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ingroia-antonio-web21di Aaron Pettinari - 6 maggio 2014
L'ex pm commenta il provvedimento che toglie le inchieste a Di Matteo, Tartaglia e Del Bene
Qualche tempo dopo l'annuncio delle proprie dimissioni dalla magistratura Antonio Ingroia aveva parlato di “senso di estraneità rispetto alle logiche 'politiche' del Csm e alle timidezze e all’ingenerosità dell’Anm nel difendere i magistrati più esposti della procura di Palermo”. Oggi l'ex pm, commentando la circolare del Csm dello scorso 5 marzo con cui di fatto si preclude ai pm Antonino Di Matteo e Roberto Tartaglia (e a partire da giugno anche a Francesco Del Bene ndr) la possibilità di effettuare nuovi indagini sulla trattativa Stato-mafia, è altrettanto deciso: “E' il colpo di grazia che segue una catena di provvedimenti politici ed amministrativi che sono conseguenza di un approccio totalmente burocratico e refrattario al principio che dovrebbe avere la precedenza, ovvero la ricerca della verità su vicende oscure quanto delicate e non è la prima volta che accade”.

A quali altri episodi fa riferimento?
“E' già successo in passato a me e a Roberto Scarpinato, quando ci siamo trovati ad occuparci delle indagini sui 'Sistemi criminali'. Poi sempre al sottoscritto sin dagli albori dell'inchiesta sulla trattativa. Questa inchiesta ha sempre suscitato un'avversione evidente rispetto chi stava indagando. Prova è l'isolamento, gli ostacoli a ripetizione ed i tentativi per neutralizzare le indagini. Questa nuova circolare rappresenta solo l'epilogo di una catena di provvedimenti che hanno un filo unico. Un approccio burocratico di questo tipo finisce per frustrare le professionalità che si sono formate in anni ed anni di attività di indagine e contemporaneamente comporta una dispersione della memoria storica che di fatto rappresenta un enorme rischio. Dover ricominciare tutto daccapo non rende solo difficili le indagini, ma persino insostenibili”.

Che danno potrebbe portare alle indagini la perdita di tre membri del pool che fino ad esso ha seguito l'inchiesta?
“Quando presi la decisione, giusta o sbagliata che fosse, di lasciare il processo ero certo che i sostituti avrebbero proseguito il lavoro che avevamo iniziato assieme. La conoscenza approfondita delle indagini e del processo che possono avere i pm Antonino Di Matteo, Francesco Del Bene ed anche Roberto Tartaglia, non potrà mai essere raggiunta in tempi brevi da qualsiasi altro collega, con tutto il rispetto per loro. Ricominciare da zero, ricostruire un gruppo di lavoro dall'inizio comporterebbe un forte danno all'indagine, già di per sé complicata a causa dei 'muri di gomma', dei depistaggi antichi e recenti, che si trova ad affrontare. Il provvedimento del Csm, per usare un eufemismo, così come viene presentato non appare certo come un amico di verità e giustizia, soprattutto se non si consentono più di individuare quelle situazioni di eccezionalità che potrebbero portare all'applicazione dei pm non appartenenti alla Dda alle indagini”.

Nella nuova circolare di fatto vengono individuati criteri molto più rigidi per individuare i “casi eccezionali”. Si parla di delitti contro l’economia, la pubblica amministrazione, la salute e l’ambiente, oppure nel caso in cui tutti i magistrati appartenenti alla Dda abbiano un carico di lavoro tale da impedire loro di occuparsi di altre indagini.
“In passato, quando ancora ero procuratore aggiunto a Palermo, noi utilizzammo la possibilità dell'applicazione e la adottammo proprio con Di Matteo che nel frattempo non era più in Dda. Un'eccezione alla regola che venne presa in maniera unanime anche in accordo con il capo della Procura Messineo. In primo luogo bisogna capire bene il margine di manovra che viene permesso dalla nuova norma. Se ci sono i margini per avanzare il quesito sono certo che chi di dovere saprà stimolare il Procuratore capo affinché metta in atto tutti gli strumenti per non smembrare il pool”.

Sia dopo l'archiviazione del procedimento disciplinare nei confronti di Di Matteo che dopo la decisione della Cassazione di respingere la richiesta di rimessione del processo Trattativa presentata dagli imputati Mori, De Donno e Subranni c'è stato un certo “silenzio mediatico” da parte di chi ha sempre attaccato il processo trattativa Stato-mafia. Non per essere dietrologi, non è possibile che vi fosse tranquillità proprio per questo nuovo “stop” in arrivo?
“Sia quando ho vestito i panni del magistrato che oggi non sono mai stato troppo predisposto alle dietrologie. Tuttavia possiamo dire che è un dato di fatto che non c'è, e non c'è mai stata, vita facile per chi ha fatto certe indagini. Né tantomeno vi sono particolari ambizioni di carriera da parte di chi è stato protagonista delle stesse. Se il Csm vuole davvero scongiurare ogni dubbio sospetto, ogni ombra e critica sulla propria ferma volontà di arrivare fino in fondo alla verità un sistema c'è. Intervenga direttamente sul caso consentendo al procuratore di Palermo di adottare un'eccezione alla normativa. Di tutte le indagini sicuramente queste sono connotate da un forte fattore di eccezionalità e disperdere il patrimonio e la conoscenza del gruppo che lavora da anni su certe carte sarebbe un delitto troppo grande. Il segnale che verrebbe dato all'esterno sarebbe davvero grave”.

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