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di Stefano Baudino
Il piccolo paese di Corleone, situato nell'entroterra siculo a poco più di 50 chilometri da Palermo, dal 1944 si trovava sotto il controllo del medico mafioso Michele Navarra, succeduto al capomafia Calogero Lo Bue dopo aver sbaragliato la concorrenza di Vincenzo Collura, inviato dai boss americani per insediarsi come nuovo capo della cosca del suo paese d'origine.
Uno dei principali luogotenenti di Navarra era Luciano Liggio, detto Lucianeddu, il quale all'età di vent'anni si era già macchiato dell'omicidio di Calogero Comaianni, la guardia campestre che qualche tempo prima aveva provveduto al suo arresto mentre era intento a razziare il grano rimasto in un campo dopo la mietitura.
Nel corso del primo dopoguerra la Sicilia costituiva il palcoscenico dello scontro frontale tra i potenti latifondisti, che godevano del beneplacito della mafia locale, e tutte quelle cooperative di agricoltori che cercavano di prendere possesso dei terreni non coltivati. Il sindacalista e noto membro del partito socialista Placido Rizzotto, che durante la seconda guerra mondiale aveva militato come partigiano nella Brigata Garibaldi, dopo essere tornato a Corleone capeggiò il movimento contadino, organizzando numerose occupazioni delle terre e battendosi per l'applicazione dei “Decreti Gullo”, che prevedevano l'obbligo di cedere in affitto alle cooperative dei contadini le terre incolte o malcoltivate dai proprietari, attirando verso di sé l'astio di Navarra e dei latifondisti che lo appoggiavano. Addirittura, durante una rissa nel pieno centro di Corleone, Placido Rizzotto arrivò a umiliare pubblicamente Luciano Liggio aggredendolo fisicamente e appendendolo all'inferriata della Villa Comunale. Un'offesa troppo pesante, plateale e scenografica per non essere foriera di spiacevoli conseguenze.

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Placido Rizzotto


La reazione del tirapiedi di Navarra non tardò ad arrivare e, nel racconto del tragico scontro finale tra Liggio e Rizzotto, ha spazio anche una “storia nella storia” altrettanto lugubre. L'11 Marzo 1948 un pastore di tredici anni di nome Giuseppe Letizia, colpito da una forte febbre, fu ricoverato da Michele Navarra, il quale era divenuto direttore dell'ospedale di Corleone dopo l'uccisione del suo predecessore Carmelo Nicolosi nel 1946; a lui il ragazzino raccontò che la sera prima, ai piedi della Rocca Busambra (un rilievo montuoso appartenente ai Monti Sicani che sorge nel territorio di Corleone, sopra il bosco della Ficuzza), era stato testimone oculare dell’uccisione di un contadino non meglio identificato. L’uomo del racconto del giovane era Placido Rizzotto, il quale era stato freddato da Luciano Liggio con alcuni colpi di pistola e il cui cadavere era stato abbandonato dentro un burrone. La vita del ragazzino, affidata alla professionalità del dottor Navarra, si spense misteriosamente dopo un'iniezione.
Le indagini sull'omicidio di Placido Rizzotto furono affidate all'allora capitano dei Carabinieri Carlo Alberto dalla Chiesa. Ad essere arrestato fu Vincenzo Collura, il quale ammise di aver preso parte al rapimento di Rizzotto in concorso con Luciano Liggio e la cui testimonianza rese possibile agli inquirenti rinvenire alcune tracce del sindacalista ucciso dalla mafia corleonese.

A Corleone si era ufficialmente aperta una stagione di morte che, nel lungo periodo, avrebbe avuto un'influenza determinante sulla storia e sulle strutture di Cosa Nostra palermitana. La furia omicida e l'intelligenza criminale dell'astro nascente Luciano Liggio, che poteva contare sull'amicizia e sull'impegno delinquenziale dei giovani corleonesi Salvatore Riina e Bernardo Provenzano, non avrebbe tollerato nessun ostacolo rispetto all'obiettivo della “modernizzazione” delle attività illegali corleonesi e della creazione, negli anni a venire, di un “ponte” affaristico con la più ricca e moderna mafia della città di Palermo. Michele Navarra, che aveva probabilmente sottovalutato la potenziale pericolosità delle ambizioni del suo scagnozzo, sarebbe stato il primo a farne le spese.

In foto di copertina: Luciano Liggio in uno scatto di Letizia Battaglia

Rubrica Mafia in pillole

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