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Soffiate, minacce e bazooka, le mafie e i loro entourage pronte ad una nuova stagione stragista?
di Anna Petrozzi - 7 ottobre 2010

“Da una pluralità di risultanze e di fonti, di estrazione e qualità diverse, è emerso che fra gli anni Ottanta e gli anni Novanta si è consolidato un processo di integrazione degli interessi illeciti delle “mafie nazionali” spintosi al punto di individuare momenti di elaborazione di grandi strategie comuni”. Così il procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia introduce, nella sua prefazione al libro “La Trattativa”...

...di Maurizio Torrealta (Bur Rizzoli), il delicato concetto di sinergia tra le mafie nazionali in relazione allo stragismo del biennio ‘92, ’93, ispirate, per le azioni criminali, diciamo così, di più ampio respiro da quell’entourage ad esse contiguo che si fa garante dell’efficienza delle cosiddette “relazioni esterne” mafiose con il mondo della politica, delle professioni e delle istituzioni.
Secondo questa impostazione l’ipotesi considerata più plausibile nella difficile individuazione dei cosiddetti mandanti esterni è che la strategia stragista inaugurata con l’assassinio di Salvo Lima il 12 marzo 1992 vada inquadrata in un disegno più grande in cui interessi diversi di soggetti diversi abbiano trovato una comune convergenza.
Quindi non solo Cosa Nostra, ma anche ‘Ndrangheta, soggetti appartenenti alla “massoneria deviata”, all’eversione, e pezzi dello Stato infedeli hanno partecipato a quel progetto eversivo criminale che ha alterato gli assetti politici e sociali del nostro Paese.
Con questa premessa a mente, la lettera di provenienza anonima apparsa oggi sui giornali, che annuncia un rinnovato e forse mai affievolito patto di belligeranza tra le mafie nostrane alleate contro uomini delle Istituzioni impegnati in primo piano proprio nella lotta alla criminalità organizzata, giustifica ben più di un brivido e la legittima, diffusa preoccupazione di vedersi di nuovo sprofondati in un altro periodo buio senza che nemmeno sia stata fatta luce su quello precedente.
la lettera che annuncia il piano per un attentato ai magistrati L’ inquietante missiva si presenta come un rapporto di polizia o di un apparato di sicurezza con tanto di scritta in stampatello “riservato”,  sulla quale però sono stati resi illeggibili con cancellature di colore nero tutti i dati, nomi, luoghi e riferimenti che possano individuarne la fonte e la finalità. E’ stata spedita con posta ordinaria alla Dia di Caltanissetta e riferisce di “un incontro fra alcuni rappresentanti di clan mafiosi che si è svolto in un casolare alla periferia di Messina”. Per l’esattezza fra “rappresentanti delle famiglie palermitane, uomini della locride e un napoletano”.
Come in una sorta di ordine del giorno si leggono i punti e gli obiettivi. Prima di tutto “mettere in pratica gli accordi che erano stati stabiliti in una precedente riunione dalla quale era emerso un piano di attentato” ai danni del procuratore capo di Reggio Calabria Giuseppe Pignatone e del suo vice Michele Prestipino. Ma non solo. La nota riferisce che “nel corso del summit (i partecipanti) hanno fatto riferimento anche ad altri obiettivi dei clan”, cioè al procuratore di Caltanissetta Sergio Lari, al suo aggiunto Domenico Gozzo e al sostituto Nicolò Marino, insomma i magistrati che si stanno occupando delle indagini sulle stragi e in particolare su quella di via D’Amelio nella quale si hanno tracce ormai abbastanza definite del coinvolgimento dei servizi segreti.
I pm delle procure più esposte in questo momento non sono però gli unici nel mirino degli attentatori. Ci sono anche Sebastiano Ardita, magistrato in servizio al Dap perché “si occupa del 41 bis”, il giornalista Lirio Abbate e il giudice Raffaele Cantone, simbolo della lotta ai casalesi, ma oggi in Cassazione.
In particolare, proprio su questi ultimi, le informazioni contenute nel documento sono sorprendentemente dettagliate e riferiscono di incontri e appuntamenti avvenuti tra i due con esattezza e precisione.
Questi elementi e il ritrovamento del bazooka davanti alla Procura di Reggio inducono gli inquirenti a prendere con molta serietà le minacce e quindi questa scellerata alleanza che non presagisce nulla di buono, soprattutto perché il clima politico e sociale attuale così incerto e avvelenato è foriero di cambiamenti. E in Italia i processi di svolta non sono mai stati né naturali né indolore.
Se almeno queste lettere servissero a riportare alle menti la memoria di quello che siamo stati e una volta tanto ad impedire che le lotte di potere vengano pagate con il sangue di giusti e innocenti, potremmo se non altro fare un passo avanti.
Sarebbe sufficiente in effetti che i tanti di quell’entourage che sono ancora saldamente in sella avessero il coraggio di parlare per spezzare quel circolo vizioso in cui è imprigionata la storia del nostro Paese. Per adesso, senza fare tanto gli ipocriti, ci dobbiamo accontentare della verità traballante e sdentata di qualche mafioso pentito, infame e opportunista forse, ma sempre meglio del vile silenzio.

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