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legalita falcone borsellinodi Antonio Ingroia
La legalità è stata  sempre intesa nell’immaginario collettivo come un valore di destra, spesso associato all’ordine e alla disciplina, contro l’anarchia e, in alcuni casi, atti di disobbedienza civile della parte più estrema della sinistra. Da qualche però tempo anche a sinistra la cultura della legalità è stata riscoperta grazie soprattutto al lavoro di alcuni magistrati. Penso a Mani Pulite a Milano sul terreno della politica e al lavoro dei vari pool antimafia nel sud, dalla Campania alla Calabria alla mia Sicilia su quello della lotta alla criminalità organizzata. Forse oggi le parti si sono addirittura invertite.

Dopo oltre 20 anni di berlusconismo la legalità, intesa proprio come insieme di valori, di etica del rispetto della legge, è stata culturalmente accantonata e si fa sempre più fatica a vederne le tracce nella società. Del resto se la nostra classe politica gode di impunità e privilegi intollerabili, soprattutto in un periodo di crisi economica, l’esempio da seguire è poco edificante e resta davvero difficile conservare integrità morale, civile e sociale.

A questo va aggiunto l’ulteriore salto di qualità dello Stato. Alcune sue articolazioni sono colluse con la criminalità e questo limita l’esercizio di molte funzioni democratiche, soprattutto economiche e sociali, inquinate nel nostro Paese a ogni latitudine e in ogni articolazione.

Criminalità organizzata e Stato sono legate, nelle loro interlocuzioni più alte, da un legame che si esplicita attraverso un sistema di corruzione che via via scivola verso il basso coinvolgendo così anche comuni cittadini. Il piccolo favore, in cambio della piccola mazzetta, non è altro che il figlio del grande appalto truccato e assurge così a sistema sociale cancellando di fatto i diritti, sostituiti dai privilegi. Ecco perché democrazia e legalità vanno insieme. Non può esistere vera legalità in un paese non democratico, ma neppure possiamo parlare di vera democrazia in assenza di una vera cultura della legalità e della responsabilità. Nel senso che ciascuno sia responsabile dei propri atti. Il nostro Paese, invece, è sempre più una democrazia dimezzata perché nella nostra classe dirigente ed in ampi settori della società sono assenti del tutto la cultura della legalità e della responsabilità e prevale la cultura dell’illegalità e dell’impunità. Questa è la vera eredità del ventennio berlusconiano che dobbiamo sradicare.

Appare chiarissimo quindi che, in primo luogo, è necessaria una rivoluzione culturale per riportare sul giusto binario, quello della coscienza civile, l’etica del rispetto dei diritti e, dunque, mafia e corruzione vanno contrastate duramente perché rappresentano, ormai da tempo, il principale cancro da estirpare.

Quando, in altre occasioni, ho definito la corruzione la faccia di una medaglia su cui, nell’altra faccia, c’è la mafia, non l’ho fatto per un paradosso né penso sia una esagerazione.

La mafia, ormai, non è più soltanto quella con la lupara e la coppola. Ha diversificato i propri interessi e si è ramificata nelle varie articolazioni della società, dalle istituzioni all’economia. L’esempio più recente che viene in mente è quello di mafia capitale, lo scandalo emerso nei mesi scorsi a Roma.

Per questi motivi è necessario combattere la corruzione così come da qualche decennio si combatte la mafia, colpendola in quello a cui tiene di più, i beni materiali. Pio La Torre fu il padre della legge sul sequestro dei beni di mafia e per questo motivo fu barbaramente ucciso.

Oggi, con Franco La Torre, il figlio di Pio, abbiamo scritto una norma per estendere il sequestro preventivo dei beni dei mafiosi anche ai corrotti. Se è vero che l’aggressione ai patrimoni dei mafiosi è stato il principale strumento di lotta alla mafia perché non estenderlo?

Non è solo una questione di legalità. È una questione di democrazia. Innanzi tutto perché la corruzione è diventata la principale interfaccia tra la mafia e le amministrazioni pubbliche, ma soprattutto perché la corruzione cancella i diritti. Se  ho i requisiti, ad esempio, per accedere a un alloggio pubblico e attraverso la corruzione di un funzionario quell’alloggio viene dato a chi ha meno titoli di me, il mio diritto è stato cancellato. Questo avviene a tutti i livelli e ormai, purtroppo, in quasi tutti i campi, come dimostrato, proprio recentemente, dal giro di mazzette che hanno colpito la Regione Lombardia e l’esempio, emblematico, di Mafia Capitale.

Il dibattito su una legge anticorruzione lo lanciammo già nel 2013, durante la campagna elettorale, ma fummo ignorati quando non addirittura denigrati. Oggi sono molte le voci che, lontani da appuntamenti con le urne, si alzano a favore della nostra proposta, e c’è chi già sta portando il nostro progetto nelle aule parlamentari. Per questo io, Franco e il movimento che ho fondato, Azione Civile, l’abbiamo messo a disposizione di ogni parlamentare disponibile a presentarla. Noi, non avendo rappresentanza in Parlamento, la sosterremo con una petizione e, se necessario, raccogliendo le firme per una proposta di legge di iniziativa popolare. Occorre una mobilitazione popolare delle coscienze, uno scatto di orgoglio per ribaltare l’enorme danno culturale imposto da Berlusconi nei suoi venti anni di governo e di manipolazione delle coscienze. Occorre che la lotta a mafia e corruzione venga riconosciuto come il principale, o almeno uno dei principali, problemi di questo Paese.

Permettetemi, infine, un’ulteriore ultimo approfondimento. La lotta alla corruzione, se fatta in maniera efficace (e, ribadisco, l’unico sistema per combattere con efficacia corruzione e mafia è aggredire i patrimoni) non riguarda solo legalità e democrazia ma anche l’economia. La corruzione costa alle casse dello stato una cifra intollerabile (secondo alcuni, tra i 60 e gli 80 miliardi di euro l’anno; secondo altri, più di 100 miliardi l’anno). Recuperarne anche solo la metà significa far entrare nelle casse pubbliche tra i 30 e i 40 miliardi l’anno in maniera permanente. Immaginate voi quel che si può fare con 40 miliardi l’anno in termini, ad esempio, di riduzione del pericolo idrogeologico e dei disastri ambientali (tornati, come ogni autunno, alla ribalta delle cronache ancora una volta) e per la messa in sicurezza delle scuole. Pensate a quanto potrebbero essere ridotte le tasse, ad esempio, sul lavoro, pensate a quante operazioni di carattere sociale, sull’esempio di Libera di don Ciotti, si potrebbero compiere con gli immobili sequestrati e quanto lavoro si potrebbe generare.

Ecco cosa voglio dire, anche in termini concreti, quando dico che la questione legalità è questione di democrazia, perché una vera lotta contro corruzione e mafia può significare anche risanamento dell’economia, lotta contro la disoccupazione, costruzione di un’Italia più giusta e meno diseguale.

(Articolo pubblicato sulla rivista online “Risorgimento Socialista”)

Tratto da: azione-civile.net

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