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boschi maria elenadi Antonio Ingroia
C’è una responsabilità diffusa, grave, nella crisi irreversibile delle quattro piccole banche locali poi salvate con il decreto del 22 novembre (Banca Marche, Banca Etruria, CariChieti e Cassa Ferrara) e nel modo in cui questa crisi è stata indegnamente scaricata su migliaia di piccoli risparmiatori che hanno perso tutto per colpe nella maggior parte dei casi non loro. E c’è una fuga generale dalla responsabilità, altrettanto grave, che rende l’intera vicenda ancora più vergognosa, ancora più inaccettabile.
Perché come troppo spesso accade, soprattutto in Italia, immediatamente è iniziato lo saricabarile per cui nessuno ammette di aver sbagliato, nessuno è pronto farsi carico dei propri errori: non i vertici delle banche, non il governo, non le autorità che sulle banche avrebbero dovuto vigilare e che invece non l’hanno fatto o l’hanno fatto male, e cioè la Consob e la Banca d’Italia, ciascuna per le proprie funzioni.
Il tutto, va aggiunto, si è consumato con l’immancabile quota di conflitto d’interessi, nello specifico quello del ministro Boschi. Tema ricorrente e mai affrontato dalla politica italiana, che, dimostrano anche i fatti di oggi, non era chiaramente una priorità dovuta solo a Berlusconi ma era, ed è tuttora, una priorità per il semplice fatto che non può assolutamente essere eluso in un sistema che pretenda di definirsi democratico, civile, sano, trasparente.
E’ chiaro che la prima responsabilità di quanto accaduto è di chi ha malissimo gestito le banche in questi anni, con governance disastrose, nel segno di clamorosi errori di valutazione, di palesi favoritismi, di investimenti avventati, di colpevoli negligenze se non di vero e proprio dolo. E quando il dissesto è diventato palese, i vertici degli istituti hanno pensato bene di scaricarne il costo sui normali clienti, approfittando della loro fiducia, allettandoli con rendimenti elevati per rifilargli prodotti ad alto rischio, quali azioni ed obbligazioni subordinate, spacciati invece per investimenti sicuri, sfruttando tanto la mancanza di trasparenza che c’è su costi e rischi legati al collocamento del risparmio quanto la scarsa consapevolezza e conoscenza finanziaria di chi investiva, per lo più pensionati e piccoli risparmiatori. Dire che questi avrebbero dovuto essere attenti è assurdo: il piccolo risparmiatore si affida al consulente della sua banca proprio perché non è in grado di valutare adeguatamente i rischi. Si aggiunga poi che i lunghissimi prospetti informativi che accompagnano gli investimenti sono per lo più incomprensibili, pagine e pagine scritte in caratteri minuscoli e in un linguaggio fuori dalla portata dei più. Dovrebbe essere comunicazione, di fatto non lo è. Chi si è fidato si è sentito giustamente tradito, ingannato, umiliato. Come Luigino D’Angelo, il pensionato suicidatosi a Civitavecchia dopo aver perso tutto.

Una cosa è allora certa: risparmiatori e consumatori vanno rimborsati, tutti, e non con le briciole promesse dal governo, cioè con risarcimenti che non dovrebbero andare oltre il 30% delle perdite. Mi metto perciò pubblicamente a disposizione delle associazioni dei consumatori per rappresentare in sede penale e civile gli interessi dei piccoli risparmiatori contro l’ingiustizia del sistema bancario.
Responsabili sono ovviamente Bankitalia e Consob, che si dividono i compiti di vigilanza. La prima si occupa di tutelare il pubblico risparmio ed è perciò chiamata a vigilare sulla trasparenza e sulla correttezza nei rapporti tra operatori finanziari e clienti, dunque sulla negoziazione e sul collocamento dei titoli; la seconda vigila sulla gestione sana e prudente degli intermediari, sulla stabilità complessiva, sull’efficienza e sulla competitività del sistema finanziario, sulla trasparenza e correttezza delle operazioni e dei servizi di banche e gruppi bancari. E’ chiaro che entrambe sono venute meno ai rispettivi ruoli, non controllando quanto avrebbero dovuto. Ben vengano, allora, le inchieste della magistratura: aiuteranno ad accertare le responsabilità di chi ha sbagliato. E chi ha sbagliato è giusto che paghi, in sede civile e penale.
Responsabile è anche il governo, che ha sì ereditato una situazione disastrosa, frutto di scempi commessi ben prima del suo insediamento, ma che sembra essersene accorto solo ora, tra errori di sottovalutazione e subalternità ai poteri forti. Dice Renzi che “la riforma del sistema del credito è urgente”: non lo era anche in precedenza? Non è forse vero che prima di quest’ultimo crack ci sono stati altri casi, anche più gravi, che hanno bruciato milioni di euro di risparmio? La lista è lunga, basti pensare a quanto successo al Monte dei Paschi di Siena, e avrebbe dovuto suggerire interventi appropriati. Invece in quasi due anni il governo si è occupato d’altro, dalla manomissione della Costituzione alla controrifoma del lavoro, senza invece interessarsi delle tante distorsioni del sistema bancario, sottovalutando se non addirittura negando il problema come hanno fatto i governi che l’hanno preceduto. E quando si è trovato a dover fronteggiare la crisi ha prima polemizzato contro l’Europa, dicendo che le regole le decide Bruxelles ma dimenticando di dire che quelle regole l’Italia le ha votate. Poi con il ministro Padoan ha addirittura evocato la ridicola soluzione degli aiuti umanitari, come se i risarcimenti fossero una questione di carità e non di diritto. Infine è salito sul carro di quanti chiedono una Commissione d’inchiesta, senz’altro dovuta ma comunque con tempi lunghi e, come insegna la storia, con rischi concreti di insabbiamento.
Su tutto pesa poi il caso Boschi. E’ normale che il padre del ministro delle Riforme, il più importante ministro del governo e il più vicino al premier, sia stato vice presidente di una delle banche salvate? Per me, come sostiene Roberto Saviano, c’è un evidente di conflitto d’interessi e la Boschi dovrebbe dimettersi, così come è stato chiesto ad altri in passato. Detto ciò, trovo estremamente grave che di fronte a un evidente problema politico e ai legittimi dubbi ad esso legati, la Boschi, Renzi e il Pd si sottraggano alle domande, liquidando con disprezzo le richieste di chiarezza, accusando di voler strumentalizzare la morte e parlando di schifo per chi semplicemente pone il problema del rapporto tra politica, potere finanziario e organi di controllo. E’ una questione di verità, un’ovvia esigenza di trasparenza. Forse proprio per questo dà tanto fastidio al governo.

Antonio Ingroia (Ultimaribattuta.it)

Tratto da: azione-civile.net

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