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antiochia-cassara-webdi Pippo Giordano - 6 agosto 2013
“Pippo, gli uffici della Mobile erano imbottite di “cimici”. Questa laconica confidenza fattami immediatamente dopo l'eccidio di via Croce Rossa, dove persero la vita Ninni Cassarà e Roberto Antiochia, mi turbò tantissimo. Io non era più alla Mobile di Palermo, l'avevo lasciata qualche anno prima, ma insieme a Cassarà e Montana avevo partecipato ad un’indagine nell'agro delle Madonie, conclusa due mesi prima della loro morte. E, se oggi sono qui a ricordare Ninni e Roberto, lo devo proprio a Cassarà che mi salvò da un probabile attentato: m'impedì di raggiungere Palermo, spiegando ad un mio familiare i particolari del dissenso affinchè io raggiungessi Palermo per partecipare ai funerali di Beppe Montana. Ninni Cassarà ha rappresentato per me non un funzionario col quale rapportarmi gerarchicamente, ma un vero Amico al quale confidare le mie ansie, le mie paure e soprattutto confidargli i miei pregressi rapporti col gotha mafioso di Villabate-Ciaculli e Corso dei Mille: senza nascondere nulla; aggiornandolo persino sulle “visite” di parenti di mafiosi avvenute a casa mia. Egli apprezzò moltissimo questa “apertura” e ricambiò con altrettanta fiducia: fiducia poi accordatami da Giovanni Falcone. Non c'erano indagini riservate per me, Ninni mi metteva a conoscenza di tutto, tant'è che ero il solo ad accompagnarlo ad incontri riservatissimi con uomini di “rispetto”. Del resto, anch’io combinai un incontro tra Ninni e una personalità di rilievo delle Istituzioni il cui scopo era ottenere nuove Leggi capaci di contrastare efficacemente l'arroganza di Cosa nostra.

Cassarà e Antiochia, legati da un solo fine: il trionfo della Giustizia. Le parole che vergo non possono lumeggiare dettagliatamente Ninni e Roberto, ma posso far intuire a chi legge, che in quel periodo la V° Sezione investigativa di Cassarà, con l'apporto di Chinnici, Falcone, Borsellino, Guarnotta e Di Lello, rappresentava il fiore all'occhiello delle investigazioni contro Cosa nostra. Bisognava farne parte per capire quanto erano grandi le aspettative, quanta abnegazione c'era in quella Sezione. E l'amore, l'affetto verso il Capo, fu la causa scatenante della morte di Roberto Antiochia. Non era più in forza alla Mobile di Cassarà, ma volle ugualmente essere a fianco del suo Ninni. A me purtroppo non fu permesso: mi fu vietato proprio da Ninni. Sovente i miei ricordi percorrono il sentiero delle nostre gioie, delle nostre sconfitte, dei tradimenti, epperò i visi sorridenti di Lillo Zuchetto, Beppe Montana, Ninni Cassarà, Roberto Antiochia e di Natale Mondo, hanno il sopravvento sul distillato di violenza che si abattè sulla mia Sezione palermitana. In quel periodo Palermo era pervasa da inaudita follia. Era come rinnegare la teoria di Darwin sull'evoluzione della specie. L'intelligenza dell'uomo ricacciata agli albori della vita. L'uomo a Palermo valeva il prezzo di una pallottola, d'altronde i killers mafiosi catturati spesso ripetevano che portare a termine il “contratto di morte” era il loro travagghiu. Il loro lavoro. Era una necessità per soddisfare le mire espansionistiche di Riina, Provenzano e Bagarella (che abitava a poche centinaia di metri da casa mia). La follia di uno Stato inerte, che non riuscì a fermare l'olocausto posto in essere da Cosa nostra, sino a consentirne le stragi del 92/93. In quella follia palermitana, Uomini onesti moralmente irreprensibili pagarono con la vita. Ciao Ninni ciao Roberto, nessuno mai potrà impedirmi di amarvi. Vi ricordo con tanto affetto.

In foto: Roberto Antiochia e Ninni Cassarà

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