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di Pietro Orsatti su Terra

Parla Stefania Pezzopane, presidente della Provincia de L’Aquila, dopo le prime manifestazioni contro il ddl del governo approvato al Senato sulla ricostruzione. Ieri pomeriggio altra  manifestazione delle popolazioni locali alla villa comunale de L’Aquila.
    

Per la seconda volta in pochi giorni superati i blocchi della “zona rossa” del centro storico della città abruzzese. Anche questa volta alla testa della manifestazione la presidente della Provincia, Stefania Pezzopane.

Presidente, abbiamo fatto al sindaco la stessa domanda pochi giorni fa. La soddisfa il decreto Abruzzo approvato dal Senato?

No. Dal decreto rimangono fuori troppe cose. Avevamo stilato con tutti i sindaci coinvolti, di ogni colore politico, sette punti. Purtroppo al ne hanno presi in considerazione solo due.

Quello del mancato ascolto delle amministrazioni locali è stato un problema fin dai primi giorni.
Si è creato un precedente con questo decreto. La battaglia sul risarcimento al 100 per cento, che non ho mollato mai nonostante tutti mi dicessero che era una richiesta velleitaria e provocatoria, è una battaglia di giustizia. La prima volta che Berlusconi ha dichiarato qualcosa in relazione ai risarcimenti sulle case ha parlato del 33 per cento. Poi la vicenda dell’inserimento nel decreto dei 150mila euro come tetto e solo dopo al Senato il parziale riconoscimento al 100  per cento per le sole case di residenza. E qui sta il problema grave. L’ho spiegato direttamente a Berlusconi, L’Aquila non è un territorio di grandi proprietari, ma di piccoli proprietari. In un territorio in cui l’economia si fonda sulle seconde case questa soluzione del rimborso solo per i residenti è disastrosa. Si farà una ricostruzione a macchia di leopardo. Abbandonando di fatto il centro storico. Anzi tutti i centri storici, compresi quelli dei borghi dove noi abbiamo investito per anni per favorirne, anche attraverso la ristrutturazione di case di non residenti, il rilancio e la valorizzazione di un turismo di qualità.

Sta emergendo la protesta. Era prevedibile?
Credo che siamo stati tutti responsabili, perché l’emergenza è stata gravissima. Però oggi passa il tempo e le risposte vanno date. L’Aquila è una città dove l’inverno arriva rapidamente. A parte che ha nevicato sul Gran Sasso pochi giorni fa, dopo alcuni giorni di caldo terribile. Le temperature sono scese drasticamente a 4 e 7 gradi. E poi la pioggia. Trovo che molte cose sono state azzardate. L’azzardo di un decreto in cui si parla di tutto mischiando emergenza e ricostruzione. La scelta delle casette per L’Aquila, operazione che di fatto - anche dalle ultime dichiarazioni del presidente del Consiglio - sarà attuata entro novembre dimenticando che a novembre qui è pieno inverno. Un mese resisti, due pure, ma alla fine la situazione esplode inevitabilmente. Ho visto, sabato scorso, le persone più tranquille e posate, che mai prima avrebbero fatto esplodere la propria rabbia, urlare davanti ai blocchi del centro storico che volevano entrare nella propria città, che volevano risposte. E la risposta non può essere aumentare le forze dell’ordine su un territorio evidentemente militarizzato.

Anche questo è dovuto a una mancata valutazione da parte del governo e della Protezione civile?
Hanno fatto un’ordinanza per togliere caffè e bevande alla caffeina nei campi. Ma che risposta è? Pensano che basti togliere il caffè a chi protesta per calmare gli animi? Qui ci sono coppie, famiglie, senza intimità, senza vita in comune da mesi e che hanno davanti solo incertezza. E che fai? Togli il caffè? è questa la risposta?


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