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di Lorenzo Baldo - 29 aprile 2014

147 giorni di bugie. Quasi 5 mesi. Tutto è iniziato il 3 dicembre 2013, quel giorno il ministro dell’Interno Angelino Alfano aveva comunicato pubblicamente di aver “reso disponibile” il “bomb-jammer” per il pm Nino Di Matteo condannato a morte da Totò Riina. Durante la conferenza stampa (tenuta dopo la riunione del Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza) Alfano non aveva specificato, però, che il dispositivo anti-bomba messo a disposizione del sostituto procuratore Di Matteo era un modello di prima generazione che, secondo alcuni studi ufficiali, risulta pericoloso per la salute umana, al punto che lo stesso pm era stato costretto a rifiutarlo. Da quel momento una sorta di bolla temporale ha inghiottito le promesse – mai mantenute – del Ministro dell’Interno. Va sottolineato che, ancora prima della “sparata” mediatica del 3 dicembre scorso, lo stesso Alfano era stato destinatario (insieme all’allora ministro della giustizia, Annamaria Cancellieri) di un’interrogazione parlamentare dell’On. 5Stelle Luigi Di Maio  nella quale si chiedevano spiegazioni sulla reale disponibilità del “jammer” per Nino Di Matteo. Da parte dei due ministri non era mai arrivata alcuna risposta. Va evidenziato, ugualmente, che davanti alla Commissione antimafia (in trasferta a Milano nei giorni 16 e 17 dicembre 2013) Angelino Alfano aveva ribadito all’on. 5Stelle Giulia Sarti che l’uso di questi dispositivi anti-bomba era stato già effettuato “anche in zone civili” e non solo di guerra. Il Ministro aveva quindi fornito ulteriori “rassicurazioni” sul fatto che i test relativi ai rischi per la salute (legati al dispositivo anti-bomba) si sarebbero conclusi “in un ristrettissimo lasso di tempo”, praticamente “nei prossimi giorni”. In realtà sono trascorsi quasi 5 mesi senza alcun aggiornamento pubblico su quei test. Nel frattempo il clima attorno a Di Matteo e al pool che indaga sulla trattativa Stato-mafia si è ulteriormente appesantito. E l’assordante silenzio del Presidente della Repubblica ha fatto la sua parte.

La risposta della società civile
In questi mesi, in tutta Italia, si sono realizzati vari sit-in e manifestazioni con la richiesta esplicita del “bomb-jammer” per Nino Di Matteo. Sui balconi di tutta la Penisola sono comparsi i lenzuoli per esprimere la solidarietà al magistrato. palloncino-alfanoPerfino in Argentina è stata realizzata una manifestazione intitolata “Todos somos el fiscal Di Matteo” davanti al Consolato italiano di Rosario, con la partecipazione di 200 persone tra cui il giudice del distretto giudiziario di Santa Fé, Juan Alberto Rambaldo e il direttore di Antimafia Duemila, Giorgio Bongiovanni. Dal 20 gennaio 2014 è iniziato a Palermo il presidio di “Scorta civica” davanti al Tribunale. Una sigla che racchiude numerosi cittadini appartenenti a diverse associazioni antimafia che hanno promosso l'iniziativa di un presidio permanente di fronte al Palazzo di Giustizia a sostegno del pm palermitano e dei suoi colleghi minacciati dalla mafia.
Di fatto la “Scorta civica” aveva visto i primi vagiti nel 2010 a Caltanissetta (su iniziativa di alcuni cittadini appartenenti al movimento delle “Agende Rosse”) in difesa dei magistrati nisseni minacciati dalla mafia.  Una scorta che si sarebbe ugualmente replicata a Trapani in difesa del procuratore Marcello Viola e degli altri magistrati trapanesi nel mirino di Cosa Nostra. A Catania e in tante altre città d’Italia sono nati ulteriori presidi per richiedere il “jammer” per Di Matteo. L’ultima menzogna di Alfano riguarda il mancato appuntamento con Salvatore Borsellino. Quest’ultimo aveva concordato, tramite la Prefettura di Palermo, la data dello scorso 12 aprile per l’incontro con il ministro dell’Interno. Quel giorno, a Roma, poco distante dal Viminale, era prevista la manifestazione nazionale della “Scorta civica” insieme alle “Agende Rosse” per chiedere a gran voce risposte esaustive sulla messa a disposizione del “jammer”. Una volta giunto davanti al Ministero dell’Interno Salvatore Borsellino era stato avvicinato da alcuni ufficiali della Digos che gli avevano comunicano l’assenza del Ministro in quanto impegnato al congresso del Nuovo centrodestra. Una mancanza di rispetto del tutto rappresentativa della slealtà di Alfano di fronte ad una questione così delicata. Dopo un’ora di trattative era stato quindi concesso a Salvatore Borsellino di poter entrare al Viminale insieme ad altre 4 persone unicamente per depositare (a due ignari funzionari del Gabinetto del Ministro) le circa 6000 firme raccolte con la richiesta del “jammer”. Il resto è storia di questi giorni. Solo mettendo insieme i pezzi di questo mosaico si può comprendere meglio il senso della manifestazione di oggi per i 100 giorni di “Scorta civica”.


Il peccato originale
“Siamo di fronte ad uno Stato che non vuole proteggere chi è condannato a morte dal capo di Cosa Nostra e lascia che siano i cittadini a manifestare solidarietà e sostegno”. Le parole di Salvatore Borsellino hanno riportato l’attenzione sui motivi stessi della manifestazione odierna. “Le promesse del ministro dell’Interno, Angelino Alfano, sulla effettiva messa a disposizione del bomb-jammer per Nino Di Matteo – ha ribadito il fratello di Paolo Borsellino – sono state ampiamente disattese. Con questi palloncini liberati in cielo abbiamo voluto esplicitamente rappresentare le menzogne dello stesso Alfano che, attraverso le sue stesse dichiarazioni, ha cercato di bloccare la presa di posizione di una parte dell’opinione pubblica che chiedeva l’adozione di questi dispositivi anti-bomba. Se queste strumentazioni fossero state usate dalla scorta di Giovanni Falcone, di Paolo Borsellino e dello stesso Rocco Chinnici, si sarebbe potuto impedire l’esecuzione di quegli attentati nelle modalità in cui sono stati realizzati…”. “Se è davvero così nocivo per la salute umana, perché negli ambienti giornalistici si parla del suo utilizzo per alcune alte personalità del mondo istituzionale e politico?”, si è chiesto amaramente Salvatore Borsellino. “Oggi il ruolo della società civile è importantissimo – ha proseguito –, se guardo al passato, quando Falcone e Borsellino venivano ugualmente isolati dallo stesso Csm, non posso fare altro che constatare che se all’epoca ci fosse stata una forte presa di posizione dell’opinione pubblica (magari non sarebbe cambiato il corso della storia), si sarebbe ottenuto l’effetto di far arrivare a Giovanni e a Paolo quel sostegno che invece è mancato.cart E proprio a fronte del silenzio delle istituzioni credo che sia nostro dovere far arrivare a questi magistrati tutto il nostro appoggio. Di fatto il presidente della Repubblica ha espresso nuovamente solidarietà ai due marò detenuti in India e non ha speso una parola di solidarietà nei confronti di Nino Di Matteo”. Salvatore Borsellino ha quindi rimarcato l’effettiva “maggiore consapevolezza” di una parte dell’opinione pubblica. “Credo che moltiplicando i nostri sforzi – ha sottolineato – si possa contribuire a evitare che si ripeta l’orrore che è già accaduto. La città di Palermo ha il dovere di far sentire in massa la propria solidarietà nei confronti dei magistrati sovraesposti. Non è ammissibile aspettare che questi giudici vengano uccisi, poi è ‘facile’ reagire con rabbia ai successivi funerali, così come è accaduto a quelli di Giovanni e di Paolo… il nostro sostegno ai magistrati deve realizzarsi prima e non a strage avvenuta! Non deve essere il sangue a smuovere la coscienza civile! E’ necessaria la consapevolezza che questi magistrati stanno lottando per noi. Ma fino a quando non sarà lavato il peccato originale su cui si fonda la seconda Repubblica non potremo definirci un Paese democratico e civile”. Ad ascoltare la rabbia, l’amarezza, ma anche la speranza e la determinazione del fratello di Paolo Borsellino c’erano anche decine di alunni della scuola elementare di Palermo “Turrisi Colonna” che, insieme a tanti palermitani onesti e diversi rappresentanti di associazioni venuti anche da altre regioni (in giornata si svolgeranno a Milano e a Torino simili manifestazioni per Di Matteo), hanno lanciato in cielo tanti palloncini colorati in un gesto che non ha rappresentato un momento di festa, ma di pretesa di verità. Una pretesa di verità nei confronti di uno Stato che balbetta versioni “ufficiali” monche, se non addirittura mendaci, sulla pelle di chi rischia realmente la vita.

Fotogallery © Antonio Melita (Demotix)
Palermo, balloons into the sky with the "lies" said by Minister Alfano

Fotogallery © Liborio Martorana Senior
Le balle di Angelino Alfano

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