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antonio-ingroia-alberto-lucarellidi Alberto Lucarelli - 14 luglio 2013
Il professor Alberto Lucarelli, ordinario di diritto pubblico all’università Federico II di Napoli e presidente del comitato nazionale “Viva la Costituzione”, di cui Azione Civile è tra i promotori, ci ha inviato un prezioso contributo sulle criticità della riforma costituzionale in atto e, soprattutto, sui punti che in essa andrebbero modificati o attuati. Molti sono i riferimenti ad articoli della Costituzione. Per comodità potete ricercarli facilmente a questo link.

Maurizio Sansone – responsabile Comunicazione Azione Civile

Mi soffermerò velocemente su tre punti potrei affrontarne tanti altri: parlo ovviamente di attacchi alla Costituzione (presidenzialismo di fatto, violazione dell’art. 138 Cost, conflitto di interessi, sistema elettorale, violazione dei diritti dei lavoratori ed emarginazione di tutti i soggetti deboli donne, migranti, giovani, studenti, anziani) ma mi soffermerò su:

1. Sovranità statuale vs. sovranità popolare (artt. 1, 49, 50, 71 II comma 75). Parlo ovviamente dell’odioso monopolio della rappresentanza a danno delle altre forme di democrazia. Mi riferisco ovviamente alla democrazia partecipativa, alla democrazia diretta, alla democrazia locale, alla democrazia di prossimità.
2. Funzione sociale della proprietà; ruolo e funzioni della proprietà pubblica e quindi sul tema delle privatizzazioni, della nozione giuridica di beni comuni e loro relativa gestione (artt. 42 e 43 Cost.)
3. Pareggio di bilancio. Dimostrare come con la rapidissima e silenziosa approvazione della legge costituzionale di modifica dell’art. 81 C. – mi riferisco ovviamente all’introduzione in Costituzione del pareggio di bilancio – la rappresentanza politica abbia mostrato la sua lontananza dai rappresentati.

1. La nostra Costituzione pur essendo incentrata principalmente sulla democrazia della rappresentanza lascia ampi margini attuativi ad altre dimensioni della democrazia che tuttavia negli anni sono state progressivamente frustrate e ridimensionate.
Mi riferisco alla democrazia partecipativa, diretta e locale.

Il concetto di sovranità popolare oltre a non essere stato assorbito dai nostri costituenti, nel monopolio della rappresentanza – mi riferisco in particolare agli artt. 1 e 2 Cost., si basa su un protagonismo delle comunità che non possono e non devono, secondo il superato (strumentalizzato) concetto di società civile, trovare spazio e soddisfazione soltanto all’interno dei partiti (proiezione appunto di una visione chiusa e corporativistica della società civile).

E qui, lasciatemi dire, da troppo tempo, è necessario riempire di contenuti la nozione “metodo democratico” di cui all’art. 49 – per arrestare le degenerazioni interne ed esterne del sistema partitocratico – ed è necessaria una riforma del sistema elettorale in senso proporzionale, così come vuole- implicitamente- la nostra Costituzione, al di là della strumentale dicotomia tra democrazia governante e democrazia di indirizzo.

Non immagino una contrapposizione tra democrazia della rappresentanza e democrazia della partecipazione ma la rappresentanza si può soltanto migliorare, dal punto di vista qualitativo, se lascerà spazio alla partecipazione.

Alcune proposte immediate:
a. Riforma della legge del 1970 attuativa dell’art. 75 Cost. che abbassi i quorum di validità (50% più uno degli aventi diritto) ed elimini troppi limiti contenutistici posti dalla giurisprudenza della Corte costituzionale.
b. Modifica dei regolamenti parlamentari. Dare piena effettività all’art. 71 comma 2 Cost., precedendo un percorso privilegiato per le proposte popolari nell’iter legislativo;
c. Dare effettività all’istituto della petizione nell’iter legislativo, anche attraverso la modifica dei regolamenti parlamentari;
d. Implementare gli istituti referendari a livello di democrazia locale: penso a referendum approvativi, abrogativi e non soltanto consultivi e propositivi.
e. Vigilare che la Convenzione di Aarhus in materia ambientale e di gestione del territorio sia rispettata in tutte le sue forme da parte dello Stato, regione ed enti locali, annullando tutte le procedure difformi. Informazione-trasparenza, partecipazione ed accesso alla giustizia devono costituire, tra l’altro i principi ispiratori di tutte le politiche pubbliche e dell’azione amministrativa.

2. Dopo i processi di privatizzazione selvaggia e forzati, si è posta sempre con maggior forza la necessità di introdurre nell’ordinamento giuridico la nozione di bene comune, anche in attuazione degli artt. 42 Cost e 43 Cost.

Beni estranei alle logiche del mercato e del profitto. Beni inalienabili, inusucapibili ed inespropiabili – si pensi al patrimonio naturale e culturale ma non solo, anche alle infrastrutture ed a tutto il sistema delle reti

Beni prevalentemente pubblici – ma non solo- per i quali piuttosto che il rapporto tra dominus e bene, prevale il rapporto tra bene e fasce di utilità, tra bene e diritto di accesso e godimento.

Beni di appartenenza collettiva, per i quali il dominus pubblico viene limitato del suo potere di disponibilità in quanto ne deve garantire soltanto l’accessibilità e la fruizione, attraverso la costruzione di un governo pubblico partecipato; nel pieno rispetto ed attuazione dell’art. 43 Cost che appunto parla di gestione di servizi pubblici essenziali affidati per l’appunto a comunità di lavoratori e di utenti.

In questo senso occorre uscire dalla logica individualistica, escludente ed egoistica della proprietà. Lo si sta facendo, e non solo, con la Costituente dei beni comuni.
3. Terzo punto e chiudo, anche se bisognerebbe parlare di Europa ma lo faremo in altre occasioni, il pareggio di bilancio in Costituzione.

Costituzionalizzare il pareggio di bilancio ha significato limitare le decisioni di spesa del Parlamento e del governo, ma anche delle autonomie locali, soprattutto dei Comuni.
Un vero e proprio attacco allo Stato sociale. Con tagli di circa 50 mld annui per 20 anni.

I diritti sociali e i diritti civili dei cittadini non potranno essere garantiti: il funzionamento della scuola, degli ospedali, della giustizia, della sicurezza sono subordinati al vincolo del pareggio.

Nella nostra Costituzione, prima della modifica dell`art. 81 C. il fine ultimo dell’ordinamento giuridico era lo Stato sociale in cui all’uguaglianza formale si affiancava quella sostanziale.

Tale principio è stato il vero elemento caratterizzante la democrazia del nostro Paese nel dopoguerra, principio da considerare tra quelli supremi che la Corte costituzionale ha sottratto alla stessa funzione di revisione costituzionale nonché alla prevalenza del diritto comunitario sull`ordinamento interno.

Se si modifica tale principio si modifica il sistema costituzionale: si esercita potere costituente che però è del popolo e non del Parlamento.

Ciò è quanto si è verificato con la modifica costituzionale e prima ancora con la subordinazione delle politiche economiche ai principi comunitari attraverso la legislazione ordinaria.

La proposta è la seguente: da subito presentare in Parlamento un disegno di legge ad iniziativa popolare per la modifica dell’art. 81 Cost.: eliminare il pareggio di bilancio e dire che almeno il 50% della spesa pubblica deve essere riservata a finanziare i diritti sociali.
Reagire alla forte compressione della capacità delle autonomie locali, rese di fatto incapaci a far fronte alle funzioni che la Costituzione assegna loro (art. 118 C.), e che prevede che siano integralmente finanziate con le risorse indicate nello stesso testo dell’art. 119 C.

Ciò, in particolare, ha determinato una violazione del principio autonomistico degli enti locali, di cui all’art. 5 C., ripreso anche dall’art. 114 C.

La legge costituzionale che modifica l’art. 81, accogliendo con le tipiche ambiguità italiane i vincoli comunitari per gli Stati, parallelamente modifica anche l’art. 119 C., ove il comma 1 è così sostituito: «I Comuni, le province, le città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa, nel rispetto dell’equilibrio dei relativi bilanci, e concorrono ad assicurare l’osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea».

In sostanza, si costituzionalizza il patto di stabilità interno, che Napoli di recente ha derogato e la Corte de conti gli ha dato ragione.

Reagire con l’istituto dell’obbedienza civile, ogni qualvolta norme ragioneristiche impediscano il soddisfacimento di diritti fondamentali.
Alberto Lucarelli – Presidente del comitato nazionale “Viva la Costituzione” e docente di diritto pubblico all’università Federico II di Napoli

Tratto da: azionecivile.net
 

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