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Indice articoli

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di Angelo Venti
su Terra - 30 giugno 2009
Una conferenza stampa irrituale e che rischia di tramutarsi in un clamoroso boomerang per il governo. 
  



A indirla è il prefetto Franco Gabrielli, con lo scopo dichiarato di «chiarire» il contenuto di alcune notizie pubblicate su la Repubblica in cui si parlava con dovizia di particolari di appalti assegnati a ditte di «amici degli amici».
Solo che il risultato, alla fine, è stato quello di confermare il contenuto delle notizie giornalistiche, che tra l’altro erano già state pubblicate la settimana scorsa proprio su Terra. E così il prefetto, che ha aggiunto altri particolari sulla gestione degli appalti, invece di dissolvere le prime timide ombre è finito a far aumentare le domande. Ha sostenuto, infatti, che i controlli sulle ditte sono in atto, che tutto è trasparente nonostante i tempi stretti dettati dall’emergenza della ricostruzione e che presto saranno resi noti gli esiti. «Comunque su 426 milioni di euro appaltati – ha sostenuto il prefetto Gabrielli – i lavori eseguiti dalla Impresa Di Marco ammontano a soli 128mila euro». Ma dichiara anche che a essere state controllate, finora, sono solo le imprese che si sono aggiudicate gli appalti, mentre sulle ditte “mandanti” che hanno risposto in “Associazione temporanea d’impresa” i controlli, di fatto, devono ancora essere eseguiti. «In ogni caso per i controlli sugli appalti – ha sostenuto il prefetto – stiamo applicando la normativa vigente in tema di certificazione antimafia. In ogni caso, il contratto sarà firmato e i lavori pagati solo dopo aver superato tutti i controlli».
Il prefetto si è trovato in difficoltà proprio sulla scarsa trasparenza nei lavori di ricostruzione. «Sui cantieri non esiste il cartello con i nomi di progettisti ed esecutori dei lavori, mentre in quello di Bazzano il precedente cartello in cui figurava anche l’Impresa Di Marco è stato sostituito alcuni giorni fa – chiede diretto un giornalista -. Eppure la loro esposizione in qualsiasi cantiere è un obbligo di legge». A questa domanda il prefetto risponde solo che si farà una verifica. La risposta non soddisfa nessuno e si chiede insistentemente perché non si riescono a conoscere i nomi delle ditte che effettivamente stanno eseguendo i lavori non solo per l’emergenza e la ricostruzione ma anche per il G8. Le risposte sono vaghe, si rimanda a vari siti e a vari soggetti istituzionali. Stretto all’angolo, il prefetto ammette che la Protezione civile è l’unico committente per tutti i lavori, annunciando inoltre che i controlli sui contratti e sui subappalti stanno avvenendo a lavori in esecuzione e che i contratti, relativi ad esempio alla Di Marco, non sono stati ancora firmati.
Magia dell’emergenza.


Appalti sospetti e informazioni strappate

di Pietro Orsatti su Terra - 30 giugno 2009
Dopo le inchieste dei giorni scorsi, si registrano strani movimenti intorno ai cartelloni che per legge devono riportare i nomi dei protagonisti dei lavori

Uno strano lunedì a L’Aquila. Di tensione, sospetti, caldo e improvvisi scrolloni di pioggia. Apparentemente, a un occhio non attento, non sta accedendo nulla. Non è così. La bomba è arrivata di mattina, lanciata dal quotidiano La Repubblica, che ha pubblicato, un po’ tardivamente a dire il vero, l’allarme su possibili infiltrazioni della criminalità negli appalti della ricostruzione.

Il servizio, “sparato” in prima pagina, riprendeva alla lettera due articoli pubblicati la scorsa settimana da Terra. Quelli relativi ai non troppo chiari rapporti pregressi di una delle ditte impegnate nel piano Case, la Di Marco srl di Carsoli il cui titolare era stato socio in due imprese con alcuni dei personaggi implicati nella vicenda “Alba D’Oro” di Tagliacozzo e nel riciclo del cosiddetto “tesoro Ciancimino”.
Insomma, Di Marco non era entrato nell’inchiesta giudiziaria degli scorsi mesi, ma le sue relazioni imprenditoriali avevano fatto scattare qualche campanello d’allarme. Soprattutto per il tipo di appalti, ovvero quelli relativi alla ricostruzione dopo il terremoto del 6 aprile. La nostra inchiesta aveva già provocato l’interessamento degli organi della polizia giudiziaria e la notizia rilanciata in prima pagina dal quotidiano nazionale ha accesso i riflettori e svegliato dall’assopimento i media nazionali.

Ma non solo. Da un paio di giorni a Bazzano il nome di Di Marco è scomparso dai cartelli che danno le informazioni sui cantieri (quelli obbligatori per legge con riportate ditte, date, direttori dei cantieri ecc.) sostituito da un altro relativo non a tutto l’appalto ma solo alla seconda parte di questi. Secondo la versione ufficiale, questa sostituzione è motivata dal fatto che il cantiere di Bazzano, quello più avanzato del piano Case, non prevede più “il movimento terra”, su cui Di Marco era impegnato.

Altre strane trasformazioni nella cartellonistica, proprio in coincidenza dell’uscita dei servizi giornalistici, continuano però a non convincere. Dove? In un altro cantiere del piano Case, ovviamente. A Cese De Preturo, dove esiste il secondo lotto più avanzato (l’unico, insieme a Bazzano, ben visibile dai Vip del G8 e ovviamente in fase di accelerazione nella realizzazione). Qui un cartello c’era. Ma rimane solo un tabellone con ancora un brandello di carta in cui si intravede il simbolo della Repubblica italiana. Il cartello con l’elenco ditte non c’è più. E anche la vigilanza privata non ne sa nulla. «Quale cartello?», domandano. «Quello obbligatorio per legge», rispondiamo. L’atteggiamento non è, inizialmente, né gentile né collaborativo, ma dopo un breve braccio di ferro e qualche non troppo velata minaccia di chiamare le forze dell’ordine per sapere che fine hanno fatto i suddetti cartelli (obbligatori, ripetiamolo), alla fine due responsabili del cantiere ci raggiungono per darci una notizia sorprendente: «I cartelloni sono arrivati solo oggi. Solo questa mattina la Protezione civile ce li ha consegnati».
Dopo qualche insistenza ce li fanno vedere ma ci impediscono sia di fotografarli sia di annotarci le ditte indicate. «E quelli di prima?», chiediamo. «Non ne sappiamo niente, noi ci occupiamo solo della seconda fase».
Anzi, uno dei due, arriva a ipotizzare che i cartelloni non ci siano mai stati. Ma rimangono quel supporto all’ingresso e quel brandello di cartone plastificato rimasti a testimoniare ben altro e a scatenare quantomeno il sospetto che qualcuno, dopo le notizie stampa di questi giorni, abbia tagliato la testa al toro decidendo di non permettere ad altri curiosi di fare “le pulci” alle imprese mandatarie del piano Case.

Uno strappo e via, tanto siamo in emergenza. Strano lunedì, ieri. Quello in cui il prefetto convoca una conferenza stampa non tanto per smentire le inchieste giornalistiche, quanto per criticarne aspramente i toni. Nessuna smentita, dicevamo: gli accertamenti si stanno facendo e soprattutto non sono solo quelli relativi alla Di Marco assegnatario solo del 6,5 per cento dell’appalto totale.
E poi un attacco alla stampa che fa allarmismo, che è imprecisa, che «con questo tipo di scandalismo può colpire anche aziende sane e tanti posti di lavoro». Vecchio discorso, quello di ieri pomeriggio a L’Aquila.
Già sentito tante, troppe volte, quando si parla di grandi appalti nel nostro Paese.


Così la criminalità allunga le mani sulla ricostruzione

di Pietro Orsatti e Angelo Venti da L’Aquila su Terra - 27 Giugno 2009
ABRUZZO — Viene definita «seria» la situazione relativa alle attenzioni di realtà siciliane, calabresi e campane sugli appalti legati all’emergenza e alla ricostruzione. Perplessità sul contratto stipulato dalla Protezione Civile per i bagni chimici.

Che qualche problema sugli appalti stia emergendo a L’Aquila viene confermato dagli stessi inquirenti. Gli stessi che definiscono «seria» la situazione che riguarda le infiltrazioni della criminalità organizzata. Già sarebbero in movimento aziende facenti capo a famiglie siciliane, calabresi e campane con connessioni (e riferimenti) in ditte con sede nel Nord d’Italia.

«Attenzione però a dare patenti spiega uno degli investigatori -. In alcuni casi si potrebbero avere reati di un certo genere senza che per forza ci sia la presenza delle mafie». Ma i segnali sono tanti, e sono comparsi fin dai primi giorni dopo il sisma del 6 aprile. Uno ha lasciato perplessi, quello legato ai bagni chimici. I servizi impegnati nei vari campi sono 3.500 unità e sarebbero quasi interamente monopolizzati dalla Sebach, un franchising con affiliati in tutta Italia e con sede madre in Toscana.


La Sebach ha un tariffario di circa 140 euro al giorno per bagno con un unica pulizia settimanale in condizioni normali. Il contratto con la Protezione civile prevede invece ben quattro pulizie al giorno. Un affare di dimensioni notevoli, quindi. Sebach fornisce i materiali, altre aziende in appalto gestiscono pulizie, smaltimento, manutenzione, provenienti da Lazio, Toscana, Calabria e Campania.

Altre aziende, locali, come la Brill Marsica, sono invece state escluse dall’appalto a favore di alcune ditte campane, come la Vesuviana. E anche un altro precedente contratto della Regione Abruzzo sarebbe stato annullato. Vi sono state, fin dai primi giorni dopo il sisma, segnalazioni di attività “particolari”, come il sabotaggio di mezzi e autopompe (in particolare di aziende provenienti dalla Toscana) e di emissioni di fatture e bolle di carico e scarico irregolari e smaltimento illegale.

Da qui, a quanto pare, è stata aperta un’inchiesta giudiziaria. Se dubbi, quindi, si aprono sulla gestione dell’emergenza, si apre il nuovo fronte della ricostruzione. Tornano di attualità le ombre del caso “Alba d’oro” e del reinvestimento a Tagliacozzo di una parte del cosiddetto “Tesoro di Vito Ciancimino”. Una storia emblematica di come il gruppo LapisCiancimino sia entrato in contatto con i primi imprenditori e amministratori abruzzesi, una base di partenza per tessere pazientemente una fitta rete.

Nel 2000 la palermitana Gas spa si aggiudicò un appalto per la rete metanifera di Tagliacozzo e Sante Marie. Nel 2002 viene poi costituita l’Alba d’oro srl che realizzerà succesivamente a Tagliacozzo una struttura ricettiva, con Gianni Lapis amministratore e soci Nino Zangari, Augusto e Achille Ricci e la Sirco spa del tributarista condannato con Massimo Ciancimino e oggi dichiarante a Palermo e Roma. Il 22 settembre 2006 dieci imprenditori danno vita a due nuove società: Ecologica Abruzzi srl e Marsica plastica srl.

Tra di essi troviamo Italiano Giuseppe (il cui nome compare nei pizzini di Provenzano), Roberto Mangano (avvocato di Ciancimino), Ermelinda di Stefano (moglie di Lapis) e poi alcuni imprenditori del luogo: Nino Zangari e Augusto e Achille Ricci, arrestati a Tagliacozzo nel marzo scorso con l’accusa di aver reinvestito il tesoro di don Vito. Compare anche il nome di Dante di Marco, un imprenditore marsicano attivo nel settore inerti e calcestruzzi: una sua società, la “Impresa di Marco srl” ha acquisito un subappalto del Piano case.

Dante di Marco, comunque, non risulta investito da nessuna delle inchieste in corso a Tagliacozzo. Figura anche all’interno di altre società molto attive in territorio marsicano: ad esempio nella Rivalutazione Trara srl (rifiuti e produzione di energia), società che ha acquistato all’asta fallimentare l’area dell’ex zuccherificio di Avezzano.

Nella composizione di quest’ultima società si intuirebbe la commistione tra affari e politica, tra i soci figura, infatti, anche Ermanno Piccone (padre dell’onorevole Filippo) e una società riconducibile a un altro parlamentare del Pdl, Sabatino Aracu, coinvolto in altre delicate inchieste a Pescara. E poi, sempre in questo quadro, si inserisce anche Venceslao Di Persio con la Iniziative commerciali del Mediterraneo srl, che a Celano vuole realizzare un grande centro commerciale, promosso da società palermitane.

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