni tanto delle polemiche, ogni tanto se ne riparla, ogni tanto si dice che si è messo in piedi un processo inutile, che non arriverà mai da nessuna parte. Così fosse non sarebbe una novità, perché da noi i processi sulle stragi non vanno da nessuna parte, ma che l’opinione pubblica possa capire quali sono i dubbi e le accuse che queste inchieste, nel corso di vent’anni, hanno prodotto resta comunque un fatto importante. Del resto quando noi diciamo nel titolo “#latrattativa”, non è che parliamo di un film che si basa sul processo di Palermo, è un film che mette insieme un insieme di accadimenti, su cui hanno investigato nel corso di vent’anni tre diverse Procure o anche non hanno investigato in alcuni casi, oppure hanno investigato molto, molto tardi. Quindi ho fatto questo film perché mi sembrava appassionante come racconto, e credo sia molto utile, perché dà delle spiegazioni a tante domande che ci siamo fatti in questi anni e, soprattutto, mette chiunque in condizione di capire di che cosa si parla, anche alle persone che non leggono i saggi specialistici o anche quelli che non leggono proprio il giornale.

La scelta usata per effettuare questo racconto è stata quella se si vuole “inusuale” dell'impostazione teatrale ma molto efficace. E' uno degli aspetti più apprezzati dal pubblico.
Sì, in realtà è stato un processo piuttosto lungo, in cui mentre studiavo, naturalmente, dicevo: “Dio mio come la posso raccontare tutta questa quantità di avvenimenti che si svolgono nell’arco di tanti anni?”, ho escluso subito di poterla raccontare con un documentario, perché sarebbe venuta una cosa noiosissima, che non ha niente a che fare con un film, ho provato a raccontarla soltanto con la finzione, ma anche in quel caso ci sono cose che non si possono proprio raccontare. In quella maniera sarebbe venuto un lavoro anche molto tradizionale, che non mi appartiene. Finché poi ho trovato questa formula, che ha veramente tanti vantaggi, perché appunto si può mettere in contatto la finzione con il materiale di repertorio e con le interviste, senza che sembri che si stanno mescolando più cose diverse.

Un’altra tecnica che non manca è l'uso dell'ironia, come in tutti i suoi film, non solo nelle mini scene recitate ma anche nelle interviste come ad esempio quella all'ex ministro Mancino.
A dire il vero in quell'intervista non era più lui ad essere ironico, nel senso che comunque Mancino, a parte gli scherzi, nel film risponde quello che ha risposto in Tribunale. Del resto non è che poteva rispondere una cosa diversa, essendo imputato. Questa è la sua versione dei fatti. Però è vero che per uno spettatore che non sa niente sembra che le sue siano risposte assurde, quasi una presa in giro (ad esempio quando dice di non sapere chi fosse Borsellino prima di avergli stretto la mano, ndr). Personalmente credo che questo sia un film che fa venire molta voglia di approfondire.

Lei, anche nel film, dice che non serve la verità processuale per farsi un'idea di un fatto che poi è accaduto. Può il cinema o comunque un'opera come la sua colmare il vuoto che troppo spesso lascia l'informazione nel racconto di certe storie?
Io direi che nel nostro Paese ad essere svuotata è proprio la democrazia e l’informazione, in quanto è parte di la-trattativa-film-mancinoessa, è svuotata a sua volta. Troppo spesso cambia segno per ragioni squisitamente nazionali, ma anche per ragioni globali. Diciamo che stiamo vivendo una fase di de-democratizzazione in cui la democrazia è una parola veramente vuota c’è rimasto solo il voto e anche quello sta diventando, con queste riforme, sempre più inutile, questo film è un gesto di democrazia, innanzitutto mettere tutti in grado di capire di che si parla, e poi di discutere senza dover aspettare la conclusione dei processi, cioè uno degli slogan da cui siamo stati perseguitati in questi anni è “finché non c’è la sentenza definitiva non si può giudicare”. Io mi chiedo: “perché?” La sentenza definitiva riguarda soltanto la responsabilità penale, però qua stiamo parlando di fatti che sono realmente accaduti, al di là di chi siano i responsabili, comunque responsabili di questi fatti sono per forza all’interno delle istituzioni, perché si parla di fatti che non sarebbero potuti avvenire se non ci fossero stati dei complici nelle istituzioni. E se questi complici non fossero stati tanti e anche molto importanti, quindi, perché non dobbiamo ragionare su queste cose, visto che quello che è successo in quegli anni, a mio giudizio, a giudizio di tanti altri, ha cambiato il corso della nostra democrazia?

In che modo sarebbe cambiato?
E' sotto gli occhi di tutti che da quei fatti, di quegli anni, questo Paese è paralizzato. Siamo rimasti sempre allo stesso punto, discutiamo degli stessi fatti e abbiamo gli stessi problemi, economici, di corruzione, di capitalismo corrotto e inetto, di mancanza di meritocrazia, che tradotto significa di clientela, perché qua non è tanto la meritocrazia quanto il fatto che, appunto, passano soltanto quelli che appartengono a dei clan. E chi non appartiene a dei clan e non si impegna anche a mantenere in salute il clan non ha nessuna possibilità di futuro in questo Paese.

Il vostro racconto inizia con il pentimento di Spatuzza nel 2008, però forse il personaggio di cui parlate in forma quasi inedita è il testimone Luigi Ilardo.
latrattativa-film-guzzantiNell'inchiesta che ho condotto sicuramente Ilardo è una delle figure che più mi ha colpito. Nella sua storia ritrovo un paradosso della nostra informazione. Si è parlato abbastanza del processo Mori – Obinu, che si è concluso di recente con una assoluzione in primo grado, ma nessuno sa che il processo Mori – Obinu si fonda sulla testimonianza e comincia con la testimonianza del colonnello Riccio e di questo rapporto con questo infiltrato che poi sarebbe dovuto diventare un collaboratore di giustizia. Tra l’altro tutti i verbali e il racconto di Riccio li ho trovati su Antimafia Duemila, in cui ci sono anche le registrazioni che Riccio faceva durante questi incontri. Nel film questi incontri vengono sintetizzati ma credo sia importante approfondire, capire anche lì perché questo generale Mori sta sotto processo da tantissimi anni, sapere almeno perché, che cosa gli si contesta.

Lei che idea si è fatta della trattativa tra Stato e mafia? Dopo tanti anni ancora non si è arrivati ad una verità così come è accaduto per tanti altri fatti e misteri che si sono avuti in Italia. Alcuni li accennate anche nel film come la sparizione dell'agenda rossa o il riferimento a Portella della Ginestra.
Esatto. Partiamo da un aspetto. Quando si parla di trattativa innanzitutto dobbiamo considerare la parola come un titolo giornalistico, come dire tangentopoli, che forse non è calzantissimo come esempio, dentro cui ci sono tanti episodi e tanti scandali. Ecco con questa parola si fa riferimento a tante cose. Spesso l’opinione pubblica è convinta che quando si parla di trattativa si parli di un tentativo, da parte di alcune mele marce o alcuni servitori dello Stato, a seconda di come la si vuol pensare, di scendere a patti con Cosa Nostra allo scopo di fermare le stragi e che in cambio della cessazione delle stragi sia stato concesso ad alcuni boss mafiosi di non essere più sottoposti a regime di carcere speciale che è il 41 bis. L’idea che mi sono fatta io invece, senza entrare nel merito del processo in corso a Palermo, è che tutti questi fatti messi insieme in realtà sollevano dei dubbi molto più pesanti e d’altra parte molto più utili per capire il presente. Ovvero, che le stragi stesse siano state concepite all’interno delle istituzioni. Naturalmente non da tutte. Si scorge la presenza di servizi segreti deviati e poi ci sono anche personaggi che stanno a metà. Possono esserci magistrati, che poi sono anche massoni, quindi se sono massoni sono gli stessi che magari hanno storicamente partecipato a dei tentativi di colpi di Stato. Comunque parliamo di una cerchia abbastanza ampia di persone, che ha sempre reagito in questo modo di fronte alla possibilità di cambiamento. Non dimentichiamo il contesto storico di quegli anni in cui l’Italia sembrava che stesse cambiando, perché era caduto il Muro di Berlino, perché c’era tangentopoli, perché la coscienza dell’opinione pubblica era più forte, perché c’erano tanti magistrati che finalmente erano liberi di investigare. C’era Falcone che era riuscito a condannare tanti boss all’ergastolo, per la prima volta nella storia, a dimostrazione che un patto fra lo Stato e la-trattativa-guzzanti-2mafia c’è sempre stato. Questo cambiamento viene bloccato dalle stragi e questo conflitto si risolve con un patto politico. Perché di fatto da quegli anni la politica italiana cambia completamente faccia, non solo perché nasce un partito di centrodestra con delle caratteristiche che in questo Paese non si erano mai viste e nasce dal nulla, ma anche perché cambia faccia l’opposizione, che da quel momento in poi non solo non farà opposizione, ma quando si alternerà nei governi di centrosinistra porterà avanti le stesse riforme, lo stesso identico progetto.

E la società viene influenzata da questo cambiamento?
Assolutamente. Cambia completamente la cultura di questo Paese, quelli che erano considerati valori improvvisamente vengono derisi e divengono disvalori, cambia la televisione, cambia la comunicazione, cambia il rapporto tra cittadini e istituzioni. Cambia l’Italia, nel senso che rimane bloccata da una parte mentre la corruzione aumenta ancora. Quando è scoppiato lo scandalo di tangentopoli sembrava che i livelli di corruzione fossero già molto alti e invece si sono alzati ancora di più. Il sistema corrotto che c’era continua ad essere corrotto e continua ad esserlo in modo ancora più sfrontato. La corruzione non è più vista come un problema, visto che quelli che vengono beccati con le mani nel sacco non si dimettono. Basta osservare quello che abbiamo vissuto in questi anni. Per questo mi sembrava importante fare questo film.

Lei ha definito questo lavoro come un “film di smisurato ottimismo”. Cosa vuole dire? Che si arriverà alla verità su questi fatti?
La verità è ragionare, non è che esiste un’altra verità al di fuori del ragionamento. Sono sicura che questo film metta in moto dei pensieri e quindi che liberi delle energie, non è che si arriva alla verità. Si arriva ad un cambiamento nel momento in cui nasce una coscienza politica e una cultura politica che abbiamo perso completamente, cioè nel momento in cui riusciamo a essere uniti e a fare delle battaglie politiche, cosa che non riusciamo a fare. Però voglio anche dire che finché non si arriva a una verità condivisa su dei fatti come questi è impossibile anche richiamare all’unità nazionale, ai sacrifici e a qualsiasi cosa, perché come facciamo a sentirci un popolo nel momento in cui una bella fetta di italiani, comunque la metà, è convinta che queste cose siano la-trattativa-film-teamaccadute? Perché noi, anche se appunto queste cose non si sanno, però se tu chiedi a chiunque per strada che cosa è la trattativa Stato – mafia ti risponde: “Che non lo sai?”, che lo Stato e la mafia vanno a braccetto è una notizia? Dove sta il film e qual è la questione, cioè una cosa di cui siamo convinti tutti, siamo convinti e siamo terrorizzati, cioè un’altra prova che viviamo in uno stato di mafia è quella, cioè non è che gli italiani non reagiscono, gli italiani hanno paura e hanno paura a ragione perché chiunque dica una parola fuori posto perde il posto, perché comunque soltanto se stai dentro quelle regole vai avanti, altrimenti no. Quindi per spezzare questa paura bisogna unirsi, non c’è un’altra possibilità, non c’è nessun gesto individuale, nemmeno questo film, che possa risolvere i nostri problemi.

Quanto le dà fastidio, se le dà fastidio, il fatto che le prime cose che in molti hanno fatto notare sono il riferimento critico rispetto a Napolitano e al “solito” Berlusconi?
A dire il vero io non sono una che guarda a queste cose. Parlano di Napolitano perché comunque sanno che è una cosa che fa polemica, ma Napolitano in realtà nel film c’è molto poco, viene contestato al Capo dello Stato un fatto acclarato ed eclatante. Napolitano in quegli anni era il Presidente della Camera, ed a prescindere da questo ruolo istituzionale che aveva all'epoca l’atteggiamento che ha avuto nei confronti del processo in corso a Palermo non ci fa pensare che la posizione di Napolitano sia davvero quella di voler favorire le indagini perché si arrivi alla verità. Mi sembra che sia piuttosto esplicitamente convinto che invece queste indagini non vadano fatte e francamente non si capisce perché. E' un dato di fatto che se queste indagini non fossero state fatte tutte queste cose che si raccontano nel film non le sapremmo. Personalmente credo che anche se, come dice qualcuno, avessero soltanto un valore storico e dal punto di vista invece processuale fossero del tutto infondate, il fatto che abbiano un valore storico resta un valore preziosissimo. Non c’è un altro modo che questo per capire come sono andate le cose.

E sulla questione di Berlusconi?
Naturalmente mi aspettavo questa obiezione ma questo non è un film su Berlusconi. Nel racconto si parla di la-trattativa-film-guzzanti-berlusconiForza Italia come soluzione politica e Berlusconi giustamente c'è ma non si parla solo di lui. L'ex premier è una comparsa nel film ed è probabilmente quello che è in questa storia, uno che comunque, come sappiamo, ha dovuto fare quello che ha dovuto fare. Questo invece è un film sullo Stato e sulle relazioni tra lo Stato e la mafia laddove per mafia non parliamo di una cosca, si parla di un sistema che coinvolge i livelli più alti della nostra classe dirigente.

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