Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

canali-olindo-web“Non sapevo di Santapaola prima dell'arresto”. Prima di morire, però, gliene parlò Alfano
di Aaron Pettinari - 10 gennaio 2013
E' ripreso l'8 gennaio, con l'interrogatorio del giudice Olindo Canali, ex pubblico ministero a Barcellona Pozzo (lo scorso marzo condannato dal tribunale di Reggio Calabria a due anni di reclusione per una falsa testimonianza maturata nel 2009 nell'ambito del processo "Mare Nostrum" svoltosi a Messina), il processo a carico del generale Mario Mori e del colonnello Mauro Obinu, accusati di favoreggiamento aggravato a Cosa nostra per la mancata cattura del boss Bernardo Provenzano.

Canali, che oggi è giudice a Milano, fu uditore giudiziario dell'ex numero due del Dap Francesco Di Maggio (tra i protagonisti, secondo la Procura, insieme a Mori e altri ufficiali del Ros dell'Arma, della trattativa Stato-mafia) ed è stato chiamato a rispondere in particolare su fatti avvenuti a Barcellona Pozzo di Gotto nel 1993. Nelle ultime udienze del processo è emerso che in quel periodo si nascondeva in quella città il capomafia Nitto Santapaola. Secondo l'accusa il boss sarebbe stato tra i protagonisti dell’ultima parte della trattativa, quella che aveva come oggetto l’alleggerimento del 41 bis. E sarebbe stato questo il motivo per cui Santapaola non venne arrestato in quei primi mesi del'93, nonostante fosse nota la sua presenza a Barcellona, come dimostrato da alcuni nastri in cui è impressa persino la voce dell'allora latitante capomafia.
Canali, rispondendo alle domande del pm Di Matteo, ha confermato che i carabinieri del Ros registrarono la voce di una persona che era nascosta nei pressi di Barcellona e che, secondo più elementi, sembrava essere proprio Nitto Santapaola. “La cattura del boss catanese – ha ribadito il giudice milanese – è del maggio 1993, le intercettazioni dell’aprile. Tendo ad escludere però che mi sia stato mai detto qualcosa, prima dell’arresto”. Tuttavia che il boss catanese potesse trovarsi a Barcellona Canali lo aveva appreso anche dal giornalista Beppe Alfano, prima che fosse ucciso. Ai pm raccontò in novembre: “E' vero che Alfano mi disse dopo l’Immacolata: guardi dottore che qua c’è Santapaola e quando lei tornerà dalle ferie, questo me lo ha detto, me lo disse il sabato prima di partire a pranzo da lui, le dirò dov’è il rifugio di Santapaola… Gli dissi: Professore guardi, eviti, faccia fare ai Carabinieri queste, queste cose qui. Ne parlammo anche con Aliberti dico: ma Alfano è venuto a dirmi che qua c’è Santapaola… E Aliberti disse: sai ma qua vedono anche Aglieri, all’epoca era latitante, vedono anche Riina, anche… no Riina era forse già preso, vedono anche Provenzano, vedono tutti da queste parti… e la cosa non ci convinse più di tanto, ma vero invece è una cosa che Santapaola arriva a Barcellona poi lo sapremo il 7 di ot… il 7 di gennaio del ’93, non prima”. Un fatto di cui Canali ha parlato con il Ros, come conferma nei verbali, e anche con Di Maggio.
 confermarlo un'intercettazione della Procura della Repubblica di Reggio Calabria, il 21 giugno 2009, in cui Canali telefona all’ex magistrato Bruno Tinti, che rimase sconcertato dalla rivelazione, e confida di avere ricevuto da Alfano la notizia della presenza a Barcellona Pozzo di Gotto del latitante Benedetto Santapaola e di averla girata a Francesco Di Maggio, in quel momento in servizio a Vienna.
Un nuovo elemento, emerso ieri durante l'udienza, è che il giudice ha rivelato di aver visto alcune foto che ritraevano il boss Nitto Santapaola, con una folta barba, durante la sua latitanza. Foto che sono state scattate a Barcellona, nella pescheria di Aurelio Salvo, intercettata e tenuta sotto osservazione dal Ros nei primi mesi del ’93, che però a lui furono mostrate solo uno o due anni dopo. Secondo l’accusa, è una prova importante che i carabinieri di Mori erano al corrente perfettamente della presenza del boss catanese a Barcellona Pozzo di Gotto.
Canali ha anche ricostruito un altro episodio oscuro, la sparatoria del sei aprile di vent'anni da, in cui rimase ferito Fortunato Imbesi, scambiato per il latitante Pietro Aglieri.
A colpirlo, dopo un inseguimento, furono il “Capitano Ultimo”, l’attuale tenente colonnello Sergio De Caprio, e Giuseppe De Donno, altro ufficiale del Ros. La Procura di Palermo ritiene che quell'inseguimento portò alla fuga di Santapaola da Barcellona verso la provincia catanese, dove verrà arrestato il 18 maggio 1993 dai poliziotti dello Sco. De Caprio venne indagato, per il tentato omicidio di Imbesi, ma poi la sua posizione fu archiviata, su richiesta dello stesso Canali.
Su questo e altri fatti l'ex pm di Barcellona Pozzo di Gotto ha risposto ai magistrati palermitani anche durante l'interrogatorio di novembre scorso. E non sono pochi i punti da mettere a fuoco, come l'incontro a Roma con Di Maggio, presso “la sede del Ros in via in Selci” (che in realtà non è la sede del Ros ma del Reparto operativo), nel febbraio del 1993. Un incontro che viene riportato anche in un appunto nell'agenda del generale Mori (datato 27 febbraio) in cui è annotata la presenza dello stesso Mori, del dottor Di Maggio, che era in servizio all'agenzia antidroga dell'Onu, esponenti del Ros di Messina ed il pm Canali che seguiva le indagini sull'omicidio Alfano. E nella riunione si sarebbe parlato proprio delle indagini sulla morte del giornalista. Un fatto strano se si pensa che Di Maggio non aveva alcuna competenza sulle indagini. Di quell'incontro però Canali sostiene di non rammentare la presenza di Mori: “io non lo vidi il Colonnello Mori, però, non ho ricordo di Mori, possibile peraltro, che dovessimo vederci anche con Mori ve lo do per certo ve lo do, ve lo do per certo che dovessimo vederci”. E poi ancora cercando di dare un'interpretazione alle annotazioni di Mori: “Credo che se Mori segnala Di Maggio con Canali, credo che fosse il trait d’union, probabilmente Mori non avrebbe incontrato me, probabilmente Mori avrebbe incontrato Di Maggio. Non so se mi spiego, credo che, che il giro fosse questo”.
Quell'incontro di febbraio fu particolare anche perché Di Maggio gli propose di seguirlo al Dap “perché la linea del fronte con la mafia si spostava sulle carceri e non più sulle Procure e non più sui Tribunali, perché era dai carceri che bisogna stroncare la, l’idea e l’attività mafiosa”. Canali durante l'udienza ha anche parlato di un altro testimone del processo, il presunto boss di Barcellona Rosario Cattafi. “Ho sempre avuto l’impressione – ha detto il magistrato – che Cattafi promettesse spesso importanti rivelazioni quando si trovava in difficili condizioni con la giustizia”.
A novembre aveva raccontato ai pm di un incontro in carcere a Solliciano. “Cattafi mi disse che voleva parlare con Di Maggio. Perché? gli dissi… Io devo fare delle rivelazioni a Di Maggio, io voglio… Dico: guardi che per ora Di Maggio è fuori, fuori giro, non è più un Magistrato attivo. Io devo parlare con Di Maggio. Gli ho detto: scusi ma, non me ne frega niente ma voglio sapere… Lei, dice, mi metta in contatto con Di Maggio, dica a Di Maggio… Io con il telefono chiamai Di Maggio  in una stanza un pochino più piccola, mi scostai un attimo dal tavolo, dico: ascolta, sono in carcere a Solliciano, Cattafi vuole parlare con te. E lui mi dice: digli di mettersi a Matricola, Modello 13 o qualcosa del genere, cosa vuole? Non ne ho assolutamente idea. Ho chiuso il telefono, si metta in Matricola, gli dissi e Di Maggio verrà a parlarle, sappia che però è fuori dal giro. No io gli devo parlare… La sensazione che io ebbi è che Cattafi che non so da quanto tempo era dentro, ma non era tanto per me era qualche mese che era dentro, volesse cercare di agganciare Di Maggio per parlargli delle vicende quelle pregresse, forse cercava di accreditarsi come pentito”.

La deposizione di De Donno
“Ad un posto di blocco credevamo di aver riconosciuto nel guidatore di una jeep il latitante Pietro Aglieri – ha raccontato Giuseppe De Donno, chiamato a testimoniare dalla difesa di Mori per raccontare le operazioni che il Ros attuò a Barcellona Pozzo di Gotto nel 1993 - Solo che dopo essersi fermata, quella automobile ripartì a sorpresa. Io e Ultimo ci lanciammo all’inseguimento a bordo di una Fiat Tipo 16 valvole. La Jeep iniziò a correre verso il centro di Barcellona, ma ad un certo punto s’infilò sui binari di una ferrovia. Per cercare di fermare la fuga di quella jeep Ultimo sparò due colpi di pistola, colpendo il lunotto posteriore dell’automobile che a quel punto si fermò, il guidatore scese e si gettò su un dirupo”.

Foto: il giudice Olindo Canali