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Grasso contro i processi lumaca.

La rabbia del procuratore nazionale antimafia. Che insiste: eliminiamo l´appello.




Tutte le parti politiche devono avere a cuore questi temi. Una giustizia funzionante aiuta la soluzione di problemi sociali. Colpendo l´evasione fiscale si recuperano soldi per tutti
C´è una grande distanza fra i successi ottenuti sul piano della repressione e i momenti successivi. E ciò che ne va di mezzo è l´effettività della condanna
SALVO PALAZZOLO


PALERMO - «Noi magistrati ci sentiamo ormai lavoratori socialmente inutili - dice Piero Grasso, il procuratore nazionale antimafia - il problema della lentezza della giustizia è diventato cronico. Non è stata mai attuata quella parte di riforma dell´articolo 111 della Costituzione che prevede la ragionevole durata del processo, fissata dalla corte europea dei diritti dell´uomo in non più di sei anni. In realtà - Grasso fa una pausa - di misure per sveltire i processi ce ne sono diverse: gli imputati di mafia li utilizzano tutte. Fra rito abbreviato in primo grado, concordato in appello e benefici penitenziari, un capomafia può sperare di lasciare il carcere in cinque o sei anni».
Procuratore, qualche anno fa aveva proposto di eliminare il secondo grado del processo. Qualcuno si scandalizzò.
«La mia proposta voleva essere provocatoria e paradossale, per sollecitare una soluzione. Ma comunque quell´idea ha un suo fondamento. In fondo, l´appello contrasta con il nostro ordinamento di tipo accusatorio anglosassone, perché non è altro che un secondo giudizio di merito, fondato nella maggior parte dei casi solo sull´esame delle carte. Si potrebbero dunque recuperare i giudici del secondo grado, per rafforzare i tribunali che troppo spesso si ritrovano con carenze d´organico. Ma all´epoca quella proposta fu lasciata cadere. La verità è che bisognerebbe riformare la giustizia nel suo complesso, perché una giustizia che funziona fa bene a tutta la società».
I processi continuano invece ad essere lunghi, i termini di custodia scadono inesorabili con scarcerazioni eccellenti e gli imputati di mafia sanno che potranno usufruire di sconti considerevoli. C´è il rischio che i successi ottenuti sul fronte della lotta a Cosa nostra perdano valore?
«Purtroppo, continua a esserci una grande distanza fra i successi ottenuti sul piano della repressione e i momenti successivi: i dibattimenti hanno davvero tempi troppi lunghi. E ciò che ne va di mezzo è l´effettività della condanna. La deterrenza della pena sta ormai diventando un concetto troppo vago».
Già nei mesi scorsi hanno lasciato il carcere mafiosi di rango vicinissimi a Provenzano, da Pino Lipari a Tommaso Cannella, e sono stati già riarrestati perché avevano tentato di rinserrare le fila di Cosa nostra. La Procura nazionale ha fatto un monitoraggio delle scarcerazioni eccellenti?
«Quelli sono solo i casi più eclatanti. Le cito il caso di un trafficante di droga che in astratto potrebbe essere condannato a una pena che va dai 21 ai 30 anni. Con l´abbreviato e il patteggiamento in appello ha ottenuto 8 anni. Dopo quattro di buona condotta, avrà anche i benefici previsti dalle norme penitenziarie. La Procura nazionale continua a fare periodicamente il monitoraggio sulle scarcerazioni e lo offre alla valutazione delle procure distrettuali e della commissione parlamentare antimafia».
L´indagine sul figlio di Salvatore Riina fu avviata dalla Procura di Palermo che lei all´epoca dirigeva. Quanto fu difficile entrare nei meandri di una nuova cosca che aveva relazioni con professionisti della città bene?
«Le indagini furono fatte, come sempre, in tempi celeri, grazie al contributo determinante delle intercettazioni ambientali. In tempi brevi si è arrivati al processo. È la storia di molte inchieste di mafia, che quando escono dagli uffici inquirenti finiscono per scontrarsi con le difficoltà del processo».
Proposte di modifica per migliore la galassia giustizia ce ne sono tante in campo. Qualcuna le sembra più valida delle altre?
«Tutte le parti politiche devono avere a cuore questi temi. Perché una giustizia che funziona aiuta alla soluzione di molti problemi sociali. Ad esempio, quando si colpisce l´evasione fiscale si recuperano soldi da destinare alla collettività. Quando si individuano i trafficanti di rifiuti, l´ambiente ne trae subito beneficio. E non dimentichiamo che non c´è solo la giustizia penale: dodici anni per vedere riconosciuti i propri diritti in un processo civile sono davvero troppi».  

LA REPUBBLICA 29 FEBBRAIO 2008

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