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giustizia-sociale-webdi Vladimiro Giacché - 20 febbraio 2013
Per fotografare la situazione della giustizia sociale in Italia sono sufficienti poche cifre. Secondo la Banca d’Italia il 50 per cento più povero della popolazione italiana possiede meno del 10% della ricchezza (il 9,4%, per l’esattezza), mentre il 10% più ricco possiede poco meno del 50 per cento della ricchezza (il 45,9%). E negli ultimi anni proprio la situazione di quel 50% più povero è peggiorata ulteriormente. Oggi il 10% delle famiglie vive al di sotto della soglia di povertà, e il potere d’acquisto delle famiglie è inferiore a quello di 20 anni fa.

Ma questo non è un destino: è il frutto di politiche sbagliate. Le politiche di austerity degli ultimi due governi, in particolare, hanno avuto effetti drammatici: 800 mila disoccupati in più, tasso di disoccupazione oltre il 35% tra i giovani, mille imprese al giorno fallite nel solo 2012.

Il motivo è semplice: tutte le manovre di bilancio che sono state fatte hanno ridotto le spese sociali e aumentato le tasse a chi già le paga, oltretutto senza alcun criterio di progressività e anzi aumentando anche le tasse indirette che pesano di più su chi guadagna di meno. Inoltre la “riforma” delle pensioni della ministra Fornero, votata da PD, Centristi e PDL, ha messo letteralmente sul lastrico centinaia di migliaia di persone.

Il risultato è stato un crollo dei consumi e quindi della domanda interna. L’attività economica è caduta e quindi anche la situazione del debito pubblico è diventata ancora più precaria. Da questa situazione si esce solo comprendendo che non si può avere crescita senza equità sociale. Non si può pensare di recuperare competitività riducendo ulteriormente salari e diritti di chi lavora. Va detto con chiarezza che oggi fare questo sarebbe non soltanto socialmente ingiusto ma devastante per la nostra economia.

Dobbiamo rifiutare le politiche di austerity e rinegoziare il Fiscal Compact, che ha messo in ginocchio la nostra economia e gettato l’intera Europa nella recessione. Dobbiamo affrontare il nodo della criminalità organizzata, della corruzione e della grande evasione, che rappresenta un’enorme zavorra, ma anche un enorme bacino di risorse a cui attingere. Occorre però la volontà politica per farlo, che sinora è sempre mancata. Si può fare e noi lo vogliamo fare.

Dobbiamo usare le risorse così recuperate per far pagare meno tasse a chi già le paga, elevare le pensioni più basse e introdurre un reddito minimo per i disoccupati. Dobbiamo introdurre una patrimoniale, perché è giusto che chi più ha più paghi. Dobbiamo far ripartire l’economia, attraverso un grande piano di investimenti pubblici in formazione, ricerca e per la messa in sicurezza del territorio. Dobbiamo riprendere a fare politica industriale e occorre un intervento pubblico nelle crisi aziendali, a partire da quelle che interessano settori strategici della nostra economia.

Dobbiamo sostenere gli investimenti delle imprese anche attraverso una banca pubblica per il credito a medio e lungo termine. Gli incentivi alle imprese vanno razionalizzati, diretti a chi assume e condizionati alla non delocalizzazione di attività produttive. Tutto questo oggi si può fare. Bisogna volerlo fare. Noi lo vogliamo fare.

Vladimiro Giacché
Candidato alla Camera dei Deputati

Tratto da: rivoluzionecivile.it

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