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ingroia-antonio-web7di Antonio Ingroia - 23 aprile 2013
La mia preoccupazione per la rielezione di Giorgio Napolitano alla presidenza della repubblica non nasce, come qualcuno maliziosamente potrebbe pensare, da questioni di carattere personale. Ci sono motivi molto seri di ordine politico che mi inducono pensare che oggi stiamo peggio di ieri.

Napolitano è convinto, così come sono convinte alcune cancellerie europee, che deve esserci un governo, qualsiasi esso sia, per tranquillizzare i mercati e lo spread. Così si è regolato alla fine del 2011 quando, invece di sciogliere il Parlamento e indire le elezioni anticipate, ha chiamato alla guida dell’Esecutivo un iperliberista come Mario Monti, ha di fatto commissariato (non senza una qualche ragione) i maggiori partiti e grazie al ricorso continuo alla fiducia, ha consentito a Monti che poteva addirittura contare su una maggioranza bulgara, il 92% del Parlamento, una vera e propria macelleria sociale.

Ecco, è qui la differenza di pensiero, è qui la mia preoccupazione. Un governo che ha pensato solo ai bisogni delle banche e che ha massacrato per motivi ideologici e interessi di parte il mondo del lavoro e delle pensioni, non può essere la soluzione ai problemi del Paese. Per questo abbiamo avversato il centro e il centrodestra durante la campagna elettorale. Al netto della pericolosità di Silvio Berlusconi, restano comunque differenze profondissime tra me e il pensiero populista-liberale di quelle forze politiche a cui è stata costretta ad adeguarsi anche la più grande forza riformista presente in Parlamento, il Pd.

Anche nel discorso di insediamento di ieri Napolitano ha rilanciato quella che è una sua – legittima ma per niente condivisibile – posizione, quella di trovare in Parlamento i numeri per formare un governo. Per lui avere il peggiore dei governi è meglio che non averne. Domattina dal Colle, a meno di clamorose sorprese, verrà affidato l’incarico per un governo politico Pd-Pdl-Monti, di medio-lungo periodo, che affronterà senza un briciolo di visione strategica gli enormi problemi del Paese. La presenza del Pdl assicura veti insormontabili su leggi che bisognerebbe varare immediatamente come quelle sulla corruzione o sulla lotta all’evasione fiscale o sul conflitto di interessi. La riforma Fornero sul lavoro, che dovrebbe essere riscritta da capo, non sarà neanche sfiorata da accorgimenti migliorativi. E chissà cosa ne sarà degli esodati.

Le riforme istituzionali? Scordatevele. Non ci sarà nessuna nuova legge elettorale finché Pd e Pdl non saranno certi che il Movimento 5 stelle crollerà nei sondaggi. Forse ci sarà qualche taglio simbolico ai costi della politica, ma le posizioni sull’impianto generale del nostro sistema istituzionale sono troppo distanti per trovare una sintesi seria. Un sistema di veti incrociati impedirà al Parlamento di varare le riforme che servono al Paese e, statene certi, appena Berlusconi fiuterà che il momento è quello giusto, uscirà dalla maggioranza per andare a vincere le elezioni.

Insomma, le larghe intese che stanno per nascere sono una sciagura di cui il Paese pagherà gravissime conseguenze per molti anni. Sono la peggiore delle soluzioni possibili. Forse i mercati saranno contenti, ma le condizioni di lavoratori, famiglie e imprese peggioreranno ulteriormente e l’uscita dalla recessione in cui siamo piombati resterà un miraggio.

Tratto da: rivoluzionecivile.it

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