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alfano pixel bigdi Lorenzo Baldo - 9 gennaio 2013 - FOTOGALLERY
La conferenza conclusiva delle due giornate dedicate al ricordo di Beppe Alfano si è concentrata sull'inchiesta dell'omicidio del giornalista di Barcellona Pozzo di Gotto. A moderare il dibattito è stato Giuseppe Lo Bianco, giornalista de Il Fatto Quotidiano.
Luca Tescaroli, sostituto procuratore della Procura di Roma,  è intervenuto ricostruendo i lati oscuri dell’omicidio di Beppe Alfano, la cui morte è stata senza dubbio “annunciata”, in quanto Beppe era “un giornalista invisibile ma caparbio, che si era soffermato su temi di estrema delicatezza”. “Gli va riconosciuto – ha evidenziato Tescaroli – il fatto di avere capito il degrado della sua terra, sotto tutti i profili.

La sua curiosità professionale non fu solo quella di giornalista, ma anche di insegnante, di persona protesa verso la legalità”. Il sostituto procuratore ha poi proseguito parlando delle indagini del quale il giornalista si era occupato, in particolare quelle riguardanti la presenza di Nitto Santapaola a Barcellona Pozzo di Gotto: “Aveva scoperto il rifugio del boss Nitto Santapaola, che aveva trascorso in modo indisturbato la sua latitanza proprio a pochi passi dall’abitazione, nonchè dal luogo del delitto di Beppe Alfano. “A distanza di 20 anni - ha sottolineato il magistrato - una verità è stata raggiunta: un lungo e tormentato iter giudiziario ha consentito di dare un volto e un nome a colui che ha commissionato l’omicidio ed è stato individuato l’autore materiale del delitto. Risultati certamente importanti. Ma resta un cono d’ombra intorno all’omicidio di Beppe Alfano, con la Trattativa Stato-Mafia sullo sfondo”. “Da 20 anni - ha concluso il sostituto procuratore - non ci sono più stati omicidi di giornalisti, in Sicilia. Ciò induce a ritenere che vi sia stato un cambiamento rispetto al passato, che va salutato positivamente e che dimostra che vi sono stati dei progressi nell’azione di contrasto alla criminalità organizzata. Le strutture mafiose sono state indebolite, al punto che non sembrano più commettere delitti eccellenti. E registriamo un risveglio, seppure lento, all’interno della società civile, che induce all’ottimismo. Auspico che il dolore dei familiari delle vittime di mafia si tramuti in un impegno costruttivo per diffondere e rafforzare la cultura della legalità in questa città e nel nostro Paese”.
Lo Bianco ha di seguito introdotto Fabio Repici, avvocato della famiglia Alfano e di altri familiari di vittime di mafia, tra le quali la famiglia Borsellino. Repici ha tracciato una sorta di bilancio tra i precedenti anniversari della morte di Beppe Alfano sottolineando la violenza delle polemiche che caratterizzavano questa ricorrenza i primi anni dopo l’omicidio. Parlando di Barcellona Pozzo di Gotto il legale ha evidenziato come rappresenti una “terra di unione tra poteri 'deviati' dello Stato”, ricordando il ruolo determinante che la città ha avuto, nel '92 in merito alla strage di Capaci, in quanto il telecomando adoperato da Giovanni Brusca era stato fornito proprio dalla mafia barcellonese.
L'avvocato Repici ha poi spiegato la parte assunta nell'ambito della trattativa stato-mafia da Rosario Cattafi, boss mafioso “borghese” di Barcellona P.G., e di come uno stralcio importante delle indagini sull'omicidio Alfano ora faccia parte del processo sulla trattativa. “Nell'agenda del colonnello Mario Mori – ha spiegato Repici – era annotato, in data 27 febbraio 1993, un incontro con il Ros di Messina, Francesco Di Maggio e il pm Olindo Canali”. “Il dottor Di Maggio era in servizio all'agenzia antidroga dell'Onu – ha sottolineato – e non aveva quindi alcuna competenza per occuparsi dell'omicidio Alfano”. Lo stesso Canali - oggi condannato a due anni per falsa testimonianza – era stato depositario delle confidenze del giornalista sulla presenza di Nitto Santapaola a Barcellona. “Quel pm – ha amaramente constatato Repici –  resettò la sua memoria e dimenticò Santapaola”. Su quell’incontro a Roma con Mori c’è ancora da dipanare l’alone di mistero che lo circonda, di sicuro è un pezzo importante che si va ad incastrare nel puzzle della trattativa. Così come per quanto riguarda il mistero dell’arma - mai rinvenuta - utilizzata per l’omicidio di Beppe Alfano: una calibro 22. L’avv. Repici ha ricordato che in un verbale del 28 gennaio 1993 acquisito agli atti del processo per la morte del giornalista si leggeva che 20 giorni dopo l’assassinio il titolare dell’inchiesta, Olindo Canali, aveva scoperto che l’imprenditore Mario Imbesi possedeva una calibro 22 e se l’era fatta consegnare nella città di Tindari, dentro il Santuario della Madonna Nera.  L’iter della consegna era stato decisamente insolito. Il magistrato non aveva sequestrato l’arma, aveva atteso un’ora e mezza che l’imprenditore fosse andato a casa a prelevare la pistola per poi prenderla in consegna. Otto giorni dopo, il 5 febbraio, il revolver era stato restituito all’imprenditore. Agli atti del processo non risulta però alcuna perizia balistica in merito e il mistero si è ulteriormente infittito.  
Di seguito Peppino Lo Bianco ha introdotto Salvatore Borsellino, ricordando che suo fratello Paolo è stata la vittima per eccellenza della trattativa Stato-mafia.
“Dopo la morte di mio fratello - ha spiegato Borsellino - ho creduto che la Sicilia fosse cambiata per sempre. Ma quando mi sono accorto che quel fresco profumo di libertà era soltanto un’illusione, smisi di parlare, di sperare e di cercare la verità. C’erano depistaggi, c’era qualcosa che impediva di arrivare alla verità, un muro di gomma, una congiura del silenzio che gravava su quella strage. Il mio silenzio è durato 10 anni, poi ho ricominciato a parlare per la rabbia. E’ allora che ho conosciuto Sonia”, ha detto Salvatore parlando del legame che lo unisce alla figlia di Beppe Alfano: “All’inizio le nostre strade sembravano completamente diverse, in realtà ancora oggi sono più vicine che mai. Abbiamo portato avanti tante battaglie, oggi siamo ancora insieme contro quella ‘Trattativa’ che ha portato mio fratello alla morte. Lui l’ha conosciuta, l’ha saputo. Come pensate che abbia potuto reagire un magistrato come lui alla notizia che doveva fermare le sue indagini su Falcone perché lo Stato stava trattando con l’Antistato, con la mafia? E’ quanto di più assurdo si possa pensare. Per impedirgli di rivelare quella Trattativa all’opinione pubblica, ucciderlo ed eliminarlo in fretta era l’unica soluzione. La Trattativa doveva andare avanti”.
“Oggi a Palermo finalmente si celebra il processo su quella Trattativa. E io mi auguro non venga fermato. Ma non nascondo la mia preoccupazione”. “Avere vicino a me Sonia mi fa sentire più forte, ed è per questo che sono qui” ha detto infine davanti alla standing ovation del pubblico.
La parola è passata poi a Giulio Cavalli, attore teatrale, attualmente consigliere regionale in Lombardia, che ha spiegato quanto negli ultimi anni sia cambiata l'aria che si respira a Barcellona Pozzo di Gotto, e di come il nostro sia “un Paese che sulla delegittimazione ha affinato le sue tecniche” ai danni di tanti uomini giusti come Pippo Fava e lo stesso Beppe Alfano.

Alle parole di Cavalli è seguito il video-intervento di Luigi De Magistris, sindaco di Napoli, che ha rimarcato il fatto che le idee che animano la buona società civile non periscono mai: “Le persone muoiono, ma le loro idee camminano sulle gambe e pulsano nei cuori di tante altre persone”

Persone che hanno preso coscienza del fatto che è necessario reagire per ottenere un cambiamento. “Quando dieci anni fa – è intervenuto successivamente il senatore Giuseppe Lumia – io, Sonia Alfano e Fabio Repici parlammo in questa città di Rosario Cattafi e della sua appartenenza a Cosa Nostra scoppiò una polemica violentissima. Ora è stata dimostrata questa sua appartenenza all’organizzazione”. “Oggi Barcellona Pozzo di Gotto, nonostante i recenti attentati avvenuti, vuole liberarsi dalla paura che l'ha attanagliata per anni”. Sulla latitanza di Santapaola ha commentato: “Un latitante non si nasconde in un territorio se non ha un alta protezione logistico-militare e istituzionale”. Il senatore ha poi anticipato il suo pensiero sulle comunicazioni conclusive del presidente della Commissione antimafia, Giuseppe Pisanu (previste per oggi), mettendo in guardia da possibili depistaggi che lo stesso Cattafi potrebbe ordire: “La commissione d'inchiesta si comporterà come quella che si occupò del caso Impastato? Abbia questo coraggio, vada fino in fondo. Se non si fa chiarezza sulle stragi del '92 e '93 la terza Repubblica che deve nascere rischia di fare la fine della seconda”. E citando il lavoro e l'impegno portato avanti da Sonia Alfano e Fabio Repici ha auspicato che fosse dedicato a Graziella Campagna, Attilio Manca e Adolfo Parnaliana: “Si sappia che anche nei loro confronti ci sarà verità e giustizia, e i denigratori perderanno così come stanno perdendo quelli di Beppe Alfano”.
“Per la prima volta dopo 20 anni - ha detto commossa Sonia Alfano - Barcellona Pozzo di Gotto non si è divisa, ma si è unita nel ricordo di mio padre. Per la prima volta non ci sono state due celebrazioni commemorative, né due deposizioni di fiori sul luogo del delitto. Abbiamo partecipato tutti insieme alla stessa commemorazione. Vedere oggi in chiesa il Sindaco con la fascia tricolore è stata una sensazione che io e la mia famiglia non avevamo mai provato prima”. “Se penso che 20 anni fa il sindaco di allora non proclamò nemmeno il lutto cittadino - ha sottolineato Sonia Alfano - rivedo tutte insieme le tante anomalie a cui abbiamo assistito nel corso di tutti questi anni. Solo oggi Barcellona Pozzo di Gotto ha una piazza intitolata a Beppe Alfano. Solo oggi siamo entrati in possesso degli articoli che mio padre firmò per La Sicilia di Catania. Si è chiuso un periodo buio. Ora ai barcellonesi ancora scettici dico: prendetevela con chi spara, con chi semina il terrore, con chi uccide. Non prendetevela con i magistrati che scavano per delineare il ruolo delle persone disoneste. Scegliamo di stare dalla parte giusta”. E ancora: “Se Cattafi è stato un anello della trattativa deve pagare, non possiamo più permettere che venga ostacolata la verità. Questa volta c'è una schiera di cittadini che pretende la verità” una verità che, per quanto riguarda l'omicidio Alfano “ora è nei fascicoli del processo sulla trattativa stato-mafia, ma a noi è costata tanto, ci siamo ostinati per pretenderla”.
L’intervento del presidente della Regione, Rosario Crocetta (che ha raggiunto il PalaCultura in tarda serata), ha concluso la giornata: “il sottoscritto e la Regione siciliana sarà sempre vicino alla città di Barcellona Pozzo di Gotto”. “Voglio contribuire a migliorare questa città – ha dichiarato –. Sono i fatti le risposte alla mafia con importanti riforme che porteremo avanti durante le sedute del consiglio. Barcellona Pozzo di Gotto, grazie a questa Amministrazione, e all’associazione Antiracket presente, ha la possibilità di riemergere".

FOTOGALLERY © ACFB


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