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L'attacco mirato ad Antonio Ingroia di stampa e politica al servizio del premier
di Giorgio Bongiovanni - 13 marzo 2011 - VIDEO ALL'INTERNO!

Roma.
In prima pagina sul Giornale capeggia la richiesta di “dimissioni” del magistrato Antonio Ingroia definito “un tribuno della plebe che arringa la folla”, colpevole di essere intervenuto ieri a Roma alla grande manifestazione in difesa della Costituzione e della scuola pubblica che ha raccolto un milione di persone in tutta Italia.

Pseudo politici come Fabrizio Cicchitto e Maurizio Gasparri denunciano quello che definiscono lo “schieramento politico” del pm palermitano che con “i suoi comizi” conferma “un pericoloso intreccio tra una politica astiosa e minoranze di togati”. L'attacco frontale al magistrato che insieme ad Antonino Di Matteo sta investigando sulla “trattativa” mafia-Stato prosegue incessantemente il suo corso. Ed è per quelle indagini che deve essere fermato prima che, insieme ai suoi colleghi della procura di Palermo e di Caltanissetta, possa far riemergere una verità agghiacciante per la storia della nostra Repubblica. Nella nave del premier comincia ad entrare acqua dalle falle causate dalla tracotanza delle sue azioni criminose. I topi scappano, l'orchestra continua a suonare e i cortigiani, rantolando, si affannano a sparare le ultime cartucce, le più letali. L'attacco ad Antonio Ingroia è un segnale forte e inequivocabile del tentativo di sovraesporlo. La forza delle sue dichiarazioni, recepite in toto dalla società civile, spaventa il sistema di potere attualmente vigente. Quella parte di società “viva” e “impegnata” è consapevole che, così come afferma Ingroia, la “controriforma” della giustizia “non è soltanto una ritorsione contro la magistratura, ma c'è in gioco una posta molto più grande” e cioè “l'uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge che non sarebbe garantita nel momento in cui il potere giudiziario venisse schiacciato da quello politico”. Troppo rischioso quindi lasciarlo parlare. Meglio sferrare una nuova aggressione mediatica che indichi la via da seguire qualora la sua parola non si arresti. Ecco quindi che i libellisti del terzo millennio sfoderano le armi della delegittimazione per preparare il terreno a possibili azioni di forza contro gli “eretici” del sistema. L'esposizione di un magistrato come Antonio Ingroia è la dimostrazione del clima da “guerra” che sta vivendo il nostro Paese. Da una parte alcuni magistrati che cercano di fare luce sui mandanti esterni del biennio stragista '92/'93. Accanto a loro quella parte della società civile che chiede verità e giustizia per quelle stragi, consapevole dell'importanza del sostegno nei confronti di questi magistrati. Dall'altra parte del limbo un potere strisciante, colluso con Cosa Nostra, che mira ad eliminare gli anticorpi del virus che ha generato, sostenuto da una parte di società drogata o soprattutto consenziente e per questo doppiamente colpevole. Ed è proprio in questo clima da scontro finale che devono scendere in campo le forze migliori della nostra società. Il sostegno nei confronti di chi rischia la vita per gettare le basi di una società libera dal potere politico-mafioso è un dovere per chiunque si definisca “onesto”. Di fronte a noi si manifesta sempre di più una classe politica e un sistema mediatico che attacca la magistratura e fa a pezzi la Costituzione con il fine di distruggere lo Stato di diritto.  L'indignazione e il disgusto nei confronti di questi soggetti si deve fondere nella denuncia di questi abusi prima che sia troppo tardi. Prima che la mano del criminale venga armata da questi soggetti attraverso i loro messaggi diretti o indiretti. Prima che venga impedito a questi “giusti” di difendere l'identità del nostro Paese attraverso la ricostruzione di una verità storica e giudiziaria. Al dottor Ingroia e tutti i suoi colleghi che, nonostante tutto, continuano a lavorare per un futuro degno da vivere per le nuove generazioni, il nostro più totale sostegno e profondo ringraziamento.

Giorgio Bongiovanni
e tutta la redazione di
ANTIMAFIADuemila

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