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coni-webdi Antonio Ingroia - 19 febbraio 2013
Oggi cambiano i vertici del Coni, ma cambiando l’ordine dei fattori il risultato non cambia … e l’organizzazione dello sport in Italia resta in mano a pochi che usano soldi pubblici per privatizzare, di fatto, un diritto dei cittadini. In Italia, 35 milioni di persone praticano sport e attività fisica (fonte Istat); 22 milioni sono i sedentari. Il Coni e le federazioni registrano poco più di 4 milioni di tesserati, ma ricevono quasi la totalità delle risorse pubbliche destinate allo sport, oltre 400 milioni di euro annui. E’ inaccettabile, e lo è ancora di più, se si pensa che il Coni gestisce queste risorse attraverso la Coni Servizi Spa, una società privata al cui vertice siedono le stesse persone che dirigono anche l’ente Coni. Serve una rivoluzione anche per lo sport, riconoscendone il ruolo sociale ed educativo. Lo sport va diffuso e garantito a tutti, dagli anziani ai disabili e ai giovani, attraverso una sua piena integrazione con le politiche del welfare. Rivoluzioniamo lo sport in tre semplici mosse:

1. Liquidare la Coni Servizi Spa per riportare patrimonio, personale e servizi nel pubblico. Il Coni deve avere solo competenze in ambito professionistico e olimpico, ridimensionando così il finanziamento pubblico  percepito in base agli ambiti di intervento.

2. Istituire un fondo nazionale per lo Sport sociale da ripartire tra le Regioni e finalizzato a sostenere attività sportive per tutti. Le Regioni insieme a comuni, scuole, enti di promozione sportiva e associazionismo di base, provvederanno ad integrare le politiche sportive con quelle sociali, favorendo l’inserimento di interventi socio-motori nella rete di prestazioni e servizi territoriali.

3. Introdurre l’insegnante di educazione motoria nella scuola dell’infanzia e primaria, come avviene negli altri Paese europei, che deve avere idonea formazione universitaria ed essere in possesso dell’abilitazione per  l’insegnamento. Le attività di educazione motoria, fondamentali per la crescita psicofisica in età evolutiva, devono diventare parte integrante della progettazione educativa dell’alunno in un ambito interdisciplinare.

Antonio Ingroia

Tratto da: rivoluzionecivile.it

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